Stop al processo  di beatificazione di Aldo Moro. A chiederlo è la figlia primogenita, Maria Fida, che con una lettera indirizzata a Papa Francesco chiede di interrompere il “business della morte” nato dopo il sequestro e l’uccisione del padre, il 9 maggio 1978. “Santità, la prego dal profondo del cuore di interrompere il processo di beatificazione di mio padre Aldo Moro, sempre che non sia invece possibile riportarlo nei binari giuridici delle norme ecclesiastiche – scrive la donna nella sua lettera-appello – Perché è contro la verità e la dignità della persona che tale processo sia stato trasformato, da estranei alla vicenda, in una specie di guerra tra bande per appropriarsi della beatificazione stessa strumentalizzandola a proprio favore”.

Una “guerra tra bande” interna alla Chiesa, afferma la figlia del leader della Democrazia Cristiana che rivela di aver tentato di mettersi in contatto con il postulatore, senza ottenere risposta, mentre nel processo di beatificazione sarebbero avvenute “infiltrazioni anomale e ributtanti“: “A me risulta che il postulatore legittimo sia Nicola Giampaolo – si legge – al quale ho consegnato due denunce che sono state protocollate e inserite nella documentazione della causa nonché inoltrate per via gerarchica a chi di dovere. Ma non ho avuto alcuna risposta e sono passati anni. Nell’ambito dello stesso processo ci sono delle infiltrazioni anomale e ributtanti da parte di persone alle quali non interessa altro che il proprio tornaconto e per questo motivo intendono fare propria e gestire la beatificazione per ambizione di potere. Poi è spuntato un ulteriore postulatore, non si sa a quale titolo. Vorrei proprio che la Chiesa facesse chiarezza nella forma e nel merito”.

La figlia di Aldo Moro, oggi 72enne, ripercorre i 41 anni successivi al ritrovamento del cadavere del padre, descrivendo le lotte di potere nate e mai sopite intorno alla figura del politico ucciso dalle Brigate Rosse: “Mio padre è stato tradito, rapito, tenuto prigioniero e ucciso sotto tortura – continua – Dal 9 maggio di 41 anni fa è cominciato il ‘business’ della morte e lo sciacallaggio continuativo per sfruttare il suo nome a fini indebiti. Mi viene in mente la scena, narrata nei Vangeli, dei soldati romani che si giocavano a dadi, ai piedi della Croce, il possesso della tunica di Gesù tessuta in un solo pezzo. I soldati erano, in qualche misura, inconsapevoli di quanto stavano facendo, invece costoro sanno di compiere un’azione abbietta e lo fanno ugualmente in piena coscienza”.

Maria Fida Moro conclude la lettera inviata a Bergoglio spiegando che, se queste devono essere le condizioni che porteranno alla beatificazione del padre, preferisce che il processo venga interrotto, cosa che non intaccherebbe il ricordo del leader democristiano: “Il mio nome significa fede e sono assolutamente certa della Comunione dei Santi e della vita eterna. E so che mio padre è in salvo per sempre nella perfetta letizia dell’eternità e nessuna bruttura può ferirlo. Ma preferirei mille volte che non fosse proclamato Santo, tanto lo è, se questo deve essere il prezzo. Una viscida guerra fatta falsamente in nome della verità. Paolo VI descriveva mio padre così: uomo ‘buono, mite, giusto, innocente ed amico’. Regali, se può, a mio figlio Luca e a me una giornata di pace in mezzo alla straordinaria amarezza di una non vita. Che il signore la benedica. Mio padre, dal luogo luminoso in cui si trova ora, saprà come ringraziarla. Sono mortificata di aver dovuto disturbare lei”.

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