La Corte d’appello di Milano ha respinto la richiesta avanzata dalla difesa di Roberto Formigoni di dichiarare l’inefficacia dell’ordine di carcerazione firmato dal sostituto procuratore di Milano Antonio Lamanna in base al quale lo scorso 22 febbraio l’ex governatore lombardo 71enne è finito in carcere a Bollate per scontare la pena definitiva di 5 anni e 10 mesi per corruzione, nell’ambito del caso Maugeri-San Raffaele. L’ex senatore resta quindi in carcere come chiesto il sostituto pg di Milano Antonio Lamanna.

Davanti alla IV  corte d’appello di Milano l’altro ieri, durante un incidente di esecuzione sollevato dal pg, i legali di Formigoni hanno insistito con la richiesta di dichiarare l’inefficacia del provvedimento di esecuzione, in quanto dopo la sentenza passata in giudicato, il loro assistito “aveva il diritto di chiedere” entro 30 giorni “la detenzione domiciliare” in ragione del fatto che è ultrasettantenne. Inoltre, sostenendo la irretroattività della Spazzacorrotti, che ha imposto una stretta sulle misure alternative al carcere per i condannati per corruzione, hanno chiesto di eccepire l’incostituzionalità della legge e di trasmettere gli atti alla Consulta.

Secondo i giudici, invece, “l’ordine di carcerazione è stato (…) legittimamente eseguito”. Perché la “discrasia” segnalata dalla difesa tra gli articoli che regolano la detenzione domiciliare (ex art. 47 ter) e l’esecuzione delle pene detentive, secondo i giudici “si risolve, in definitiva in una critica al legislatore, senza che si possano, quindi, ricollegare ad essa effetti eversivi di una corretta esegesi della norma del codice, la quale riflette una precisa scelta del legislatore che – scrivono i giudici nell’ordinanza – ha voluto stabilire una soglia sanzionatoria quale la sospensione dell’esecuzione non è concedibile, ancorché la suddetta misura alternativa si renda astrattamente applicabile. Le due menzionate disposizioni normative sono destinate ad operare in settori autonomi dell’ordinamento, ancorché funzionalmente collegati, e perseguono finalità diverse, il che giustifica una disciplina differenziata. E anche volendo riconoscere l’esistenza di un difetto di coordinamento delle due norme, che le renderebbe non sintoniche tra loro, è solo al legislatore che spetta di ricondurre a unitarietà il sistema e di eliminare l’eventuale disarmonia con esclusione di interventi in funzione correttiva da parte dell’interprete..”

Inoltre, per i giudici, presieduti da Renato Brichetti, non si rileva la considerazione, posta dalle difese, che il reato di corruzione sia stato incluso in epoca successiva alla sua commissione tra i reati ostativi previsti dall’ordinamento penitenziario, “inclusione che incide in senso sfavorevole al condannato sia sulla sospendibilità dell’ordine di esecuzione (…) sia sulla concessione della detenzione domiciliare (…)”. Come si legge nel provvedimento, “priva di rilevanza è, pertanto, ogni questione di legittimità che muova dal presupposto che non può trovare applicazione retroattiva una legge che modifichi in senso sfavorevole al reo la disciplina di istituti che in vario modo incidano sul trattamento penale”. Stessa cosa vale “per la questione di legittimità costituzionale” della nuova norma “nella parte in cui ha inserito i reati contro la pubblica amministrazione tra quelli ostativi alla fruizione di benefici penitenziari”. Il provvedimento conclude con una sorta di invito: le questioni sollevate in aula dalla difesa di Formigoni potranno essere poste al Tribunale di sorveglianza qualora venga avanzata richiesta di detenzione domiciliare per l’ex governatore lombardo.

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