È il giorno della discussione in consiglio dei ministri del dl Crescita. E nel corso della riunione, iniziata poco dopo le 17, stando alle anticipazioni si dovrebbero affrontare anche le norme per i rimborsi ai truffati dalle banche, da settimane al centro di un braccio di ferro tra le forze di maggioranza e il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Ma i nodi sono tutt’altro che sciolti. Secondo l’Adnkronos, il titolare del Tesoro continua a frenare perché non convinto che sia sufficiente la norma ‘scudo’ che solleverebbe i funzionari del Mef dalle responsabilità in caso di procedura di infrazione della Ue. Il premier Giuseppe Conte in mattinata si era detto ottimista: “Immagino che approveremo il decreto Crescita, confido che lo approveremo. Rimborsi ai truffati? C’è una forte unità d’intenti da parte del Governo. È un problema tecnico”. Poi il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha assicurato: “Credo che a breve verrà ripristinato tutto quanto. Entrerà nel ‘decreto crescita’ e sicuramente ci sarà in questo cdm che troverà una soluzione”. Fonti M5s però negano che nel provvedimento troveranno spazio norme sul tema e auspicano di procedere direttamente con i decreti attuativi per le disposizioni sull’erogazione dei ristori.
I nuovi dubbi di Tria sarebbero legati a una recente sentenza della Cassazione che impone a tutte le amministrazioni pubbliche di disapplicare qualsiasi normativa in contrasto con quelle comunitarie. La clausola per “salvare” i tecnici del Mef è nazionale e quindi potrebbe non avere valore davanti all’accusa di un danno erariale da parte della magistratura contabile. Per trovare una soluzione Tria avrebbe proposto, anche dopo essersi consultato con la commissaria Margrethe Vestager, di reinserire nel testo del decreto una forma di arbitrato, che però implicherebbe la riscrittura del documento e quindi l’impossibilità di inserirlo oggi nel decreto crescita. Alla proposta della reintroduzione dell’arbitrato, la risposta di Di Maio e Salvini sarebbe stata negativa, per non tradire le aspettative dei risparmiatori.
Mercoledì pomeriggio l’accordo sembrava cosa fatta e le ostilità ormai alle spalle. Ma i testi presentati dal ministro dell’Economia e dalla struttura del Mef conterrebbero norme che tengano conto dei paletti imposti dall’Unione Europea sul tema dei risparmiatori truffati. Un’argomentazione che non piace ai Cinque Stelle, si ragiona in ambienti della maggioranza. Per questo, ancora nelle scorse ore, la mediazione è andata avanti. Il ruolo di ricucitura, anche in questo caso, è stato affidato al premier, rientrato in Italia dopo la missione a Doha. Ma non è ancora chiaro se le norme per la distribuzione del fondo da 1,5 miliardi di euro istituto con la legge di Bilancio, che avrebbero dovuto essere approvate entro il 30 gennaio, verranno inserite nel decreto Crescita o se i decreti attuativi che portano la firma di Tria verranno esaminati a parte. L’ultimo oggetto del contendere è la volontà dei funzionari del Mef di essere protetti da eventuali procedimenti della Corte dei conti. “Sulle banche, l’ho già dichiarato, stiamo lavorando alacremente. C’è una forte unità d’intenti da parte del Governo nel procedere rapidamente e assicurare liquidazioni a tutti i risparmiatori dei risarcimenti dei danni quanto prima possibile”, ha detto il premier parlando di un “problema tecnico”.
Tocca a Conte insomma stemperare le tensioni e limare il dossier, mentre il M5s smorza i toni nei confronti del ministro e “congela” per ora l’interrogazione annunciata contro la consigliera di Tria, Claudia Bugno, nell’occhio del ciclone da settimane. E Luigi Di Maio, ospite di Mattino Cinque, è tornato a parlare di governo “compatto” smentendo i retroscena secondo i quali la poltrona dell’Economia sarebbe prossima a passare di mano. “Miti e leggende. Lasciate stare Tria. Se facciamo il dl crescita e rimborsiamo i truffati è un lavoro di squadra”, ha tagliato corto.
Il premier, oltre a rassicurare sull’approvazione del decreto, ha anche sottolineato che quando si parla di “governo del cambiamento” non è una “formula enfatica” perché “cambiamento significa cercare in tutti i modi e impiegare tutte le energie per cambiare la rotta da un sistema iniquo e insostenibile”. Nella legge di Bilancio, ha spiegato, “abbiamo fatto un primo passo” ma “possiamo fare e dobbiamo fare ancora molto, molto di più”. E rivolgendosi al numero uno di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha assicurato che le imprese possono trovare in lui un “interlocutore sempre attento per favorire le imprese e la crescita economica. Ma con franchezza dico anche che l’obiettivo ultimo non è incrementare” il benessere del “nucleo soggettivo degli imprenditori, ma realizzare le condizioni perché le imprese, intese come comunità di donne e uomini, possano perseguire uno sviluppo sostenibile”. Al governo, ha concluso, “interessa la crescita economica, ma interessa non solo il Pil ma come si distribuisce la ricchezza tra le varie fasce della popolazione”.