La chiave di volta di questa piccola-grande rivoluzione ha il volto di Nana Addo Dankwa Akufo-Addo: di famiglia reale, con un padre politico di lungo corso, avvocato di formazione, già procuratore generale dal 2001 al 2003, poi ministro degli esteri dal 2003 al 2007, sconfitto alle presidenziali del 2008 e del 2012, il candidato del New Patriotic Party è infine riuscito ad aggiudicarsi le elezioni di fine 2016, entrando in carica a gennaio 2017. Da subito ha puntato il dito contro l’ingerenza occidentale, con equilibrio ma anche con determinazione. Celebre il suo discorso durante la visita del neopresidente francese nel dicembre 2017, quando, davanti un impietrito Macron, ha descritto senza mezzi termini il programma necessario per l’indipendenza reale dell’Africa dai vecchi colonialisti. “Non possiamo più continuare a fare politiche sulla base del sostegno che il mondo occidentale, la Francia o l’Unione Europea vorranno darci. Non funziona, non ha funzionato ieri e non funzionerà domani”. E ancora, facendo riferimento alle mille risorse messe in campo dai tanti giovani che tentano di attraversare il Sahara e il Mediterraneo: “Noi vogliamo che i giovani africani restino in Africa. E ciò significa che dobbiamo sbarazzarci di questa mentalità di dipendenza, di questa mentalità che ci ha condotto a chiedere cosa la Francia può fare per noi. La Francia farà quello che deve fare per il suo proprio interesse e se ciò coincide col nostro, tanto meglio. Non è corretto che un paese come il Ghana, 60 anni dopo l’indipendenza, abbia ancora il bilancio sanitario e scolastico finanziato dalla generosità e dalla carità dei contribuenti europei”.


Insomma, spiegava Akufo-Addo, interrotto da irrituali applausi dei giornalisti presenti alla conferenza stampa: è giunta l’ora che l’Africa si appoggi sulle sue molteplici risorse, sulle sue forze vive, sulla sua popolazione, la più giovane al mondo, per costruire lei stessa il proprio futuro. E concludeva, rivolto a Macron: “Sono un grande amico della Francia. Sono francophile. Ma parlo di ciò che dobbiamo fare noi per mettere il nostro paese al lavoro, per creare le condizioni che permetteranno ai nostri giovani di abbandonare l’azzardo di recarsi in Europa (…) Se noi cambiamo la nostra mentalità, questa mentalità che dipende dall’aiuto e dalla carità, nei prossimi decenni nascerà una nuova generazione di giovani africani. (…)”. Un discorso che all’epoca era diventato virale sui social, accolto con entusiasmo dai giovani di tutto il continente.

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