La consegna dei premi antimafia? In un liceo guidato da una dirigente, rinviata a giudizio per due episodi di abuso d’ufficio nell’inchiesta della Procura di Reggio Calabra sull’utilizzo improprio dei fondi pubblici destinati all’associazione antimafia “Riferimenti”. È avvenuto a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, dove è stato consegnato il premio nazionale “Impastato-Valarioti” dedicato alla memoria del giornalista di Cinisi ucciso da Cosa nostra e dell’ex sindaco comunista della cittadina calabrese ammazzato dalla ‘ndrangheta nel 1980. Il tutto con il patrocinio del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Magistrati, scrittori, giornalisti ma anche il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, sono stati premiati dal comitato scientifico del premio di cui fa parte anche la preside Mariarosaria Russo, sotto processo davanti al Tribunale di Reggio Calabria. Ed è proprio quest’ultima, la figura al centro dell’intervento pronunciato dal palco dal presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra (M5S).  A margine della premiazione, infatti, al grillino è stata posta una domanda da una giornalista del Tgr Calabria che voleva avere un suo commento sull’opportunità di partecipare a un’iniziativa assieme alla preside indagata e imparentata “con esponenti di ‘ndrangheta”.

La ricostruzione dell’intervista (tentata) la fa lo stesso Morra in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook in cui il presidente dell’Antimafia ripete le domande che la giornalista voleva porgli. In sostanza, ha preferito rispondere pubblicamente facendo riferimento a “quelle forze che vogliono sempre insinuare la polemica e il venticello caldo della calunnia”. Quando era dirigente del liceo di Roccella Jonica, secondo la Procura di Reggio, la preside Russo ha acquistato 620 copie di due libri editi da “Riferimenti”, di cui era socia, procurando “intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale” di 6.200 euro.  

Nel suo intervento, Morra ha risposto quasi indispettito dichiarando che pur sapendo chi fosse la Russo, “so anche che è necessario star qua. Poi il giudizio su quanto ha compiuto la preside dovrà essere fatto da magistrati. Io sono semplicemente il rappresentante di un’istituzione che, dove ci sono i ragazzi, non può sottrarsi al dovere-diritto di far capire che la verità è sorella della giustizia”. Il presidente dell’Antimafia punta il dito contro “tutti quelli che vogliono soltanto spegnere qualunque entusiasmo a fronte di iniziative che potrebbero essere organizzate diversamente (non voglio dire né meglio né peggio perché ognuno di noi ha il proprio stile) ma che sono finalizzate a far capire che c’è da combattere la mafia e la ‘ndrangheta”.

Per quanto riguarda i riferimenti alle parentele della Russo, sorella di un collaboratore di giustizia e di un soggetto ritenuto vicino ai clan, Morra ha aggiunto: “Io non ho né merito né colpa se son figlio di quei genitori, se son fratello di quelle persone che possono essere persone onestissime oppure criminali. Fatto sta che poi, una volta che sono in vita, sta a me decidere come comportarmi, se seguire le regole oppure no. E quindi, ben venga qualunque accertamento giudiziario su tutto e su tutti perché male non fare, paura non avere.  E che si sappia che lo Stato democratico deve indagare su sé stesso perché la cosa più grave, avvenuta anche nella nostra storia recente, è che pezzi di Stato hanno tradito lo Stato. Questo è un territorio in cui per incultura si pensa che solo e soltanto con una laurea in giurisprudenza o in ingegneria si possa campare onestamente quando molto spesso sono i colletti bianchi che fanno le peggiori schifezze”.

Subito dopo il presidente della Commissione parlamentare antimafia, il microfono è andato alla stessa Russo che, non ha perso l’occasione per attaccare i magistrati che hanno chiesto per lei il processo trasformando la consegna del premio “Impastato-Valarioti” in una sorta di arringa difensiva. La dirigente scolastica, infatti, ha ricordato che lei la ‘ndrangheta l’ha sempre combattuta: “Ci sono sette denunce pendenti alla Dda di Reggio Calabria e vengo indagata e inquisita per aver acquisito 100 libri (in realtà sono 620 secondo i pm, ndr) sulla pedagogia antimafia. Io affronterò con onore l’eventuale processo da cui ne uscirò sicuramente vincente perché ho acquistato, così come altri 25 dirigenti scolastici, degli strumenti didattici nell’ambito di un progetto Miur finanziato dalla Direzione generale. Avrei fatto semplicemente il mio dovere”. Ecco, quindi, che prima ancora che un giudice decida se c’è stato o meno il reato che le viene contestato, la preside fa intendere che l’inchiesta sarebbe frutto delle “ire di qualcuno”. “Dietro questa macchinazione, – si sfoga – dietro questa macchina del fango ci sta sempre una strategia”.

Contattato dal fattoquotidiano.it, il presidente Morra ha spiegato di aver partecipato all’incontro nella scuola di Rosarno, rassicurato dal fatto che tra i premiati c’erano personaggi che “rappresentano una sicura garanzia di legalità e trasparenza come Salvatore Borsellino, magistrati come Roberto Di Bella, un comandante della guardia di finanza e giornalisti come Sandro Ruotolo e Michele Albanese. Tra l’altro nel comitato scientifico del premio c’era anche la deputata Piera Aiello che è una testimone di giustizia”. “Non ho voluto assolutamente difendere la dirigente scolastica Russo – conclude Morra – perché saranno i magistrati che la giudicheranno, e non il presidente della Commissione parlamentare antimafia, a stabilire se ha commesso reati di abuso d’ufficio. Questo concetto lo voglio ribadire nel rispetto delle indagini della Procura di Reggio Calabria e della stessa dirigente Russo che dovrà difendersi nel processo e non dal processo. Essere oggi a Rosarno per me è stato importante esclusivamente per far capire agli studenti che anche in una terra di ‘ndrangheta come Rosarno si può stare dalla parte dello Stato”.

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