Nessuna prova certa di dazioni di danaro da parte di Cerroni a funzionari pubblici. Mentre l’interesse personale degli amministratori “è possibile ma non coincidente con quello criminoso ipotizzato dai pm”. Furono l’urgenza derivante dal Giubileo del 2000 e il fatto che non vi fossero alternative valide a determinare il monopolio di Manlio Cerroni nel settore dello smaltimento dei rifiuti a Roma. In pratica: non era colpa del sua se la politica aveva lasciato la Capitale d’Italia in un mare di immondizia. Il Supremo, secondo i giudici, era “l’unico” a poter risolvere quell’emergenza, “endemica” sottolinea il collegio giudicante. Dunque, per il tribunale di Roma, nessuna “associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti”, come invece per anni sostenuto dalla Procura di Roma e dal pm Alberto Galanti. Secondo i giudici è emersa una “chiara occasionalità e/o accidentalità di accordi (tra Cerroni e gli amministratori, ndr) volti a superare ostacoli improvvisi incidenti di percorso verificatisi lungo quell’iter summenzionato, assolutamente non preventivabili e che, dunque, non potevano costituire oggetto di un programma associativo a monte”. E’ caduta, infine, l’accusa di traffico illecito di rifiuti.

L’emergenza vista Giubileo
Le 182 pagine della sentenza che ha assolto con formula piena il “Supremo” (insieme ad altre sei persone) dopo 4 anni di processo, sembrano lasciare poco spazio agli oppositori dell’imprenditore di Pisoniano, almeno in relazione all’accusa specifica. Il collegio di giudici, presieduto da Giuseppe Mezzofiore, ha ricordato come “quella dell’emergenza ambientale a Roma e in tutta la Regione Lazio fosse all’epoca dei fatti, (come anche oggi, purtroppo), una situazione realmente e drammaticamente esistente e, per di più, risalente nel tempo”. Infatti, “il problema in esame si prospettò in termini di particolare urgenza già nel lontano 1999, allorquando – si legge nella sentenza – in vista del l’eccezionale evento del Giubileo in programma nel successivo 2000 e delle ben prevedibili implicazioni, in tema di gestione rifiuti, connesse all’invasione della Capitale (per un intero anno) da parte di svariati milioni di pellegrini e turisti, il governo fu indotto a istituire la figura” di un commissario delegato all’emergenza rifiuti nella persona del presidente della Regione Lazio.

Fu il governo Prodi a decidere
La sentenza ripercorre dettagliatamente gli anni successivi. La figura commissariale venne prorogata di anno in anno fino al 2008, “a dimostrazione del fatto che il fenomeno a pace indire dall’eccezionalità di quell’evento religioso, aveva ormai assunto un carattere endemico”. Secondo i giudici, Cerroni era stato “l’unico” a intraprendere la procedura per la realizzazione di gassificatori per le “notevoli, complessive dimensioni aziendali del gruppo ed alle sue conseguenti, enormi potenzialità, alla rilevante conclamata capacità organizzativa del soggetto e infine, la sua consumata esperienza ultradecennale, nel settore in questione”. Si legge: “Tutti i provvedimenti amministrativi finalizzati alla realizzazione dell’opera incriminata (il gassificatore di Albano, poi non costruito, ndr) trovano il loro fondamentale momento prodromico nell’ordinanza numero 3616 della presidenza del Consiglio il 4 ottobre 2007”. E i politici e amministratori intercettati? Per il collegio “può darsi che i personaggi siano stati ispirati anche da un interesse personale che non coincide però con quello criminoso dedotto dal pm. Dal dibattimento, poi, non sono emersi elementi da cui poter inferire la prova certa ed incontrovertibile di dazioni di danaro o altre utilità di alcun genere, ad opera di Cerroni, in favore dei soggetti pubblici oggi chiamati in causa”.

Gli arresti del capitano Ultimo
Le indagini, che nel 2014 portarono all’arresto dell’anziano imprenditore di Pisoniano, furono condotte dall’allora capo del Noe, Sergio De Caprio, conosciuto da tutti come Capitano Ultimo. “Fatti di inaudita gravità anche per le dirette implicazioni sulla politica di gestione dei rifiuti e per le ricadute negative sulla collettività”, scriveva il gip. Il riferimento era alla presunta esistenza, dal 2008, di una stabile struttura organizzativa “informale” sovrapposta a quella formale delle società relative al gruppo imprenditoriale guidato da Manlio Cerroni (chiamato con l’appellativo di “Supremo“) con “un indeterminato programma criminoso e un assetto variabile secondo le attività svolte, le vicende della vita o i cambiamenti all’interno dell’apparato politico-amministrativo”. A finire in manette, 5 anni fa, oltre a Cerroni, furono l’ex presidente della Regione Lazio, Bruno Landi; Luca Fegatelli, fino al 2010 a capo della direzione regionale energia, il manager Francesco Rando, l’imprenditore Piero Giovi, inoltre Raniero De Filippis e Pino Sicignano. Oggi sono stati tutti assolti.

Riflessi sulla crisi attuale
Si tratta di una sentenza importante anche alla luce della stretta attualità. Anche dopo la chiusura della discarica di Malagrotta, avvenuta nel 2013 su indicazione dell’Unione Europea, la Capitale non è mai uscita dall’emergenza. Ad oggi sulle aziende del gruppo Colari pende ancora la spada di Damocle dell’interdittiva antimafia, di cui il Supremo ha già chiesto la revoca e che probabilmente verrà sbloccata nelle prossime settimane. Certo, il 93enne imprenditore ha altri processi ancora in corso. Se, alla luce della sentenza, rischia di naufragare il processo Cerroni bis basato su un impianto simile a quello principale, in Corte d’Assise il Supremo risponde del presunto disastro ambientale per il percolato alla discarica di Malagrotta, per il quale è avvenuto il sequestro preventivo di circa 190 milioni di euro. Poi c’è la maxi evasione fiscale di 5,5 milioni di euro. Per i magistrati un altro gruzzolo accantonato. Due accuse che non compromettono il lavoro del gruppo Colari. Cerroni, nei mesi scorsi ha già proposto a Virginia Raggi di realizzare dei termovalorizzatori in città, invito “gentilmente” rispedito al mittente dall’amministrazione comunale pentastellata. Che, tuttavia, si è dovuta rivolgere alle società del Supremo all’indomani dei roghi che hanno prima distrutto il tmb Ama di Salario l’11 dicembre 2018 e poi danneggiato quello di Rocca Cencia il 24 marzo scorso.

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