Cultura

Adesso tienimi, il romanzo d’esordio di Flavia Piccinni: una denuncia del disagio giovanile e delle contraddizioni di Taranto

Il libro, riproposto nel 2019 da TerraRossa Edizioni, racconta un dolore dovuto alla perdita di un amore, la disperazione di un’adolescente segnata da vuoti e incertezze, il cinismo e l’ipocrisia di una famiglia borghese. Ma anche la bellezza di una città che contrasta con i problemi dell'Ilva, tra inquinamento e morti sul lavoro

di Stefania Massari

Sono nata a Taranto. 500 milioni di debiti e 90,3% della diossina che uccide l’Italia. Vivo in via Cagliari 32/A, in una villetta bianca con il cancello in ferro battuto arrugginito. Fumo due pacchetti di Chesterfield blu al giorno, mangio solo caramelle gommose senza zucchero e popcorn al formaggio. Nel tempo libero guardo la televisione o piango. Ho due amiche, Iolanda e Giulia. Avevo un fidanzato, prima che si ammazzasse“.

Questo è l’incipit di Adesso tienimi, esordio letterario di Flavia Piccinni pubblicato nel 2007 da Fazi Editore e riproposto nel 2019 da TerraRossa Edizioni, in cui si raccontano l’anatomia di un dolore dovuta alla perdita di un amore, la disperazione di un’adolescente segnata da vuoti e incertezze, il cinismo e l’ipocrisia di una famiglia borghese distratta e troppo piena di sé e le contraddizioni di una città, Taranto, ancorata a vecchie tradizioni e tabù. L’adolescente è Martina, studentessa che frequenta il liceo classico. Dopo il suicidio del suo grande amore, Vianello, Martina sprofonderà in un’acuta depressione farcita di ansie e tagli ai polsi. Cercherà di distrarsi, percorrendo in motorino i vicoli della città con gli amici di sempre, berrà birra per stordirsi, si chiuderà da sola nella stanza pervasa dal buio, ma il dolore della perdita diventerà insopportabile e finirà per essere inghiottita in un baratro dal quale non potrà più far ritorno.ù

L’adolescenza, in questo caso, porta dentro sé tormento e disperazione ed ogni sensazione viene vissuta in maniera estrema. Martina vive un amore non consono alla sua età: con il suo professore, che è sposato ed ha figli. Ma fra loro si scatena una sorta di dipendenza affettiva che trasforma il sentimento in un’ossessione. La sessualità ancora acerba di Martina viene violata in maniera feroce e lei acconsente ad ogni suo volere pur di tenerlo stretta a sé. Quando quest’uomo si suiciderà senza una causa apparente, Martina compirà il suo percorso verso l’autodistruzione. Solitudine, amarezza, senso di abbandono, arrendevolezza fiaccheranno le sue giornate oramai prive di entusiasmo e nulla più avrà lo stesso sapore di un tempo. Il destino di Martina, dunque, è già segnato e la sua giovinezza è sfiorita.

Il disagio giovanile che viene descritto all’interno del libro ha un nome, Martina, ma ogni adolescente si può riconoscere in questa storia drammatica. Lo spunto di riflessione che ci viene offerto dall’autrice fa comprendere quanto i giovani d’oggi si sentano soli e privi di speranza. Le famiglie, prese dalla routine e dal bisogno primario di capire prima se stessi, si accorgono ben poco di quello che gli ruota attorno e non notano quanto la crisi che attraversa i propri figli non sia propriamente reversibile, anzi li sta conducendo alla morte. È pur vero però che l’incomunicabilità fra genitori e figli è diventata sempre più estesa e la colpa non è unicamente dei genitori, spesso sono i figli che non si sentono capiti, ma a torto perché credono che il gap generazionale non possa ridurre le distanze.

Il libro, però, è anche una denuncia sociale perché l’autrice Flavia Piccinni ci racconta una Taranto di una bellezza assoluta dalla quale è complicato andarsene e ci descrive quel mare azzurro cielo dove vi si possono specchiare i pensieri, quei vicoli caratteristici e barocchi abitati da gente semplice, quei pescatori al largo che fanno colore e quel folclore che ravviva le tradizioni, ma anche la Taranto dell’Ilva che taglia il cielo con il rosso delle sue polveri e che vede i suoi operai lavorare alacremente fino a consumarsi occhi e polmoni per le ripetute saldature. Fra la gente, infatti, si è esteso un clima di rabbia e dolore, le manifestazioni si accumulano, i tumori causati dalle inalazioni aumentano, l’inquinamento è diventato una minaccia per l’ambiente e i giornalisti, appostati fuori la fabbrica, testimoniano la gravità della situazione divenuta oramai un fatto di cronaca.

Iwind days”, giorni nei quali la velocità del vento supera determinati limiti e prende particolari direzioni, sono divenuti familiari ai tarantini. In occasione di queste giornate, Taranto è invasa dal vento che proviene da Nord – Ovest, disperdendo in alcuni quartieri della città sostanze inquinanti di origine industriale. La dispersione di questo materiale tossico ha causato negli anni problemi di salute ai cittadini, in particolare alle persone che risiedono a ridosso dell’area industriale, motivo per cui si cerca ancora adesso di porre limite a questo urgente problema che causa morti sul lavoro.

Con una struttura narrativa caratterizzata da paragrafi brevi e nessuna interruzione in capitoli, Flavia Piccinni regala ai lettori un romanzo che si porta dietro una carica corrosiva inaspettata e una tensione emotiva notevole nella quale il flusso di coscienza adottato dalla protagonista, che coincide con la voce narrante, diventa lo strumento di riscatto da un dolore che ha bisogno di essere condiviso e, probabilmente, assolto.

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