Quando Marco Polo percorse la via della Seta e arrivò nel Catai, l’odierna Cina settentrionale, la descrisse come una terra dove “si fae molta seta”, ricca di “grandi cose”, “belle città e belle castella di mercatanti e d’arti”. Uno splendore che Pechino punta a rafforzare ancora oggi con la Nuova via della seta (ufficialmente Belt and road initiative), per cui sono già stati spesi oltre 140 miliardi di dollari. L’obiettivo è creare sei nuovi corridoi di trasporto lungo 68 Paesi (dove risiede il 65% della popolazione globale) seguendo due direttrici principali: la via della Seta terrestre, che collega Pechino all’Asia centrale e alla Russia; e la Nuova via della Seta marittima, un corridoio navale che dalla Cina meridionale arriva sulle coste dell’Africa, passa il canale di Suez, fa scalo al Pireo e quindi punta al cuore dell’Europa attraverso i porti italiani. Proprio i porti di Trieste e Monfalcone e quello di Genova sono al centro dei due accordi di cooperazione firmati dall’Italia con China communications construction company, uno dei principali player della Belt and road initiative.

Il piano voluto da Xi Jinping prevede che la Cina finanzi le nuove infrastrutture per ampliare il suo spazio economico ed estendere il suo “soft power” nel mondo, mentre i Paesi coinvolti beneficiano di queste nuove rotte attraverso un aumento dell’export, la creazione di posti di lavoro e così via. Non ci sono condizioni ulteriori, come quelle che solitamente l’Occidente impone agli Stati africani con le sue politiche di cooperazione: garanzie sui diritti umani, sulla sostenibilità finanziaria o su quella ambientale. “Gli investimenti cinesi in Africa non sono vincolati ad alcuna condizione politica, non influiremo sulle vostre politiche interne né faremo richieste che non potete soddisfare”, ha ribadito lo stesso presidente cinese a settembre 2018 quando ha ospitato a Pechino oltre 40 leader africani. Ma dove i lavori per la Nuova via della Seta sono già iniziati questo approccio inizia a mostrare alcuni problemi, con Paesi troppo indebitati e decisi a ridiscutere radicalmente i progetti già avviati.

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