“Ho sentito parlare di politica delle alleanze e del ritorno all’Ulivo. Pensiamo davvero che il nostro futuro sia tornare al passato? Io mi sono arrovellato e rischio di impazzire. Ma con chi facciamo queste alleanze? Sarà utile farlo sapere ai nostri elettori? Pensiamo di far rientrare quelli che ci hanno distrutto per 5 anni (Liberi e Uguali, ndr). Senza di noi”. E’ il durissimo monito lanciato da Roberto Giachetti, candidato alla segreteria dem, durante il suo intervento alla convenzione nazionale del Pd.

Svariate le staffilate del deputato Pd, in primis ai sostenitori del No al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016: “Ci sono tante ragioni per cui abbiamo perso le elezioni. Per esempio, perché per 5 anni il nostro racconto sulle cose che facevamo era molto peggio di quello che facevano i nostri avversari. I comitati per il No al referendum non li hanno fatti Berlusconi, Salvini e Grillo, ma Massimo D’Alema che brindava con Speranza nel momento in cui i nostri piangevano nei circoli”.

Inevitabili anche gli attacchi al governo e, riguardo allo stato di salute del Pd, Giachetti ammonisce: “Ho girato tanto, ho trovato un partito vivo, con la voglia di riscossa, orgoglioso, che aspettava di rimettersi in gioco e sono convinto che alle primarie avremo un risultato importante, con centinaia di migliaia di persone che si metteranno in fila, terranno in vita e animeranno un partito che tutti vorrebbero in macerie. Lo dico anche al nostro interno: dobbiamo essere orgogliosi di noi. Non si tratta dei 10mila delle finte primarie della Lega, nè del M5s, che ha indicato il proprio leader con 37mila click di persone sedute alla scrivania, che non hanno fatto neanche la fatica di andare nei circoli, di discutere, di andare a votare, di seguire un percorso partecipato nel quale noi non abbiamo paragoni in questa democrazia” – continua – “E allora basta col buttarci le cose addosso. Non ci sono macerie in questo partito. Ci sono persone che combattono anche per noi e che dobbiamo motivare e aiutare. Altro che macerie. La mozione Zingaretti? Non voglio essere divisivo, ma ha dentro ha tutto e il contrario di tutto, dove c’è chi ha realizzato il Jobs Act e chi lo vuole cancellare, dove c’è Minniti, che ha fatto della politica dell’immigrazione un valore straordinario che noi abbiamo difeso, e chi considera Minniti uno schiavista. E’ una mozione che ha dentro il mio presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, e chi ritiene che l’operato di quel governo è senza appello. E’ un problema che non riguarda me, ma questo deve emergere nel dibattito politico”.

Giachetti, che rivendica la bontà dei governi dem, contesta anche chi ha lamentato il ritardo della fase congressuale: “In questa sala a luglio, quando tutti vi siete messi d’accordo per dire che il congresso non si doveva fare subito, l’unico fesso che si è alzato qui e vi ha detto che stavate commettendo un errore folle sono stato io, che volevo fare il congresso 6 mesi fa e non oggi. Vorrei azzardare a dire che, se facciamo il congresso oggi, è anche perché per 40 giorni non ho mangiato. Altrimenti avremmo fatto il congresso dopo le europee”.

Il parlamentare dem poi lancia “l’allarme rosso sullo stato della democrazia” nel Paese, punta il dito contro il M5s e rifila stoccate ai compagni del proprio partito sulla posizione in merito alla crisi del Venezuela. E annuncia: “Io e Anna Ascani apriremo la campagna per le primarie a Danzica per celebrare un uomo che credeva nei ponti e non nei muri, il sindaco Pawel Adamowicz, accoltellato qualche giorno fa. La nostra idea di Europa sta lì”.

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