La sindaca di Roma, Virginia Raggi, al suo arrivo a Casal Bruciato è stata accolta dagli insulti dei partecipanti al sit-in contro l’assegnazione di una casa popolare a una famiglia rom. Insulti che si sono trasformati anche in offese sessiste quando il primo cittadino è uscito dall’abitazione delle 14 persone dopo aver manifestato la propria solidarietà alle 14 persone che da ieri vivono assediate dai vicini fomentati da gruppi e partiti di estrema destra come Casapound e Fratelli d’Italia.“Buffona”, “non sei la nostra sindaca”, “portali a casa tua” sono le urla lanciate contro Raggi. Insieme a lei, a quanto si apprende, ci sono alcuni vicini di casa, il direttore della Caritas diocesana di Roma, don Benoni Ambarus, e un delegato del vicariato. Da quanto si apprende, la madre, impaurita, avrebbe chiesto di poter tornare nel campo rom, ma Raggi ha convinto la famiglia a rimanere nell’abitazione. Il padre a Ilfattoquotidiano.it: “Ci hanno detto di tutto, ma non meritano risposta”.

La sindaca 5 Stelle ha deciso di visitare personalmente la famiglia di etnia rom, ma al suo passaggio, scortata dalle forze dell’ordine, ha dovuto subire gli attacchi degli inquilini delle palazzine di via Sebastiano Satta. “Schifosa”, le ha urlato contro una donna, mentre altri lanciano offese ancora più dure: “Se li porti a casa sua – dicono – lei è più mafiosa di Alemanno che aveva fatto quella delibera vergognosa che non ha cancellato”. Contestata anche la presidente del IV municipio: “Facciano le piazzole attrezzate come in Europa per i nomadi, quali case?”.

Un residente ha parlato all’Adnkronos, dicendo che queste persone “devono andare via. Io ho 65 anni e da 44 vivo in via Facchinetti, dove hanno provato a portare i rom prima di qui. Li abbiamo buttati fuori noi, poi sono venute le guardie. I rom hanno il campo, perché portarli qui? Li portino dove abita lei (il sindaco, ndr). Perché non li portano lì? Qui le fogne sono tappate, gli alberi mai potati, le strade distrutte. Il Comune non si vede mai, se non per questo regalo indesiderato”. Un gruppetto di donne presenti alla manifestazione, invece, ha iniziato a intonare cori come “Salvini, Salvini”. “Dopo la Raggi volevo Salvini”, dice una donna, mentre un’altra le risponde “Ma non era meglio Mussolini davvero?”.

Anche all’uscita dall’appartamento si è ripetuta una scena simile, con i manifestanti che si sono accalcati intorno a Raggi e gli agenti di polizia che hanno dovuto formare un cordone di protezione fino a quando la sindaca non è rientrata in auto. “Questa famiglia risulta legittima assegnataria di un alloggio – ha detto la sindaca prima di rientrare in macchina – Ha diritto di entrare e la legge si rispetta. Siamo andati a conoscerli e sono terrorizzati. Abbiamo avuto modo di far conoscere questa famiglia ad alcuni condomini. Chi insulta i bambini e minaccia di stuprare le donne forse dovrebbe farsi un esame di coscienza. Non è questa una società in cui si può continuare a vivere”.

Anche il vescovo ausiliario di Roma est, Gianpiero Palmieri, ha voluto parlare ed esprimere il proprio sostegno alla famiglia: “È una brava famiglia rom bosniaca che lavora, sono persone oneste – ha detto – Se neanche una famiglia così riesce ad essere integrata, non si sa come si può fare. Prima di arrivare dicevano di voler dare una festa con tutto il condominio, ma il primo giorno nella nuova casa i bambini lo hanno passato abbracciati in un angolo”.

Il vescovo ha anche detto che nella casa sono rimasti solo i due genitori con la figlia più piccola, mentre gli altri 11 sono andati momentaneamente da dei parenti, nel campo rom di La Barbuta, dove la famiglia viveva prima di entrare nell’abitazione popolare. “Siamo spaventati, speriamo di resistere”, ha detto la famiglia al direttore della Caritas di Roma. “Ci hanno detto che speravano iniziasse finalmente una nuova vita per loro, dopo 20 anni nei campi. Stanno cercando di capire cosa succederà. Sperano di poter resistere”, ha detto Don Ambarus.

