L’idea l’ha lanciata l’altro ieri Enrico Letta dalle pagine di Repubblica, ma nelle ore scorse ci sono state entusiaste aperture di vari esponenti politici, da Luigi Di Maio a Nicola Zingaretti: dare il voto ai sedicenni, quelli che in tanti hanno affollato le piazze venerdì scorso per lo sciopero globale del clima. L’idea è giusta, anzi sacrosanta. Abbassare la soglia del diritto di voto è un modo diretto e immediato di spingere la classe politica verso posizioni molto più ecologiste e consapevoli del riscaldamento climatico di quanto non sia ora.

Il motivo è semplice: i sedicenni di oggi non avranno le idee chiare su destra e sinistra, né sulla politica in generale, di cui si interessano poco. Ma hanno una visione assolutamente concreta delle cose e delle emergenze a cui bisogna porre rimedio: la prima, appunto, il riscaldamento globale.

Perché a 16 anni hai tutta la vita davanti e se questa vita, come raccontano i giornali on line che questi ragazzi leggono, sarà segnata da scarsità idrica, desertificazione, migrazioni di massa e probabili conflitti per le risorse, è ovvio che spingerai il più possibile per votare partiti con forti programmi ambientalisti. Partiti che al momento in Italia non ci sono ma che potrebbero senz’altro crescere, così come potrebbero diventare più verdi i partiti esistenti, qualora sapessero che c’è una platea di giovani molto più ampia interessata a questi temi.

Nonostante questo sembri del tutto ovvio, è meglio essere scettici di fronte all’entusiasmo generalizzato e al fatto che questa proposta di legge diventerà realtà. Primo, perché i politici non percepiscono ancora in maniera drammatica, così come invece i giovani, l’urgenza della questione climatica. Secondo perché il richiamo ai giovani dei politici è inversamente proporzionale alla conoscenza che ne hanno, così come alla capacità di parlare alle nuove generazioni. Alcuni politici sono vecchi anagraficamente; altri lo sono meno, ma sembrano precocemente invecchiati quando a slogan e anche riforme scelte a cui dare la priorità: basti pensare a un “giovane” Matteo Salvini, che ha scelto di dare le preferenza a una riforma sciagurata e “senile” come quota 100.

In questo senso dare il diritto di voto ai sedicenni – attivo, ma anche “passivo”: nel nostro paese si può essere eletti solo a 25 anni alla Camera e a 40 al Senato, qualcosa di veramente assurdo e ormai fuori tempo – significherebbe non solo rendere automaticamente il paese più spostato verso tematiche ecologiche, il che già di per sé è importantissimo, ma sposterebbe anche l’agenda verso temi più legati alle esigenze di quei giovani tanto invocati quanto ignorati, in uno dei paesi più vecchi e gerontocratici del mondo.

Infine, questa riforma avrebbe anche un altro effetto rispetto alla nostra percezione dei giovani e al modo in cui stiamo crescendo i nostri figli, ovvero considerandoli come inetti, incapaci di fare qualsiasi cosa senza il nostro aiuto fino a tarda età. I ragazzi di oggi hanno un deficit di autonomia, e questo è colpa senz’altro di un’educazione sbagliata: e allora appunto dare loro il diritto di votare significa responsabilizzarli, farli uscire da quella comfort zone passiva in cui si aspettano che tutto sia dovuto.

Anzi, visto che parliamo di cambiare normative legate all’età, bisognerebbe lanciare anche un altro piccolo appello: dare la patente ai sedicenni. Non perché i genitori ansiosi potrebbero comprargli un’antiecologica macchina prima, ma perché sarebbero, di nuovo, responsabilizzati. E potrebbero rappresentare un aiuto concreto a genitori affaticati e schiacciati dalla cura dei figli e dei propri genitori, portando ad esempio il nonno molto anziano a fare una visita o accompagnando un fratello piccolo a fare sport. Sembra poco, invece è tantissimo, credetemi.

Tornando al voto ai sedicenni. Cari politici al governo: dateglielo, e dateglielo subito. Per favore, non ci esponete all’ascolto delle vostre dichiarazioni entusiaste salvo poi affossare l’idea. Lasciate da parte doppi pensieri, calcoli politici – quelli che invece state facendo per l’ottima idea dello ius culturae, che andrebbe promossa perché giusta e non fermata perché “le persone non capirebbero”, come ha detto Alessia Morani del Pd -, date un segno di intelligenza e soprattutto date credito a questi giovani che hanno il diritto di dire la loro.

Sarebbe anche una riforma a costo zero: dunque, davvero non ci sono scuse. La politica cambierebbe volto, e sarebbe di sicuro, e senza retorica, un volto migliore.

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