Si riapre il caso peculato nello Spazzacorrotti. Dopo che durante la discussione della legge Anticorruzione, per due volte, sono stati sventati i tentativi della Lega di inserire un emendamento salva consiglieri accusati di spese pazze, un codicillo inserito nel provvedimento rischia ora di avere lo stesso effetto. Come raccontato da il Fatto Quotidiano infatti, è stata aggiunta una modifica al 316 ter del codice penale che prevede l’applicazione del reato di “indebita percezione di erogazioni da parte dello Stato” anche a pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio (come per esempio i consiglieri regionali). E questa modifica può portare alla prescrizione di decine di processi per spese pazze. Per le opposizioni è intervenuto il Partito democratico chiedendo le dimissioni del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Intanto la legge ha quasi terminato il suo iter: il 10 gennaio è stata promulgata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma non è ancora stata pubblicata in Gazzetta ufficiale. Nessun commento per ora dal vicepremier M5s. Mentre fonti del ministero della Giustizia, assicurano di aver valutato il caso e che “la questione non esiste”: “Si tratta di fattispecie giuridicamente diverse”, è la spiegazione, “quindi non cambierà nulla per chi è accusato di peculato”. Bonafede, parlando con i suoi, ha anche precisato che “in una legge che irrigidisce tutto il quadro sanzionatorio non ci sono certo scappatoie per chi ruba soldi pubblici”.

Già due volte nei mesi scorsi, il Carroccio aveva provato a inserire un emendamento al testo per salvare gli imputati per spese pazze e in entrambi i casi era stato bloccato. Il primo episodio risale al 15 novembre: la Lega presenta in commissione alla Camera un emendamento “all’articolo 314 del codice penale“, che prevede dopo le parole: ‘o comunque la’ è inserita la seguente: ‘autonoma‘ e dopo le parole: ‘se ne appropria,’ sono inserite le seguenti: ‘salvo che tale distrazione si verifichi nell’ambito di procedimento normato da legge o regolamento e appartenga alla sua competenza”. L’articolo 314 del codice penale è quello che disciplina il peculato e con la modifica richiesta sarebbe stato punito solo “il pubblico ufficiale che maneggia denaro pubblico destinato al suo ufficio ma il cui uso non sia regolato da norme interne”. Quindi ad esempio non sarebbe stato possibile accusare di peculato “il capogruppo di un partito in Regione o comune, che gestisce i fondi pubblici destinati al funzionamento del gruppo”. I 5 stelle però si erano opposti in commissione e la modifica era stata respinta.

Il secondo episodio risale invece al 20 novembre. La stessa norma presentata dalla Lega in commissione e bloccata dai 5 stelle, viene ripresentata in Aula alla Camera da Catello Vitiello, ex M5s nel gruppo Misto, e a scrutinio segreto passa con il sostegno di parte del Carroccio. E’ una della crisi tra gli alleati del governo più significativa: devono intervenire gli stessi Matteo Salvini e Luigi Di Maio per ricompattare le fila e l’emendamento viene tolto al Senato. L’intervento sembra disinnescato e il governo festeggia.

Oggi il caso si riapre, dopo la scoperta del codicillo inserito per modificare il 316 ter (quindi non il 314, come avevano provato a fare i leghisti all’inizio). E se il ministro della Giustizia assicura che non c’è nessun colpo di spugna, per il Partito democratico invece l’effetto è già chiaro. “Ricordate”, ha scritto l’ex segretario Matteo Renzi su Facebook, “tutto il cinema fatto da Bonafede e i grillini sulla legge anti-corruzione? Bene, ora si scopre che attraverso un comma ad personam i leghisti hanno inserito una norma che salva dai processi i propri deputati condannati per peculato. Con la scusa del combattere la corruzione hanno fatto passare un codicillo che permetterà agli ex consiglieri regionali già condannati non in via definitiva per i rimborsi di salvarsi”. E ancora: “Nel giro di un anno i grillini sono passati dall’onestà alle leggi ad personam, ad un vero e proprio Salva Lega. Come si cambia per non andare a casa“. Parole ancora più dure sono state usate dal deputato dem e membro della commissione Giustizia alla Camera Carmelo Miceli: “E’ una delle pagine più nere della storia della nostra Repubblica, il ministro Bonafede dovrebbe rassegnare immediatamente le dimissioni. Un’operazione vergognosa: ecco a cosa serviva questo inutile Ddl Anticorruzione, che non darà alcun contributo concreto nella lotta alla corruzione ma con un colpo solo ha salvato i leghisti dai processi e ha blindato la proprietà di Casaleggio sulle decisioni del Movimento 5 stelle”.

Stessa posizione anche per la deputata Alessia Morani: “Un comma inserito in quella che doveva essere una legge Anticorruzione e che è diventata spazza condanne per la Lega. Une vera vergogna che svela definitivamente l’inganno del M5s come partito ‘dell’onestà’. Dalla Lega, dopo la vicenda dei 49 milioni di euro rubati ai cittadini, non ci aspettavamo niente di diverso, più difficoltà c’erano nell’immaginare che proprio il M5s si adoperasse per fare in fretta e furia il SalvaLega. Troveranno una manina anche questa volta?”, ha concluso. Per Franco Vazio, vicepresidente Pd della commissione Giustizia della Camera, “la verità nascosta sotto la cortina fumogena della demagogia giustizialista del ministro Bonafede e della retorica ‘spazzacorrotti’ è il classico ‘colpo di spugna’ in stile Prima Repubblica: un vero regalo ai compagni di ventura per cancellare i loro problemi giudiziari. È bastato un codicillo ad personam nascosto nelle pieghe del decreto che di fatto derubrica il reato di peculato e proprio per i consiglieri regionali leghisti condannati e imputati parrebbe tutto risolto”. E ha chiuso: “Il titolo della legge era sbagliato: il vero nome del Ddl Bonafede non è spazzacorrotti ma salvafurbetti”.

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