Complice forse il clima da “pacifica invasione degli alpini”, venerdì in tarda serata, all’angolo con uno dei principali viali della circonvallazione esterna in zona Sud, a Milano, un gruppetto di amici attacca bottone con un attacchino che con il suo furgone girava ad appendere manifesti elettorali negli spazi consentiti. La consueta rastrelliera metallica comunale pareva desolatamente vuota, con i fondi di lamiera ripuliti alla meno peggio dopo le vecchie competizioni politiche. Facevano eccezione due o tre postazioni, e in una delle prime, in particolare, si notava che erano stati già sovrapposti vari poster.

Il malcapitato lavoratore del week-end, ché s’è dovuto sorbire anche un amichevole interrogatorio, è andato diretto proprio davanti a quell’unico spazio già gonfio di carte e ha rollato l’ennesimo nuovo poster con una bella spatolata di colla: ed ecco comparire il faccione dell’ex sindaco Giuliano Pisapia sopra quello, pur fresco d’esposizione, di Majorino. Parliamo di due candidati non solo delle stesse liste di partito, il Pd, ma tutto sommato anche della medesima area di sinistra-sinistra, anti-Salvinista da corteo dei quindicimila contro il decreto sicurezza. Vengono addirittura dalla stessa zona di Milano, dove appunto svettavano sui poster: l’elegante avvocato Pisapia, Ztl purosangue e decisamente più guache-caviar; il barbuto assessore Pierfrancesco, cresciuto nel Pci-Ds-Pd, dopo che con la famiglia ha fatto un piccolo passo fuori Cerchia dei Navigli, da via Archimede a corso Lodi.

Scrutato come se fosse un marziano e scambiato per un militante, il povero attacchino ha risposto tranquillamente: “Anche a me pare incredibile continuare ad attaccare un manifesto sopra all’altro degli stessi partiti, ma così mi dicono di fare; lavoro per una società che ha l’appalto per Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia, e a dire il vero non mi sogno di votare nessuno di questi…”. Una tale specificazione spontanea di non voto, da parte di un classico soggetto sfruttato da quella gig-economy che la sinistra-sinistra dovrebbe pur vedere come il fumo negli occhi, fa già di per sé riflettere.

Ma, oltretutto, non sembravano certo carte riciclate né colle green di farina e aceto, quelle con cui stava trafficando il povero lavoratore del venerdì notte in sub-appalto. E dire che, sotto ai tanti poster già sovrapposti dello stesso Pd zingarettiano, c’era magari quel manifesto involontariamente “gretino”, che esalta “La nuova Europa che salva il pianeta” passando a zero emissioni nel 2050, dove anidride carbonica e cobalto si confondono per la similitudine della formula CO2. Sicuramente ci sarà stato il manifesto con il simpatico faccione del neo-segretario e la grande scritta maiuscola: “Difendiamo il pianeta, non chi lo distrugge. Una nuova Europa, un’Italia più verde“. Non ce ne voglia Zingaretti, ma non sarebbe stato meglio cominciare a ridurre l’impronta ecologica, per non dire quella etico-economica, di questa campagna elettorale?

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