Una storia familiare travagliata, un testamento dichiarato falso per ora dalla Corte d’appello di Napoli e una donna che perde il suo status di figlia, diventando semplice legataria delle volontà della madre. Sono gli elementi chiave del nuovo libro di Floriana Mastandrea, giornalista e autrice di diversi programmi televisivi che ha deciso di mettere per iscritto la sua vita in un testo autobiografico dal titolo ancora in divenire. “La trama inizia dalla mia nascita, nel ’62, in un Istituto per ragazze madri a Ischia, e arriva fino a oggi, quando, dopo nove anni di udienze, si è concluso in secondo grado, con due condanne per falso ideologico e materiale, il processo che vede imputati mio fratello, Roberto Sampietro, e la notaia Luisa Romei, per aver falsificato le ultime volontà di mia madre. Un piano criminale, ciliegia amara di una torta già amara che ho mangiato per tutta la vita”, spiega l’autrice al Fattoquotidiano.it. Nodo delle oltre 200 pagine è proprio il processo e il relativo motivo scatenante: il documento del 7 luglio 2009 che riconosce solo l’imprenditore Sampietro come erede legittimo di Angelina Mastandrea, deceduta sette giorni dopo la firma. Raggiunto telefonicamente, Sampietro ha preferito però non dire nulla sulla vicenda giudiziaria. “Abbiamo fatto ricorso in Cassazione. C’è un terzo grado di giudizio in corso, con degli avvocati che ci stanno lavorando, preferisco non commentare quello che fa la mia pseudo-sorella”, ha spiegato al Fattoquotidiano.it. La storia da film che Floriana Mastandrea racconta nel suo libro inizia fin dalla sua nascita, il 10 febbraio 1962.

Il non riconoscimento e l’adozione – “Mia madre, Angelina, non mi riconobbe subito. Era una ragazza madre e all’epoca questo non era socialmente accettato – racconta Floriana al Fattoquotidiano.it – Lo fece solo cinque mesi dopo, strappandomi alla famiglia a cui ero stata affidata”. A causa degli alti e bassi con il padre di Floriana, Claudio Sampietro, Angelina affida la piccola al fratello, agricoltore, con cui la scrittrice vive fino all’età di 15 anni, quando poi torna nella casa dei genitori biologici. “Mio padre decise di non riconoscermi e non lo fece mai, pur considerandomi sempre sua figlia. Roberto invece venne riconosciuto tre anni dopo la sua nascita”, spiega Floriana al Fattoquotidiano.it. “A nove anni mio zio chiese di adottarmi e i miei acconsentirono. Si trattò di un’adozione speciale, che non consentirebbe cioè di continuare ad avere un rapporto normale anche con i genitori biologici”, dice Floriana al Fattoquotidiano.it, descrivendo un atto a suo dire “incostituzionale perché senza condizioni e senza istruttoria”, oltre che fatto a sua insaputa. “Io ho sempre saputo di chi ero figlia, tutti lo sapevano, ma è proprio per via di quest’adozione se mio fratello si è sentito autorizzato a togliermi qualunque diritto di figlia”.

Il “falso testamento” – Il “piano criminoso”, così lo chiama la donna, ha inizio qualche mese prima della morte di Angelina Mastandrea, che nel frattempo nel 2002 si è separata dal marito. “La prima volta che Roberto provò a farle firmare un documento redatto da lui fu a febbraio 2009, quando mia madre venne ricoverata ad Ariano Irpino – spiega Floriana Mastandrea – Chiamò un’altra notaia, che però si rifiutò perché mancava un certificato che attestasse che mia madre era in grado di intendere e di volere”. Angelina ritorna a casa e, dopo altre peripezie ospedaliere, perfettamente lucida, il 15 aprile 2009 firma un testamento olografo, dimostrando di riconoscere quella figlia a cui, racconta Floriana stessa, “più volte aveva chiesto scusa per le mancanze subite”. “Disse che i beni andavano ripartiti equamente – racconta Floriana – Mio fratello avrebbe avuto la villa e io un’altra casa in centro. Addirittura voleva dare i suoi vestiti, quasi tutti firmati, alle amiche. Disse che li avrebbe etichettati lei stessa per decidere a chi dovessero andare”. È il 7 luglio dello stesso anno quando però viene firmato, il testamento oggetto della sentenza. Angelina è ormai allettata, allo stremo delle forze, tanto che morirà solo pochi giorni dopo. Gli attori che, uno dopo l’altro, si alternano sulla scena descritta dai giudici, sono molteplici. Ci sono le amiche di Angelina, testimoni oculari del gesto della notaia Luisa Romei, accusata di aver aiutato Angelina, guidandole la mano, a firmare il testamento, come dimostra anche una perizia calligrafica. Ci sono i dipendenti di Roberto Sampietro, legali testimoni, secondo il falso testamento, delle volontà di Angelina. E poi c’è lo stesso Roberto, considerato dalla Corte promotore e istigatore dell’azione delittuosa. Il tutto si svolge nella casa di Ariano Irpino, mentre la signora Mastandrea è sotto oppiacei, o, comunque, “con il velo calato sugli occhi” e incapace di riconoscere anche le amiche di una vita, come si legge nelle dichiarazioni dei teste del processo.

I processi – Sono passati oltre nove anni da quel 7 luglio del 2009 e dalla prima denuncia, avvenuta il 14 luglio dello stesso anno, quando Floriana è andata per la prima volta dalla polizia. “Il giorno prima della morte di mia madre ho sporto denuncia contro mia cognata, Cecilia Majello perché mi aveva aggredita – racconta Floriana al Fattoquotidiano.it – Voleva rimanere sola con mia madre, non si sa per quale motivo, ma non glielo permisi”. Un reato per il quale non si è più potuto procedere perché ormai caduto in prescrizione, come si legge sempre nella sentenza. Solo a marzo 2010 Floriana ha denunciato la notaia e il fratello per il testamento falso. In primo grado, il 13 gennaio del 2017, Luisa Romei e Roberto Sampietro sono stati dichiarati innocenti. La sentenza è stata poi ribaltata dalla Corte di Appello di Napoli che ha condannato la prima a 2 anni e 3 mesi di reclusione e il secondo a 3 anni e 2 mesi di reclusione, nonché entrambi al risarcimento in sede civile e al pagamento delle spese processuali. Una complicata storia di famiglia e di eredità che attende ancora il vaglio della Cassazione, ma che intanto Floriana Mastandrea ha messo nero su bianco, pronta per essere data alle stampe. “A farmi male di tutta questa vicenda non è stata la privazione economica, ma quella affettiva – conclude Floriana – Mi hanno tolto il diritto di essere figlia, considerandomi un legato, mi hanno deprivato di mia madre, facendomi ammalare e trasformando gli ultimi 10 anni della mia vita in un inferno fatto di carte, avvocati, e desiderio di giustizia”.

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