Le intercettazioni fra Luca Palamara e i parlamentari Cosimo Ferri e Luca Lotti sono state captate in modo casuale e quindi possono essere utilizzate. Anche perché gli investigatori non sapevano che si sarebbero incontrati e quindi in alcun modo avrebbero potuto spegnere il trojan inoculato nello smartphone del magistrato. Di più: i loro colloqui sono stati ascoltati il giorno dopo, quando ormai erano avvenuti. Lo sostiene la Sezione Disciplinare del Csm nell’ordinanza con la quale ha sospeso il pubblico ministero Palamara, indagato per corruzione dalla procura di Perugia, definendo i suoi rapporti un “risiko giudiziario” per “occupare le procure” e i fatti contestati talmente gravi da aver “irrimediabilmente compromesso”, al momento, la sua “credibilità, prestigio e immagine”.

“Sono casuali, nessun dubbio” – Per quanto riguarda l’utilizzabilità delle intercettazioni, osserva il Collegio, quelle “rilevanti per il presente procedimento devono senz’altro essere reputate casuali, non potendosene certamente predicare la natura diretta né, più semplicemente, indiretta”, scrive il presidente della Sezione Disciplinare, Fulvio Gigliotti. E trattandosi di “intercettazioni casuali – si legge nell’ordinanza – nessun dubbio può sorgere intorno alla circostanza che esse siano liberamente utilizzabili, in confronti dei terzi per i quali si procede (Palamara, ndr), a prescindere della mancanza di autorizzazione (anche ex post) della Camera di appartenenza del parlamentare”. Appare, secondo il membri della Sezione Disciplinare, “del tutto evidente” stando ai “criteri sedimentati” sulla utilizzabilità o meno di dialoghi captati nei quali sia coinvolto un parlamentare che nel caso dei colloqui tra i tre ci sia un carattere “casuale e fortuito”.

“Ascoltate solo dopo l’incontro” – Le indagini all’interno delle quali vengono ascoltati Ferri e Lotti, infatti, si legge nell’ordinanza, “non sono in alcun modo fatti riferibili” agli stessi parlamentari. Non esiste, ricorda la Sezione Disciplinare, “alcuna frequenza di contatti” tra Palamara e i due esponenti dem “tale da consentire una prevedibile partecipazione degli stessi alle attività (dell’incolpato) oggetto di monitoraggio”. È agli atti, infatti, “una sola intercettazione con l’onorevole Cosimo Ferri, collocata in un arco temporale che si pone a strettissimo ridosso (alcune ore prima) dell’incontro in oggetto di captazione”. Ma soprattutto, si sottolinea nell’ordinanza, “l’attività di ascolto e trascrizione della predetta intercettazione, nella quale l’incontro veniva programmato, è avvenuto” da parte della polizia giudiziaria “soltanto dopo che l’incontro captato aveva avuto luogo”.

“Ignari di presenza Ferri e Lotti” – Insomma, conclude l’ordinanza, non può essere accolta la richiesta della difesa di Palamara di dichiarare inutilizzabili le intercettazioni con Ferri e Lotti, perché per ascoltare i parlamentari sarebbe stata necessaria l’autorizzazione della Camera, in virtù del fatto che “la direzione dell’atto di indagine non è volta, in concreto, ad accedere alla sfera delle comunicazioni parlamentari, la cui prossima partecipazione all’incontro non era in alcun modo nota agli investigatori”.

Tutte le accuse a Palamara – Nell’ordinanza vengono ricostruite tutte le accuse disciplinari al pubblico ministero romano. A partire dalla violazione dei doveri di correttezza per la presunta “strategia di danneggiamento” del procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo, nonché del collega Domenico Ielo, procuratore aggiunto a Roma. C’è poi il capitolo dei rapporti con l’imprenditore Fabrizio Centofanti, tra soggiorni pagati in hotel di lusso, anelli, cenone di Capodanno. Oltre, ovviamente, alle accuse della procura di Perugia per corruzione legata ai 40mila euro per “agevolare o favorire” Giancarlo Longo nella corsa a procuratore di Gela, ad altre “reiterate utilità” che avrebbe ricevuto da Centofanti per “danneggiare” il pm di Siracusa Marco Bisogni, nonché per le “reiterate e incalzanti sollecitazioni” su Luigi Spina, allora componente del Csm, per conoscere il contenuto delle comunicazioni inviate da Perugia al Csm sull’indagine che lo riguardava. E anche per le sollecitazioni sul pm Stefano Fava, fatte con lo stesso fine.

