Notizie false o gonfiate che incendiano interi quartieri. Il tentato stupro inventato, l’aggressione subita in realtà perpetrata, l’assalto al bus ingigantito. E quelle norme sull’assegnazione delle case popolari che tutti fanno finta di ignorare. Come quelle che hanno portato la famiglia Omerovic ad avere legittimamente assegnata la loro casa Erp a Casal Bruciato. Anche stavolta si era diffusa la voce che il Comune di Roma dia 18 punti in più in graduatoria “ai rom” per uscire dai campi, notizia totalmente falsa perché quel punteggio viene dato a chiunque si trovi in emergenza abitativa (e dunque soprattutto agli “italiani”). Dal 2014 le periferie romane sono in ebollizione. Pesano tanti fattori. I flussi migratori fatti pesare solo su alcuni territori, gli equilibri sconvolti da Mafia capitale e la battaglia d’interessi che ne è derivata, le case popolari un tempo feudo della sinistra e oggi finite in mano all’estrema destra, la profonda crisi economica e amministrativa del Comune di Roma che non riesce a tenere le fila di un territorio divenuto troppo grande. Cosi, da Corcolle a Tor Sapienza, da Casal Bruciato a Casalotti, da San Basilio al Tiburtino III, basta una “brutta storia” creata ad arte o qualche bugia consapevole per soffiare sul fuoco della disperazione e dell’ignoranza. A Casalotti, dove Casapound continua a protestare, addirittura i rom non sono mai arrivati, ma e’ bastato un titolo di giornale un po’ audace a scatenare la rabbia di una parte della cittadinanza.

CORCOLLE E IL PRESUNTO ASSALTO AL BUS – La prima grande rivolta c’è stata nel settembre 2014, a Corcolle, estrema periferia est della città. E’ domenica mattina e – in completa buona fede – l’allora sindacalista Atac, Micaela Quintavalle, rilancia la denuncia di una collega autista che la sera prima racconta di aver subito una tentata aggressione “da parte di almeno 40 africani”. Le aggressioni agli autisti, purtroppo, in questo periodo sono quasi giornaliere, ma questa volta l’eco mediatica è dirompente. La giovane conducente qualche ora dopo racconterà che il suo autobus era stato accerchiato, che i migranti avrebbero iniziato una sassaiola e che sarebbero arrivate minacce di morte e di violenza sessuale. Cittadini ed estremisti di destra scendono in piazza e ci restano una settimana. Ma nel giro di 24 ore Prefettura e Questura verificano una storia molto diversa. L’episodio era stato a dir poco ingigantito. Fu l’autista a non voler far salire migranti (al massimo una decina, non erano certo 40), beccandosi qualche improperio e (forse) una sassata a bus già ripartito.

TOR SAPIENZA E I SOSPETTI SU MAFIA CAPITALE – La vera “deflagrazione” avverrà due mesi dopo. E’ l’11 novembre e siamo a Tor Sapienza, case popolari di via Giorgio Morandi. Territorio stremato: il campo rom “tollerato” di via Salviati da cui partono giornalmente roghi tossici, la piazza di prostituzione transessuale più nota di Roma, autobus che saltano puntualmente il giro nel quartiere, degrado e incuria diffusi. Una giovane mamma dice di aver subito un tentato stupro da “una persona con l’accento dell’est Europa”. Cosa c’entra la vicina struttura d’accoglienza per minori non accompagnati che ospita solo ragazzini africani? Nulla. E invece, il lunedì sera almeno 200 persone fra residenti, estremisti di destra e ultras bloccano il traffico dando fuoco ai cassonetti e iniziano una violenta sassaiola verso il centro d’accoglienza. Segue una settimana di scontri, polemiche, e una contestazione a Ignazio Marino. Il centro viene sgomberato. Solo qualche mese dopo, leggendo le carte dell’inchiesta su mafia capitale, si viene a scoprire che il sodalizio alla base di mafia capitale aveva messo gli occhi proprio su quella struttura.

TIBURTINO III: L’AGGRESSIONE AL CONTRARIO – Racconti di parte che diventano verità anche fra Pietralata e Colli Aniene, nell’agosto 2017. Anche qui i “contestatori” si giocano la carta della madre di famiglia aggredita. Questa volta è una ragazza di 36 anni a denunciare di essere stata aggredita da un 40enne eritreo e addirittura trascinata e sequestrata nel piazzale del centro d’accoglienza gestito dalla Croce Rossa, dopo che il migrante avrebbe infastidito il figlioletto di lei. “In soccorso” della presunta vittima sono poi arrivate “persone del quartiere”. Anche qui, manifestazioni e contestazioni, con neofascisti in piazza. Anche stavolta le indagini degli inquirenti hanno fornito una versione diversa, con il compagno della donna denunciato per lesioni con l’aggravante dell’odio razziale. Nessun sequestro di persona, nessuna aggressione alla 36enne. Uno dei leader di quella rivolta, tale Yuri, è stato arrestato pochi giorni fa per aver rubato soldi nella cassa di una gelateria in zona Vaticano.

LA BUFALA DEI 18 PUNTI DI BONUS AI ROM – In mezzo a queste rivolte di quartiere, ci sono le assegnazioni delle case popolari a persone non italiane, principio di base in tutte le regioni d’Italia, indipendentemente dai singoli regolamenti. Nel Lazio, per accedere alle graduatorie Erp e Ater bisogna avere determinati e precisi requisiti (anche economici), fra cui la residenza sul territorio cittadino da almeno 1 anno, termine che per legge può essere elevato dalle singole regioni fino a un massimo di 5 anni. E questo vale per tutti, indipendentemente dalla cittadinanza: se si cambia città e poi si torna – pensiamo ai ‘cervelli in fuga’ non si può fare domanda popolare prima di 12 mesi. Inoltre, la maxi-graduatoria viene suddivisa in varie sotto-categorie che dipendono dai componenti dei nuclei familiari.  Ecco spiegato, perché alcune famiglie rom (che vivono a Roma anche da 20 anni) e migranti riescono ad ottenere prima alloggi Ater e comunali. A Casal Bruciato, ad esempio, la famiglia serba è composta da 14 persone (2 genitori e 12 figli) e l’alloggio disponibile aveva ben 4 stanze. Inoltre non è vero, come afferma Casapound e come apparso su alcune cronache locali, che il Comune di Roma assegna 18 punti in più in graduatoria alle famiglie rom per uscire dai campi (e la Raggi, proprio ieri a Casal Bruciato è stata contestata per questo). Il ‘bonus’ è riservato a tutte le famiglie che si trovano in emergenza abitativa, a quelle che vivono ormai da più di 10 anni nei cosiddetti ‘residence’ da 20 mq, a chi dorme nelle centinaia di roulotte disseminate sul territorio cittadino e pure a chi dorme in macchina. E, ovviamente, da chi abita nei container allestiti nei campi. Insomma, non è “colpa della Raggi che da’ casa ai rom”. Questo però, chi soffia sul fuoco della contestazione, ai cittadini non lo spiega.

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