Scorrendo la filmografia del nostro cineasta ci si dimentica con un po’ troppa facilità di questa pellicola. Tre nomination agli Oscar e Palma d’oro al Festival di Cannes, il lungometraggio tocca invece alcune fra le vette più alte del cinema di Coppola e non solo. Centrata attorno alla figura di Harry Caul, detective privato con la passione per il jazz, e all’analisi di un’indecifrabile registrazione (la conversazione del titolo, appunto), la narrazione si traduce presto in un viaggio nella psiche di un uomo. Ossessionato dal bisogno, quasi patologico, di svelare il messaggio contenuto in quel nastro, infatti, Caul cadrà in una realtà-incubo dove i sottili confini fra verità e inganno si intrecciano sino a confondersi. Sostenuto da un Gene Hackman in forma stratosferica, il film sposa perfettamente il clima del suo tempo. Uscito in sala sulla scorta dello scandalo Watergate, La conversazione trattiene fra le sue scene tutto il pruriginoso e paranoico pessimismo di un’America ancora sconvolta da quella torbida marea. Ma la vera forza della pellicola sta ancora una volta nella sua universalità. Nella capacità di sciogliere il proprio intreccio affrontando la condizione dell’uomo moderno, soffocato da una tecnologia sempre più ingombrante e privato della più esile traccia d’intimità. Dal punto di vista tecnico, impossibile non citare lo straordinario montaggio sonoro orchestrato da Walter Murch.

Curiosità: Sia Hackman che Coppola concordano sul fatto che questo sia il loro miglior film. Il regista lavorava su questa storia da prima ancora che uscisse Il Padrino e anzi già nel 1966 ne aveva steso il copione. Per poterlo realizzare, tuttavia, dovette attendere il successo (e i soldi) del suo mafia movie.

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