di Francesco Pastore e Francesco Giubileo

Dopo aver parlato della platea nel precedente editoriale di questa guida pratica, passiamo ora a un secondo argomento definito nella bozza del decreto legge del reddito di cittadinanza, quello inerente il patto per il lavoro o patto per l’inclusione sociale.

Entro 30 giorni dal riconoscimento del beneficio, tutti i componenti maggiorenni del nucleo familiare devono dichiarare l’immediata disponibilità al lavoro (Did) e aderire al patto, appunto. Il “patto di servizio” rappresenta un “contratto” siglato tra l’istituzione pubblica e il destinatario della tutela sociale, volto a concordare un percorso di lavoro o di reinserimento sociale.

Tale contratto prevede da parte del destinatario una serie di azioni finalizzate alla sua più rapida ricollocazione nel mercato del lavoro. La partecipazione a tali azioni rappresenta una condizione vincolante per ottenere il reddito di cittadinanza. L’accompagnamento all’inserimento lavorativo/sociale prevede attività di riqualificazione professionale, di completamento degli studi o di servizi alla comunità. Coloro che hanno carichi di cura per infanti o familiari con gravi disabilità possono essere esonerati da questi obblighi.

L’efficacia di questo principio di condizionalità è ancora oggi oggetto di dibattito. Infatti, la riflessione sul tema suggerisce che l’obbligo funzioni prevalentemente nei confronti di chi è già pronto per il mercato del lavoro e quindi necessita semmai di una migliore “traiettoria”, mentre per i soggetti più svantaggiati la “condizionalità” rischia di causare solo frustrazione nei beneficiari della tutela sociale, provocandone l’abbandono. Un obiettivo indiretto del nuovo quadro normativo è che la dichiarazione di disponibilità al lavoro, oltre a qualsiasi ulteriore informazione utile a definire il profilo di “occupabilità”, passi attraverso il Sistema informativo unitario delle politiche del lavoro.

La Did e il patto possono essere stipulati sia presso i centri per l’impiego sia presso i soggetti accreditati ai servizi pubblici per l’impiego, laddove ciò sia previsto. Più specificamente, gli obblighi per i beneficiari comprendono:

1. collaborazione alla redazione del bilancio delle competenze;
2. consultazione quotidiana dell’apposita piattaforma digitale dedicata al programma di Rdc e volta a fornire supporto alla ricerca di un lavoro;
3. svolgimento di una serie di azioni di ricerca del lavoro previste dal diario settimanale;
4. partecipazione a corsi di formazione e riqualificazione (in alcuni casi, laddove è presente una predisposizione emersa nel bilancio di competenze, anche un percorso volto all’auto-imprenditorialità);
5. partecipazione a eventuali prove di selezione finalizzate all’assunzione, su indicazione dei servizi pubblici per l’impiego competenti;
6. accettazione di almeno una di tre offerte congrue in caso di fruizione del beneficio da oltre 18 mesi;
7. in caso di rinnovo del beneficio, deve essere accettata la prima offerta utile di lavoro, pena la perdita del beneficio stesso.

L’offerta è definita congrua se è entro 100 km dalla residenza e successivamente entro 250 km per i restanti 12 mesi. In caso di rinnovo, l’offerta può pervenire da tutto il Paese. Per agevolare la mobilità occupazionale, il beneficio continua a essere percepito per i successivi tre mesi dall’instaurazione del rapporto di lavoro. Il richiedente deve trovarsi in una o più di queste condizioni:

1. essere disoccupato da oltre due anni;
2. avere un’età superiore ai 26 anni;
3. essere stato beneficiario di Naspi o altro ammortizzatore;
4. avere già sottoscritto in passato un patto di servizio.

Il patto è chiamato di inclusione sociale in caso di bisogno multidimensionale e si riferisce a beneficiari già segnalati dai servizi sociali locali o dopo il colloquio con l’operatore dei centri per l’impiego. Gli obblighi del patto non vanno confusi con le 8 ore settimanali di lavoro da svolgere, obbligatoriamente nell’ambito culturale, sociale, artistico, formativo e tutela dei beni comuni. Anche in questo caso, aver inserito il patto dell’inclusione sociale rappresenta un passo in avanti rispetto alle versioni originali, che rimandavano la gestione del beneficiario ai soli centri per l’impiego.

Ovviamente il quadro appena descritto rappresenta un percorso che dovrà certamente essere monitorato, perché è ovvio che si tratti di un progetto complesso con varie fasi di aggiustamento e miglioramento per renderlo il più efficace possibile.

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