Viaggi, cene, anelli e settimana bianca – Nell’ordinanza sono riportati tutti i regali di Centofanti indirizzati non solo a Palamara, ma anche “ad alcuni suoi familiari e ad Adele Attisani”. Si parla di 425 euro per il soggiorno del pm e di Attisani all’hotel Fonteverde di San Casciano ai Bagni, di 1.705 euro per quattro giorni di soggiorno della sorella di Palamara all’hotel Campiglio Bellavista di Madonna di Campiglio, una quota di 2.031,90 euro per la settimana bianca, a cavallo tra il 2014 e il 2015, dell’intera famiglia nello stesso albergo, oltre ai 2mila euro per l’anello regalato ad Attisani.

La risposta alla difesa di Palamara – La Sezione Disciplinare ha catalogato le telefonate e i colloqui di Palamara – che la difesa ha definito “libere manifestazioni del pensiero e idee” – come un “risiko giudiziario” con “la prospettazione condivisa di un programmato effetto domino”. Una “libera manifestazione del pensiero” che per il collegio è “implausibile” alla luce del fatto che i colloqui sono stati “non occasionali” e coinvolgevano “non indifferenti interlocutori” come Lotti “soggetto indagato e imputato da una delle procure in gioco”, nonché “il presidente della V commissione del Csm, con il relatore della pratica di una delle procure di interesse, con diversi consiglieri del Csm e tra questi in particolare con i cosiddetti portavoce dei gruppi (per così dire) di maggioranza” all’interno del Consiglio superiore della magistratura. Il riferimento è agli incontri e alle telefonate rispettivamente con Gianluigi Morlini, Antonio Lepre, Luigi Spina e Corrado Cartoni. Le condotte di Palamara quindi, ad avviso della Sezione disciplinare, configurano “un quadro complessivo della condotta inteso a favorire indebitamente – per ragioni legate non alla professionalità dei candidati preferiti (che non è qui in discussione), ma a propri interessi personali – alcuni candidati, con necessario pregiudizio di altri ignari colleghi”.

Il rapporto “pericoloso” con Centofanti – Il Collegio si sofferma anche sui rapporti con Centofanti definendo la frequentazione “pericolosa” e sottolinea che Palamara ne era “certamente consapevole”. Per spiegare il convincimento cita un colloquio tra il pubblico ministero e il consigliere Spina. Riferendo di una conversazione con Fava, “che gli aveva esternato detta pericolosità”, Palamara spiega a Spina: “Dico, Stefano, guarda a me mi sembra strano (…) non ti posso nascondere che ero amico, e lui diceva, ma questo Centofanti è pericoloso, lo devi lasciar perdere, lo devi lasciar perdere”. Per la Sezione Disciplinare, il tempo del verbo (diceva) “esprime il carattere risalente dell’avviso, mentre la giustificazione di Palamara – “ma perché non stavo in ruolo nel 2011, non avevo neanche processi a Roma, per ero nel pieno dell’Anm” – non è affatto una scusante, anzi evidenzia che ancora più, se possibile, egli avrebbe dovuto ispirare la sua condotta ad una maggiore prudenza di frequentazioni”. Non solo, perché si sottolinea nell’ordinanza, che il magistrato “ha dichiarato di aver ‘attenuato molto la frequentazione con Fabrizio Centofanti dopo la perquisizione da lui subita il 6 aprile 2017′, ma – come esattamente rilevato dalla polizia giudiziaria – risultano in atti evidenze investigative che indirizzano, piuttosto, in senso contrario”. E il Collegio avanza anche il sospetto, riportato una telefonata tra Palamara e Attinasi nella quale si fa riferimento a “7 anni di lusso” e a viaggi a Ibiza e Favignana, che tra le “utilità erogate” dall’imprenditore “oltre a quelle documentate ve ne siano ulteriori e non accertate”.

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