Iole Murrini in Petrolati. Nome, cognome e poi quello del marito. Tante donne italiane, da Genova alla Sicilia fino a Bruxelles, si sono trovate il cognome del coniuge sulla tessera elettorale. “In 35 anni di matrimonio è la prima volta che mi succede”, così Iole Murrini, ex presidente del Municipio Valpolcevera di Genova, ha denunciato il fatto su Facebook. “Non è una bella sensazione. La donna, anche se sposata non si identifica con il marito. La società si è evoluta. Si torna indietro?”. Sono diversi i casi segnalati, soprattutto dalle italiane che hanno votato all’estero. Una di loro, Michela Palladino, residente a Bruxelles, ha scritto all’ambasciata italiana per chiedere spiegazioni. La risposta è stata: “Nessun cambio di cognome è stato effettuato e lei resta con il suo nome, solo che per queste elezioni il ministero degli Interni ha stampato anche il nome dei coniugi sui certificati elettorali”.

Nessuna delle donne ha mai fatto richiesta di scrivere sul documento quello che una volta si sarebbe chiamato “il cognome da nubile”. La legge che regola il rinnovo della tessera elettorale è quella del 30 aprile 1999 e in particolare il Dpr 299 del 2000, che prevede la possibilità – non l’obbligo – per le donne sposate di far seguire al proprio nome e cognome anche quello del marito. Ma, come ha segnalato Murrini, e così le altre: “A me non è stato chiesto nulla al momento del rinnovo, e quella prevista dovrebbe essere una possibilità non l’obbligo, così l’ho intesa. Credo un input ci sia stato se queste disposizioni fino ad oggi sono rimaste in applicate. Stiamo tornando indietro su tante cose gravi, questa può sembrare una piccola cosa, ma non è un bel segnale”.

Maria Palladio, sorella di Michela, lavora alla Commissione europea. Dopo che ha visto il cognome del marito sulla tessera ha condiviso i suoi dubbi sul gruppo Facebook “Italiani a Bruxelles”. Quasi subito, decine di donne hanno raccontato di avere avuto lo stesso problema. Eppure, la legge del 2000 parla chiaro: “Per le donne coniugate il cognome può essere seguito da quello del marito”. Insomma “può”, non “deve”. Il Viminale, interrogato da diverse agenzie di stampa, non ha fornito spiegazioni. La battaglia, intanto, l’ha vinta Marilena Barbera, in Sicilia. Quando è andata a lamentarsi del cognome da nubile sulla tessera, nel suo Comune le hanno risposto che “nessuna donna oggi si è rifiutata di accettare questa imposizione”. Ma lei ha insistito: “Ho risposto che mi dispiace, ma che non avrei ritirato quella tessera, e che se non fosse stata sostituita avrei denunciato il fatto in quanto mi sarebbe stato impedito l’esercizio del mio diritto di voto”. Alla fine, il Comune ha ceduto e lei ha riavuto il suo documento corretto, col timbro ufficiale. A cancellare quel torto a un diritto fondamentale, è bastato un colpo di bianchetto.

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