Sono molte, e ancora troppe, le persone con disabilità ad essere ancora discriminate perché si trovano ad affrontare uno scalino insuperabile, una larghezza di una porta di un edificio pubblico insufficiente per il passaggio della carrozzina, oltre che una segnaletica inadeguata e ostacoli in ospedali e scuole. A 30 anni dalla legge n.13 del 1989 che stabilisce gli obblighi per procedere all’abbattimento delle barriere architettoniche e a 10 anni dalla ratifica in Italia della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità la situazione è ancora grave. A dirlo sono i referenti delle associazioni, ma pure i membri del governo Lega-M5s. Per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega ai Disabili Vincenzo Zoccano: “C’è tanto da fare e serve mettere ordine nel caos delle norme”. E in particolare: “Il problema è una programmazione disomogenea, penalizzando il Sud dove le persone con disabilità sono doppiamente discriminate”. Secondo Giuseppe Trieste, presidente dell’associazione Fabia Onlus, 30 anni dopo “la questione dell’accessibilità è lontana dall’essere risolta”: “La legge aveva istituito un Fondo speciale per i rimborsi di opere di abbattimento delle barriere in ambito privato, ma quei fondi non sono mai stati erogati”.

Sono infine Giovanni Barin e Massimo Prosperococco, entrambi esponenti dell’associazionismo, a ricordare come “più della metà dei Comuni non ha rispettato i Piani di eliminazione delle barriere architettoniche”, istituiti già con una legge del 1986: “Le aspettative”, ha detto Barin del Cleba, Comitato per l’eliminazione delle barriere fisiche nel lodigiano, “sono state completamente disattese. L’assenza di un censimento non permette di avere dei dati precisi, ma solo indicazioni da chi si occupa di queste problematiche. Ad esempio sappiamo che in Veneto solo il 26%, in Toscana solo il 19% dei comuni lo hanno adottato. In Lazio da un anno esiste un Registro regionale, ma non ci sono i dati. La Lombardia ha effettuato un’indagine le cui risposte dovevano essere inviate entro febbraio 2018 e non sono disponibili risultati. Il risultato, desolante, riflette la colpevole inadempienza dei Comuni italiani nel progettare città accessibili”.

“L’abbattimento delle barriere architettoniche è un nostro obiettivo di governo” – “In Italia c’è moltissimo ancora da fare per eliminare le barriere sia fisiche che mentali a sostegno dei disabili”. A dirlo a ilfatto.it è Vincenzo Zoccano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con deleghe a Famiglia e Disabilità nel governo Conte. “Negli anni passati poco è stato realizzato. Quello che sto facendo è mettere ordine in un sistema caotico di norme, talvolta un po’ obsolete. Certo non tutto è negativo, come ad esempio nella progettazione urbanistica ci sono elementi di eccellenza. Il problema è una programmazione disomogenea su scala nazionale che penalizza spesso il Sud dove le persone con disabilità sono doppiamente discriminate”. Zoccano, non vedente, sottolinea che “abbattendo le barriere per i disabili il beneficio si estende a tutti. Non è un costo ma un investimento”. Com’è possibile che oltre la metà dei comuni italiani non abbiano rispettato, tra le varie cose, i Piani di eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA)? Quali sono gli interventi previsti dal governo? “Abbiamo tanti progetti in elaborazione a partire dalla mobilità urbana accessibile fino alla rigenerazione delle città. Occorrerà agire sul Codice degli appalti pubblici al fine di assicurare gli standard di accessibilità nell’ambito dei capitolati di gara”. Zoccano afferma che “l’abbattimento delle barriere è un nostro obiettivo per il quale già nella prossima legge di Bilancio occorrerà individuare apposite risorse e rendere effettivi i PEBA perché non possiamo pensare di sanzionare questo o quel comune inadempiente per mancanza di fondi e poi nominare un Commissario ad acta per realizzarli. Quello che si potrebbe ipotizzare – aggiunge – è un piano straordinario pluriennale, di cui si faccia promotore il Presidente del Consiglio, magari chiamando a raccolta le migliori competenze del Paese”.

“A 30 anni dalla legge per l’abbattimento delle barriere architettoniche la questione dell’accessibilità è ancora lontana dall’essere risolta” – In occasione del trentennale l’associazione romana Fiaba onlus ha organizzato il convegno “Accessibilità, visitabilità, adattabilità: la Total Quality per la persona con disabilità” che si terrà il 19 giugno, presso la Presidenza del Consiglio. “L’Italia ha un’ampia produzione normativa sul tema delle barriere. Bisogna tener conto che abbiamo un patrimonio artistico-culturale che a volte rende difficile gli interventi di abbattimento. Per esempio, la legge 13/89 è stata sicuramente innovativa e, sebbene sia nata con le migliori intenzioni, non ha prodotto gli effetti sperati” dice al Fatto.it Giuseppe Trieste presidente Fiaba onlus. Secondo Trieste la legislazione “nonostante affronti la progettazione dell’accessibilità con il massimo della specificità, non è sufficiente a rendere un luogo effettivamente fruibile per tutti. Con tale legge si istituiva un Fondo speciale per i rimborsi di opere di abbattimento delle barriere in ambito privato. Il problema principale che si riscontra ancora oggi – evidenzia – è la mancata erogazione dei contributi alle richieste presentate. Inoltre, la legge rimane legata ad una visione della disabilità ormai superata. Da tempo si parla di persona a ridotta mobilità con una visione più globale verso le esigenze di tutti. Un’altra problematica è la grande frammentazione normativa”.