Secondo quanto si apprende, la madre, provata dalle pressioni sulla famiglia, ha chiesto alla sindaca di poter lasciare la casa e tornare nel campo rom. La sindaca ha chiesto ai due genitori di resistere e di non darla vinta ai manifestanti. Un abbandono da parte della famiglia, oltre a creare un pericoloso precedente, impedirebbe al Comune di Roma di portare avanti il piano di smantellamento di alcuni campi rom in territorio comunale, compreso quello di La Barbuta.

Ilfattoquotidiano.it è riuscito a parlare telefonicamente con il padre, Imcor, che ha ribadito che “per il momento io, mia moglie e la figlia più piccola rimaniamo qui. Dobbiamo valutare la situazione e come evolverà, ma questa è casa nostra”. L’uomo ha anche raccontato che su questo punto la sindaca Raggi è stata molto decisa: “Voi rimanete qui, dovete rimanere qui – ha detto secondo il racconto del padre – Questa casa vi spetta di diritto“. E Imcor ha confermato che resisteranno: “Io e mia moglie stiamo malissimo – ha concluso – ci hanno gridato di tutto. Rimarrò calmo fino alla fine perché non meritano risposta“.

Poi, l’uomo racconta gli incontri con il vicinato: “Stanotte ho dormito qui, per non lasciare sole mia moglie e mia figlia – continua – Ma la gente non ci vuole, ci guarda male. Sono sceso al bar a prendere un cornetto a mia figlia, ho salutato una inquilina e nemmeno mi ha risposto. Un altro mi ha insultato chiedendomi ‘che cazzo hai da guardare’, quando in realtà stavo semplicemente andando a casa”.

La madre, invece, ha parlato con l’Adnkronos, raccontando la serata di paura dopo il loro arrivo a casa: “Quando sono rientrata, ieri pomeriggio, avevo Violetta in braccio – ha confessato – Sono svenuta sulle scale per il terrore. Ho paura non per me, ma per i miei figli. A loro questa casa piaceva e ora non ci vogliono più venire. Lei non è una bambina cattiva – la più piccola dei suoi 12 figli – è solo spaventata”.

Immediate le contestazioni anche nei confronti del vescovo. Un ragazzo a bordo di una moto si ferma per gridare: “Ma bruciateli tutti sti zingari di merda, io vivo dentro una cantina e lavoro tutto il giorno per pagarmi l’affitto”. E ancora: “Portateli al Vaticano, prete di merda”.

Alle 16 è iniziato il presidio di solidarietà per la famiglia rom e la manifestazione antifascista. “La dignità nelle periferie non si conquista con la guerra tra poveri” e “Gli unici rom che vi piacciono sono quelli che sostengono le vostre campagne elettorali“, sono alcuni degli striscioni comparsi. “Dobbiamo ribellarci e non lasciare le periferie a Casapound”, ha detto al megafono un ragazzo che abita nel quartiere. Alla manifestazione,a cui partecipano Matteo Orfini (contestato anche dagli antifascisti), il segretario regionale del Pd, Bruno Astorre, quello di Roma, Andrea Casu, e il parlamentare di Sinistra Italiana e consigliere comunale, Stefano Fassina, sono presenti anche Francesca Chiavacci e Simona Sinopoli, presidenti di Arci nazionale e Arci Roma: “La famiglia di Imed e Senada è entrata in una casa popolare perché assegnatari legittimi – hanno dichiarato -, non possono essere gruppi di neofascisti, o chiunque in modo violento, a stabilire chi può o meno entrare in una casa pubblica. La famiglia giustamente non vuole rinunciare alla casa e per questo vanno sostenuti. Non è possibile cedere alla violenza di chi vorrebbe stabilire chi e dove assegnare case pubbliche. Stiamo assistendo a una catena di solidarietà per questa famiglia, oggi saremo al presidio solidale alle 16 per affermare la legalità e rifiutare la violenza e i metodi che stanno costringendo un’intera famiglia a vivere sotto assedio. È vergognoso assistere alla peggiore strumentalizzazione politica contro dei bambini, perché c’è chi cinicamente vuole sfruttare questo disagio a scopi elettorali”.

Intanto, sono al vaglio della Digos le immagini degli insulti alla madre dei 12 bambini al suo ingresso ieri nella palazzina di Casal Bruciato, tra cui la frase “ti stupro” pronunciata da un manifestante. Gli investigatori sono al lavoro per accertare con esattezza l’accaduto e stabilire eventuali responsabilità.

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