Il 27% dei 541 milioni di fatture elettroniche per un imponibile di oltre 1000 miliardi emesse tra gennaio e metà aprile è partito da Milano e provincia. Dietro il capoluogo lombardo, da cui aziende e professionisti hanno inviato per via telematica 147 milioni di e-fatture, c’è Roma, con 118 milioni di documenti (poco più del 21%). Torino è a quota 20,2 milioni, seguita da Bologna (13,6 milioni) e Napoli (10,5 milioni). Palermo si ferma a 3,3 milioni, lo 0,6% del totale, contro i 6,1 milioni di Bari, che ha la metà degli abitanti del capoluogo siciliano. Sono i dati dell’Agenzia dell’Entrate aggiornati al 15 aprile, stando ai quali sono stati finora 2,9 milioni i titolari di partita Iva che hanno utilizzato la nuova infrastruttura telematica operativa da gennaio, quando è scattato l’obbligo di fatturazione elettronica anche tra i privati previsto dalla legge di Bilancio per il 2018 in funzione di lotta all’evasione e confermato dal decreto fiscale collegato all’ultima manovra.

I settori che danno il maggior contributo sono il commercio e le autofficine (145 milioni di fatture), la fornitura di energia e gas (110,9 milioni) e il settore dell’informazione e delle telecomunicazioni, quello in cui operano i gestori di servizi internet e telefonia (94 milioni). In media, le fatture emesse finora sono state poco più di 5 milioni al giorno, meno degli 8,2 milioni previsti lo scorso dicembre dall’Osservatorio fatturazione elettronica & eCommerce B2B del Politecnico di Milano. Ma secondo le Entrate non si può parlare di dati inferiori alle attese, perché il numero di imprese coinvolte è in linea con le stime e occorre tener conto che per quest’anno sono esentati dall’obbligo anche medici, farmacisti e società sportive dilettantistiche. E non sono tenute a fare fattura elettronica le partite Iva con redditi sotto i 65mila euro che aderiscono al regime dei minimi allargato (quella che è stata presentata come fase uno della flat tax), con il risultato che la rivoluzione digitale non avrà alcun impatto sulla piccola evasione.

E’ probabile poi che a inizio anno le difficoltà nell’utilizzare il nuovo sistema abbiano rallentato la trasmissione dei documenti, che in base alla normativa attuale possono essere immessi nel sistema Sdi entro il 16 del mese successivo a quello dell’operazione. Infatti a gennaio le e-fatture sono state solo 100 milioni, numero che ultimamente stato raggiunto ogni due settimane: al 18 febbraio si contavano 230 milioni di fatture, salite a 350 milioni a metà marzo e 459 milioni a fine marzo. Il valore totale dell’imposta dichiarata supera i 118 miliardi, cifra che non corrisponde ovviamente alle entrate dell’Erario perché dall’Iva a debito va sottratta quella a credito che si origina quando l’impresa acquista beni o servizi su cui paga l’imposta. Nei primi due mesi del 2019 le entrate Iva, stando ai dati del Tesoro, sono ammontate a 15,6 miliardi, in aumento di 877 milioni rispetto allo stesso periodo del 2018.

A livello territoriale, la Lombardia guida di gran lunga la classifica con 188 milioni di fatture emesse, prima del Lazio con 123,5 milioni. Seguono Emilia Romagna (35,5 milioni), Veneto (33,3 milioni), Piemonte (31,2 milioni), Toscana (21,1 milioni). In coda Molise (763mila) e Basilicata (1,4 milioni), per evidenti motivi dimensionali. Terzultima la Calabria, con 3,6 milioni di fatture, contro i 18,8 milioni della Campania, i 13,2 della Sicilia e i 6 milioni della Sardegna. Tra le province, le ultime in classifica sono Crotone e Vibo Valentia con meno di 300mila e-fatture emesse da inizio anno.

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