La macchia nera si è estesa di oltre 12 chilometri quadrati tra l’8 e il 9 ottobre superando i 100 chilometri quadrati nel Santuario dei cetacei. È la denuncia di Greenpeace che ha elaborato le immagini satellitari dello sversamento di olio combustibile in seguito all’incidente tra la portacontainer Virginia e il traghetto Ulysses, a circa trenta chilometri a nord ovest di Capo Corso, in acque francesi, e non lontano dall’isola di Capraia.

“Questo è l’ennesimo disastro che si verifica nel Santuario dei Cetacei – osserva il direttore delle campagne di Greenpeace Italia, Alessandro Giannì – Recuperare gli idrocarburi dispersi è impossibile e, se non si mettono a punto meccanismi efficaci per prevenire simili incidenti, il Santuario dei Cetacei sarà sempre a rischio”. Secondo l’associazione ambientalista, il disastro della scorsa domenica, “è evidente che poteva essere evitato”.

Secondo Giannì, “il sospetto che sulla plancia del traghetto Ulysses non ci fosse nessuno è assolutamente fondato e un meccanismo di controllo delle rotte che si applichi almeno alle grandi imbarcazioni avrebbe potuto prevenire” l’impatto. Greenpeace riferisce che “secondo quanto si apprende da fonti stampa francesi, si potrebbe trattare del rilascio di varie centinaia di tonnellate di combustibile Ifo (Intermediate Fuel Oil), una sostanza più leggera del bunker (combustibile semisolido), con un livello di tossicità acuta definito ‘medio’, ma con elevato livello di rischio per imbrattamento (a causa dell’elevata viscosità) e con elevata persistenza”. 

Come aveva spiegato martedì l’Ispra rispondendo alle richieste della Capitaneria di porto, le prossime ore potrebbero essere decisive per l’evoluzione di questo disastro: nel caso in cui dovesse essere confermato il peggioramento delle condizioni meteo-marine, l’olio combustibile si “inabisserebbe” rendendo più difficile il recupero e contestualmente intaccando l’ambiente marino, sia animale che vegetale.

“Tra ventiquattro ore (giovedì, ndr) nella zona sono previste onde di due metri. Ciò potrebbe comportare non solo una notevolissima, ulteriore, dispersione degli idrocarburi fuoriusciti dalla portacontainer Virginia, ma anche rendere difficoltosa l’operazione di separazione delle due navi. In condizione di mare agitato, peraltro, le due navi potrebbero subire danni ulteriori con conseguenze pericolosamente imprevedibili”, sottolinea Greenpeace.

Dopo la Costa Concordia, la perdita di bidoni con sostanze pericolose al largo della Gorgonia, il naufragio del cargo turco Mersa 2 sull’Isola d’Elba – ricorda Giannì – “quest’ennesimo incidente ci conferma che il Santuario oggi è indifeso. Chiediamo al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, di dare finalmente concretezza, con i suoi colleghi di Francia e Monaco/Montecarlo, al Santuario dei Cetacei che evidentemente, per ora, è solo un Santuario virtuale“, conclude Giannì.

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Incidente navi tra Corsica e Italia, Ispra: “Se meteo peggiora, recupero più difficile e il combustibile può colpire i pesci”

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