“Non basta concentrarsi sull’eliminazione delle barriere. Occorre anche progettualità, consapevolezza e politiche integrate per città davvero accessibili” – Iginio Rossi è coordinatore dei progetti nazionali “Città accessibili a tutti” con Alessandro Bruni, e “Reti per la mobilità dolce” con Francesco Sbetti. E’ responsabile inoltre dei “Progetti Speciali” di Urbit, società dell’Istituto Nazionale Urbanistica, che organizza Urbanpromo, la manifestazione annuale di riferimento per le trasformazioni urbane, social housing, sostenibilità energetica e smart city. Secondo Rossi “concentrarsi solo sull’eliminazione delle barriere architettoniche è il principale ostacolo al loro abbattimento. Gli interventi da decenni perseguono un approccio settoriale, si è iniziato con l’attenzione alle barriere fisiche che subiscono le persone con disabilità poi è stata sviluppata anche una sensibilità verso quelle sensoriali, percettive e cognitive anche se poche ancora sono le azioni a favore dell’autonomia di sordi, ciechi, autistici. Questa dimensione, che è stata presidiata da associazioni per i diritti umani – aggiunge al Fatto.it Rossi – si è tradotta in un ambito specialistico che ha avuto nella formazione dei PEBA lo strumento di analisi (molta) e di progettazione (poca) quasi mai portata all’interno del sistema della pianificazione urbanistica. Così ciò che dovrebbe essere naturalmente accessibile a tutti, non dispone di politiche integrate per il superamento delle barriere rendendo difficile la fruizione di luoghi, servizi e relazioni”.

“A 10 anni dal sisma dell’Aquila, l’accessibilità delle strutture pubbliche è ancora molto scadente” – Dover assistere alla ricostruzione della sua città dopo il terremoto del 6 aprile 2009 è una realtà che non avrebbe mai voluto affrontare. Tuttavia il fatto di dover ripensare e ridisegnare il contesto urbano deve rappresentare un’opportunità preziosa per rendere L’Aquila una città accessibile per tutti. Ne è convinto Massimo Prosperococco, presidente Coordinamento associazioni persone disabili L’Aquila. “Sono passati 10 anni, la ricostruzione privata è circa all’80 per cento, la pubblica, tranne alcuni virtuosi esempi, è quasi all’anno zero” denuncia Prosperocco al Fatto.it. “Dai primi momenti dopo il sisma l’impegno delle associazioni è stato quello di stimolare e far crescere la cultura dell’accessibilità. La legge Barca, che ha permesso la ricostruzione del quasi totale patrimonio privato, nelle premesse indicava che la ricostruzione doveva essere accessibile, purtroppo negli edifici privati finanziati con soldi pubblici non c’è stato l’obbligo per proprietari dell’abbattimento delle barriere”. Ma la questione principale per il presidente del comitato cittadino riguarda la ricostruzione degli edifici pubblici. “Un anno fa il comune dell’Aquila ha istituito finalmente la figura del Disability Manager, portando una serie di innovazioni e ha consentito la partecipazione delle associazioni dei disabili nelle fasi di avanzamento dei cantieri per una “verifica” dell’accessibilità in collaborazione con tecnici e progettisti”.

“Una società sana è senza barriere” – Oltre che vicepresidente dell’associazione Genitori Tosti e referente del CLEBA, Giovanni Barin ha una figlia con disabilità. Lui è anche architetto, esperto di normative per far rispettare i diritti dei disabili in materia di mobilità e inclusione. “Una società sana è senza barriere. I tanti anni passati senza la sostanziale applicazione delle leggi testimoniano l’assenza di sensibilizzazione del sistema politico-sociale sulla complessità dei bisogni della disabilità”, afferma Barin. “Purtroppo ciò indica la misura di quanto in Italia ci sia ancora da lavorare. Poiché le barriere sono innanzitutto culturali, sensibilizzare ed educare è vitale. In questo prospettiva – aggiunge – con Scuola4ALL Genitori Tosti ha promosso diverse attività che coinvolgono i giovani, ma anche corsi di formazione per professionisti e convegni sui temi delle barriere. I PEBA odierni devono tendere alla progettualità universale, dove le dinamiche inclusive di eliminazione delle barriere sensoriali, comunicative e fisiche si fondono con il design, con la progettazione ambientale, architettonica e urbanistica”.

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