Saranno sentiti a breve dalla procura di Ravenna – che aveva aperto un’inchiesta – i tre agenti della scorta dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, identificati nell’ambito dell’episodio avvenuto a Milano Marittima il 30 luglio, quando il figlio dell’allora vicepremier fece un breve giro in mare su una moto d’acqua della polizia e, nelle fasi concitate che seguirono, quando un giornalista di Repubblica stava cercando di riprendere la scena.

“Mio figlio sulla moto d’acqua della polizia? Errore mio da papà“, aveva spiegato qualche ora dopo Salvini, di fronte alle polemiche dell’opposizione. Poi aveva aggiunto che “nessuna responsabilità va data ai poliziotti, che anzi ringrazio perché ogni giorno rischiano la vita per il nostro Paese”. Su quanto successo però erano da subito scattate le verifiche della Questura di Ravenna per accertare un eventuale uso improprio della moto d’acqua: nell’ambito di queste verifiche, era stato sentito anche il giornalista autore del video. La polizia ha concluso l’accertamento inviando per competenza gli atti alle questure di Roma e di Livorno alla quale appartengono rispettivamente i tre agenti della scorta e i due poliziotti incaricati della moto d’acqua. La procura di Ravenna aveva aperto un fascicolo a carico di ignoti: due i reati ipotizzabili, violenza privata, tentata o consumata, e peculato d’uso. La posizione dei tre agenti della scorta, identificati dopo che la Procura aveva avanzato una specifica richiesta al Viminale, dovrà essere definita.

Il giorno dopo l’accaduto, era stato lo stesso videomaker a chiedere a Salvini un chiarimento sul comportamento degli agenti che tentarono di impedirgli di riprendere la scena. “Vada riprendere i bambini in spiaggia visto che le piace tanto“, era stata la risposta dell’allora responsabile del Viminale durante la sua conferenza stampa dal Papeete Beach. Lo stesso capo della Polizia, Franco Gabrielli, pur definendo la vicenda “un po’ amplificata”, il 5 agosto scorso aveva chiarito che “c’è solo una cosa che mi interessa e che sto approfondendo: se c’è stata una limitazione al diritto di informazione e cronaca”.

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