Il Comune ha ricevuto un riconoscimento, la Bandiera Lilla, che premia le città più accessibili e inclusive per le persone con disabilità ma in realtà Pomezia non ha neanche realizzato il suo Piano di eliminazione delle barriere architettoniche. Si chiama Peba e non è solo Pomezia a non averlo applicato: è un problema per oltre la metà dei comuni italiani nonostante una legge specifica di trent’anni fa. Nella cittadina in provincia di Roma le associazioni locali che difendono i diritti dei disabili sono ancora moltissimi gli ostacoli presenti sul territorio che impediscono una piena mobilità per tutti, oltre al fatto che l’assegnazione è arrivata prima della mappatura completa e dell’abbattimento effettivo di tutte le barriere. “Siamo venuti a conoscenza dell’assegnazione della Bandiera Lilla da alcune persone che vivono a Pomezia indignate per l’immeritata, a loro e a nostro avviso, attribuzione del titolo. Va specificato che non solo la valutazione è stata compiuta da persona di cui non è evidente il possesso di competenze specifiche ma che l’intera analisi di ‘spiagge, piazze, giardini, chiese, palazzi storici, impianti sportivi, museo e biblioteca’ – come si legge nel comunicato del Comune – è avvenuta in una sola giornata”, denuncia a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Di Bella, consigliere generale dell’associazione Luca Coscioni e che fa parte anche del gruppo Pomezia Senza Barriere.

Il Comune di Pomezia, per ottenere la Bandiera Lilla, ha pagato quasi 10mila euro alla cooperativa omonima che rilascia la certificazione di accessibilità con sede a Savona e che, dal 2012 ad oggi, ha stipulato convenzioni con 22 comuni in tutta Italia per rilasciare tale riconoscimento. “La procedura di adesione (art. 4 della convenzione) è abbastanza semplice – aggiunge Di Bella – il Comune paga alla cooperativa 6.860 euro per acquisire username e password utili per la compilazione di un questionario di autovalutazione, poi invia il questionario e, a questo punto, paga altri 2.294 euro e un rappresentante della cooperativa compie una valutazione dei luoghi e in caso di esito negativo restituirà solo la seconda quota. Chiuso iter e pagamenti la cooperativa consegna al comune bandierine e striscioni lilla pronti per essere esibiti”.

A dimostrazione che le barriere non sono state eliminate ma che, anzi, sono presenti centinaia di foto. Questo lungo lavoro è stato realizzato dall’architetto Paolo Moscogiuri, autore anche del libro “La città fragile”, esperto di mobilità inclusiva per tutti e accessibilità urbana. “L’errore che considero più deleterio, in questa storia, è quello di giudicare un museo, una struttura pubblica o una spiaggia accessibili, senza valutare i percorsi per arrivarci. Le strade di Pomezia non permettono di raggiungere in autonomia nessuno di questi luoghi. Le centinaia di foto che ho fatto lo dimostrano”, spiega a ilfattoquotidiano.it Moscogiuri. Ma come si è arrivati a questo? “Le barriere architettoniche nascono dall’incompetenza di tecnici e amministratori, dal lassismo di chi dovrebbe controllare i lavori dei privati ma anche, e soprattutto, quelli pubblici. Le barriere non sono “polvere” e non possono scomparire all’improvviso sventolando una bandiera ‘Lilla’. Solo una seria analisi del territorio che porti alla redazione di un Peba può iniziare a sanare queste situazioni che, di fatto, costituiscono veri e propri atti discriminatori”, afferma l’esperto.

Il sindaco di Pomezia: “Iniziato lungo percorso”
Sul caso ha risposto il 23 giugno con una video intervista pubblicata sulla pagina Facebook di PomeziaNews.it il primo cittadino della città laziale, Adriano Zuccalà del M5s. Zuccalà ha spiegato che “non abbiamo assolutamente la pretesa di definirci Comune totalmente free dal punto di vista delle barriere architettoniche. Il percorso per riuscire ad abbatterle tutte in virtù di anni in cui si è costruito senza pensare di creare una piena accessibilità e sostenibile da tutti i punti di vista è lungo. Riusciremo ad ottenerlo con il nostro Peba e con tutti i progetti nei prossimi mesi”. Il sindaco aggiunge che l’accordo con la cooperativa Bandiera Lilla è di 2 anni: “Stiamo portando avanti una progettualità insieme anche ad altre associazioni locali. Sfatiamo il mito che la Bandiera Lilla non si paga, c’è un contributo che si offre alla cooperativa per mappare l’accessibilità del territorio. Diventa un’informazione per le persone con disabilità per sapere dove e come si possono recare in determinati Comuni, descrizione con novizia di particolari. Qualsiasi dettaglio si può trovare sul sito di Bandiera Lilla”. Il sindaco precisa che “è sicuramente un valore aggiunto per il turismo, tutte le strutture ricettive hanno accolto con gran favore l’ottenimento della Bandiera Lilla, perché sono consapevoli che si entra in un circuito turistico di diverse milioni di persone, si ha la possibilità di dimostrare le sensibilità da parte loro di fronte alle varie difficoltà che si affrontano nella vita”.

L’attivista Iacopo Melio: “Un controsenso”
“Ricevere un titolo di ‘Bandiera Lilla’, sinonimo di accessibilità, ancor prima di iniziare i lavori di mappatura e quindi di abbattimento delle barriere, è un controsenso vero e proprio”, commenta Iacopo Melio, presidente della onlus #vorreiprendereiltreno da lui fondata nel 2015 e tra i primi a sollevare il caso. “Per di più, pagare quasi 10mila euro per ricevere un titolo che dovrebbe essere garanzia di trasparenza e qualità, può essere considerato anche una vera e propria truffa”, sostiene l’attivista a ilfattoquotidiano.it. Melio sottolinea che avere una sorta di classifica-valutazione dell’accessibilità, un po’ come le stelle per gli hotel, sarebbe utile ovunque, non solo per il turismo. “Allo stato attuale delle cose però – spiega – la ritengo totalmente inutile se consideriamo che la reale accessibilità del luogo ‘lilla’ è spesso assente, o per una scorretta idea di ciò che significa essere davvero accessibile, o perché appunto, talvolta, viene ‘falsata’. Insomma, prima di parlare di accessibilità dovremmo imparare cosa questa sia davvero”.

Di Bella: “Il Peba unico metodo per eliminare barriere”
Secondo Giuseppe Di Bella, il Peba è la condizione necessaria, ma non sufficiente, senza la quale le persone con disabilità non possono esercitare i loro diritti fondamentali quali relazione, inclusione sociale, lavoro, studio, mobilità e, quindi, i diritti inalienabili all’autonomia e alla dignità della persona. “Il passo concreto che il Comune deve realizzare è la redazione del Piano di eliminazione delle barriere. Ed è consigliabile farlo recependo le necessità e i suggerimenti delle associazioni territoriali e affidarla, poi, a tecnici qualificati. Lo chiediamo a tutti i comuni e lo stiamo chiedendo da più di un anno anche a quello di Pomezia”. Ma non basta. Per il membro di Pomezia Senza Barriere ci sono le altre soluzioni per inserire la città in un circuito turistico accessibile, “ma a due condizioni: l’accessibilità deve essere reale e si deve rinunciare alle bandierine”, conclude.

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