Le domande della famiglia non sono campate per aria ed è necessario discuterne per capire se le indagini sulla morte dell’ex generale dei carabinieri forestali Guido Conti, trovato senza vita il 17 novembre 2017, debbano essere approfondite o meno. Insomma, se ha ragione la procura di Sulmona nel sostenere che si trattò di un suicidio senz’ombra di dubbio, oppure se ci sono ancora dettagli da chiarire. Per questo il gip del tribunale di Sulmona, Marco Billi, ha fissato un’udienza il prossimo 11 luglio, quando il legale della famiglia Alessandro Margiotta sarà chiamato a discutere gli otto punti evidenziati nell’opposizione presentata dopo la richiesta di archiviazione per il reato di istigazione al suicidio avanzata a novembre 2018 dal procuratore Aura Scarsella.

Innanzitutto, com’è possibile che quella sera, attorno alle 21, il corpo venne ritrovato da due colleghi vicino a una strada secondaria che da Sulmona porta a Pacentro in una posizione ritenuta ‘strana’ per chi si suicida con un colpo di pistola calibro 9 alla tempia: riverso in avanti, con il braccio tra il terreno e il torace, l’arma lì sotto. Accanto, a pochi metri, la Smart della figlia a bordo della quale Conti, del quale vennero ritrovate due lettere, si era allontanato in mattinata facendo perdere le proprie tracce. È da qui, secondo la famiglia, che il medico legale dovrebbe ripartire per fugare ogni sospetto sulla morte dell’ex ufficiale, che aveva deciso di passare al privato accettando l’incarico di Total a Tempa Rossa salvo dimettersi due giorni prima del presunto suicidio, poche settimane dopo aver iniziato a lavorare in Basilicata per la multinazionale del petrolio.

Poi, aggiunge il legale della famiglia di Conti, 58 anni, impegnato nelle indagini sulla mega discarica di Bussi, sarebbero necessari anche approfondimenti sulla presenza di una Porsche Cayenne di colore bianco, notata nella zona del ritrovamento del cadavere: quell’auto, sostiene l’avvocato Margiotta, non è una utilitaria ma una vettura “non molto diffusa sul territorio nazionale” e quindi basterebbe chiedere alla casa automobilistica gli elenchi di quelle immatricolate in Italia, con leasing e a noleggio, per capire se tra i proprietari emerga una traccia, qualcosa che avvalori altre ipotesi rispetto a quella del suicidio. E chiedere, eventualmente, perché quel giorno si trovassero in una zona poco trafficata vicino a una strada chiusa da anni in seguito ad una frana.

Non solo. Perché nell’opposizione, non giudicata ininfluente e inammissibile dal gip del Tribunale di Sulmona, si avanzano anche altre richieste, soprattutto di analisi dei tabulati telefonici. C’è una persona che quattro giorni prima del suicidio, tra le 11 e le 12, parlò con Conti, il quale – secondo un teste – aveva un “tono agitato”. Né sono mai stati chiariti “contenuto e tenore” dei contatti tra l’ex generale e un collega della polizia, oltre ai motivi che spinsero un generale dei carabinieri a “cercare reiteratamente” Conti su “ben due utenze telefoniche” il giorno prima e nelle ore precedenti alla morte.

Anche andando indietro di qualche giorno, ci sono altre telefonate e sms da chiarire, sostiene la famiglia. Tutte concentrate tra in due giorni, il 13 e il 16 novembre. Tre le utenze ritenute interessanti, una delle quali in uso a un colonnello e una intestata al Comando Unità Tutela Forestale di Roma. I contatti sono avvenuti in due casi il 13, cioè due giorni prima delle dimissioni dal ruolo aveva assunto solo poche settimane prima in Total, e in un caso il giorno successivo.

Prima di dare per certo il suicidio e di ricondurlo a motivi strettamente personali, la famiglia vuole sapere tutto sui giorni precedenti. E su quel 17 novembre, un venerdì, quando l’ex generale è uscito dalla sua abitazione attorno alle 9.30 assicurando che sarebbe tornato a pranzo. Invece, dopo essersi fermato in una tabaccheria dove aveva acquistato fogli, buste da lettera e un francobollo, è ritornato sull’auto di una delle due figlie e ha preso quella strada che da Sulmona va fino a Pacentro, che all’epoca era chiusa da oltre due anni. Ha fatto qualche tornante, parcheggiato in una piazzola di sosta, poi è sceso e, sostiene la procura, ha impugnato la calibro 9, l’ha rivolta alla tempia e l’ha fatta finita.

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