di Francesco Pastore e Francesco Giubileo

La bozza del decreto legge contenente disposizioni relative all’introduzione del reddito di cittadinanza (Rdc) è finalmente disponibile, anche se sicuramente subirà ulteriori modifiche fino alla sua promulgazione. Il testo, però, dovrebbe essere ormai tale da consentire di avere un quadro conoscitivo dello strumento. D’ora in poi offriremo su questo blog un’analisi dei diversi punti del piano per il beneficio dei lettori. Data la complessità e ampiezza dello strumento, in questo contributo ci soffermeremo su un singolo aspetto, vale a dire i requisiti necessari per accedere al Rdc.

Dopo un’attenta lettura della bozza di decreto legge, suggeriamo al lettore di formulare una sorta di “reset”. Nel decreto rimane poco dell’idea originale proposta dal fondatore del Movimento 5 stelle, Beppe Grillo. Lo strumento definito nel decreto è un meccanismo complesso che si ispira al precedente modello del reddito di inclusione o al programma Universal Credit britannico con diversi riferimenti per l’attivazione del disoccupato al modello della Dote Unica del Lavoro presente in Regione Lombardia (soprattutto per quanto riguarda il meccanismo di premialità, già presente anche nella proposta dell’assegno di ricollocazione, che però non è mai partita effettivamente).

Innanzitutto, il Rdc è riconosciuto al nucleo familiare (in base alla definizione del decreto legge 159/2013), che rappresenta l’unità di riferimento del beneficio (anche se ovviamente un single è considerato nucleo familiare a se stante). Inoltre, per accedervi, è necessario possedere la cittadinanza di un Paese appartenente all’Unione europea e la residenza continuativa di almeno dieci anni in Italia. Questa condizione è volta a circoscrivere la platea dei beneficiari ai cittadini italiani o stranieri (Ue o extra-Ue) residenti nel nostro Paese da molto tempo. Tali condizioni non sono nuove, anzi sono presenti anche in altri Paesi Ue, anche se dieci anni appaiono forse eccessivi (non era forse meglio cinque?). Si rischia, così, di escludere un numero troppo elevato di stranieri regolari in stato di povertà.

In riferimento al livello di disagio economico che permette l’accesso al Rdc, il decreto precisa che il reddito familiare deve essere inferiore ai 6mila euro annui (soglia che sale in caso di abitazione in locazione) e, in generale, il valore dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (Isee) deve essere inferiore a 9.360 euro. La proprietà della prima casa non è considerata nella richiesta del Rdc, ma in caso di possesso di ulteriori beni immobili questi non devono superare la soglia di 30mila euro. A ciò si aggiunge che il nucleo familiare non deve superare un patrimonio mobiliare di 6mila euro (al valore vanno aggiunti 2mila euro per ogni componente del nucleo familiare). I proprietari di navi o imbarcazioni o di autoveicoli di media cilindrata immatricolati di recente sono esclusi, a eccezione di mezzi per cui è prevista un’agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità.

Dal Rdc sono poi esclusi i carcerati, i lungodegenti a carico dello Stato e i nuclei familiari i cui componenti sono disoccupati a seguito di dimissioni volontarie (a eccezione di dimissioni per giusta causa) nei 12 mesi precedenti. Inoltre i requisiti per l’accesso della misura potrebbero essere integrati o modificati in senso espansivo, a favore di soggetti in gravi condizioni di esclusione sociale e deprivazione socio-sanitaria. Questo passaggio, che andrà poi correttamente formulato, è volto a sanare situazioni di deprivazione socio-sanitaria, educativa o abitativa che in passato per aspetti “burocratici” impedivano agli assistenti sociali di intervenire. Infine, il Rdc potrà essere integrato ad altri ammortizzatori sociali, come il Naspi previsto dal Jobs Act, a patto che siano rispettati limiti e soglie precedentemente elencate.

La formulazione dell’Isee viene realizzata attraverso la Dichiarazione sostitutiva unica (Dsu), secondo una procedura descritta dettagliatamente sul sito dell’Inps: i soggetti che ne faranno richiesta potranno fare domanda direttamente online o in alternativa rivolgersi a un centro di assistenza fiscale (Caf) convenzionato. L’ammontare del Rdc è di 500 euro mensili (valore moltiplicato per la scala di equivalenza in merito ai carichi familiari), ribadiamo 500 euro mensili e non 780 come più volte affermato. Al valore 780 euro si arriva attraverso un’integrazione al reddito dei nuclei familiari residenti in abitazione di locazione. Il beneficio economico è erogato per un periodo non superiore ai 18 mesi e può essere rinnovato.

Nel prossimo contributo ci occuperemo del Patto per il lavoro e per l’inclusione sociale. Concludiamo riprendendo quanto scritto all’inizio: per capire la bozza va fatto un “reset”, perché agli autori non sfugge la “manina” dei tecnici del Ministero delle politiche sociali, che probabilmente hanno contributo alla realizzazione di una nuova versione (migliore) del Reddito di Inclusione. Il testo è scritto troppo bene per mani inesperte in materia. L’articolazione normativa appare certamente innovativa e prende spunto anche da fallimenti ed errori del passato.

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