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Anticorruzione, nel testo un comma targato Lega rischia di salvare i consiglieri delle spese pazze

Spese pazze - Emendamento leghista alla legge Spazzacorrotti rischia di mandare in prescrizione i reati contestati a consiglieri di Lega, Pd e FI

13 Gennaio 2019

“Il Salva-Rixi”, al Palazzo di Giustizia di Genova c’è chi lo chiama così. È l’articolo 316 ter del codice penale modificato dalla legge anticorruzione che ha aggiunto un nuovo paragrafo: tre righette in mezzo a un mare di codicilli introdotte da un emendamento a firma di dieci deputati della Lega. A dicembre così è stato modificato il reato di “indebita percezione di erogazioni da parte dello Stato”; una novità che potrebbe portare alla prescrizione di decine di processi per spese pazze in cui sono imputati consiglieri regionali delle passate legislature. Uno in particolare: il vice-ministro leghista Edoardo Rixi che per Matteo Salvini è “un fratello”.

Ma andiamo con ordine: il testo definitivo della legge anti-corruzione ha modificato appunto l’articolo 316 ter. Al reato è stato aggiunto un paragrafo: “La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri”. Modifica introdotta da un emendamento che dagli atti della Camera risulta a firma di Gian Luca Vinci, Roberto Turri, Luca Paolini, Gianluca Cantalamessa, Fabio Massimo Boniardi, Manfredi Potenti, Anna Rita Tateo, Ingrid Bisa, Riccardo Marchetti e Flavio Di Muro, tutti parlamentari leghisti. A prima vista pare trattarsi dell’introduzione di un’aggravante, quindi di un giro di vite. Ma nelle pieghe della legge potrebbe nascondersi una sorpresa. Il vecchio articolo infatti diceva: “Chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti…”.

Gli avvocati dei consiglieri regionali accusati di “spese pazze” hanno spesso chiesto che ai loro assistiti fosse applicata questa fattispecie e non il peculato. Con un vantaggio duplice: pene meno severe e soprattutto prescrizione più breve. Ma si erano sempre scontrati contro la prima parola dell’articolo: “Chiunque”. Quindi, rispondevano i pm, una norma disegnata soprattutto per i comuni cittadini (ad esempio dichiarazioni Isee non veritiere) più che per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblici servizi. Ma ecco che la nuova legge afferma che l’indebita percezione sarebbe applicabile anche a loro. Non solo: il codice penale stabilisce che se la legge al tempo in cui fu commesso il reato e quelle successive sono diverse prevale quella più favorevole al reo.

Secondo avvocati e docenti interpellati dal Fatto il nuovo articolo potrebbe consentire ai difensori dei consiglieri regionali di chiedere una derubricazione del reato. E quindi di sperare in una prescrizione di 7 anni e mezzo (invece di 12 e mezzo) che per molti imputati sarebbe già scattata e per altri interverrebbe prima della Cassazione.

È la seconda volta che gli emendamenti all’anticorruzione suscitano polemiche. Era già avvenuto con il peculato: a novembre il governo era stato battuto. A sorpresa era passato un emendamento cui si erano opposti M5S e Pd. Una norma che qualcuno aveva definito “ad Legam” perché avrebbe tolto le castagne dal fuoco al Carroccio che vede tanti ex consiglieri indagati. Il colpo di spugna del peculato è stato cancellato, ma stavolta la frittata è fatta.

Rixi è imputato di peculato e falso ideologico con altri 18 consiglieri e vari capigruppo della Regione Liguria (legislatura di centrosinistra). I vari filoni dell’inchiesta hanno toccato oltre metà dei consiglieri liguri tra il 2010 e il 2015. La richiesta di rinvio a giudizio per Rixi parlava di rimborsi per 108.237 euro. Di questi 19.855 sono riferibili direttamente a spese sue dirette. Il grosso riguarda spese sostenute dal collega di partito, Maurizio Torterolo, e rimborsi indistinti del gruppo Lega. Ecco il punto: Rixi era il capogruppo. Quindi, secondo i pm, a lui spettava la vigilanza. L’accusa ha portato in aula centinaia di scontrini: dalle ricevute, decine, di un ristorante dell’entroterra ligure alle spese per rifugi di montagna sulle Dolomiti nei giorni di Ferragosto. “Sono viaggi di nostri collaboratori. Erano andati per studiare lo statuto speciale del Friuli”, è stata la difesa. Ma ci sono anche acquisti in negozi di cioccolata e di fiori.

I leghisti hanno rimborsato alla Regione 80 mila euro, ma questo non cancellerebbe il reato se fosse stato commesso. Un processo che impensierisce il Carroccio per il legame strettissimo tra Salvini e Rixi: “Se qualcuno nella Lega sbaglia, sono il primo a prenderlo a calci nel culo, ma Rixi è un fratello e lo difenderò fino all’ultimo da quella schifezza che è la magistratura italiana”, disse il segretario leghista nel 2016. Intanto il processo è andato avanti. L’ex consigliere Torterolo, accusato di rimborsi certificati da Rixi, ha patteggiato due anni. E i pm hanno chiesto per il viceministro una condanna a 3 anni e 4 mesi. Se condannato, Rixi rischia l’applicazione della legge Severino.

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