Quanto più si revocano le prestazioni di invalidità civile e quanto più vengono annullate le prestazioni dirette per malattia che l’ente fornisce, tanto più guadagneranno i medici a fine anno. In estrema sintesi questo sembra essere il messaggio che l’Inps (Istituto nazionale di previdenza sociale) ha inviato ai medici propri dipendenti.

I fatti

La determinazione presidenziale n. 24 del 13 marzo 2018 dell’Inps, firmata dal presidente Tito Boeri, è intitolata Piano della performance 2018-2020 e individua gli obiettivi da raggiungere per i dipendenti Inpsper accedere ad alcune forme integrative/aggiuntive di salario, tra i quali gli incentivi. Nell’allegato tecnico a pagina 61 nel paragrafo Obiettivi produttivi ed economico finanziari dei professionisti e medici si legge:

“In particolare, sono compresi i seguenti obiettivi per il cui raggiungimento professionisti legali e medici svolgono un ruolo decisivo: (…) per i medici:

-Vmc (visite mediche di controllo): Annullamento prestazioni dirette malattia;

– Revoche prestazioni invalidità civile;

– Azioni surrogatorie”

Il testo parla chiaro e non lascia spazio all’immaginazione, ma nulla trapela. Tutto tace fino al 18 settembre 2018 quando l’Anmi (Associazione nazionale medici Inps), nel suo comunicato numero 12, nel quale fa il resoconto di un incontro avvenuto con la dirigenza Inps proprio sui criteri per valutare la performance dei dipendenti, “contesta questi obiettivi in quanto ritiene che alcuni siano incompatibili con le norme deontologiche (revoca di prestazioni di invalidità civile)”.

Il comunicato dell’Anim sembra scivolare inosservato sui grandi mezzi di comunicazione ma passando da collega a collega arriva fra le mie mani. Il 27 settembre e il 4 ottobre dedico due puntate di 37e2, la trasmissione sulla salute che conduco a Radio Popolare, ad approfondire la vicenda. Invitiamo a intervenire in trasmissione qualcuno dei responsabili nazionali dell’Inps ma l’Ufficio pubbliche relazioni dell’Inps ci spiega che il Presidente a quell’ora è in volo e non potrà intervenire, forse ci potrà essere il direttore generale, ma poi lo stesso ufficio ci comunica che dovrà partecipare a un convegno e chiede la possibilità di registrare un intervento. La redazione di Radio Popolare assicura la disponibilità a registrare anche inviando precedentemente le domande. Ma non giunge più alcuna risposta. Silenzio assoluto.

Alle nostre domande in forma scritta risponde invece il dottor Giuseppe Fatigante, vicesegretario nazionale dell’Anmi, che conferma la loro opposizione all’utilizzo delle revoche delle prestazioni d’invalidità come indicatore numerico in grado di determinare la corresponsione ai medici della retribuzione di risultato e afferma che qualora l’indicatore venisse effettivamente applicato (ma a noi risulterebbe già in funzione) loro valuteranno l’opportunità di chiedere un parere alla Federazione nazionale degli Ordini dei medici.

Quanto descritto nulla ha a che vedere con il giusto e necessario impegno di tutti gli operatori del settore a individuare i falsi invalidi.

Le conseguenze

Non è difficile immaginare quali possano essere le conseguenze delle indicazioni fornite dalla determina presidenziale: i medici dipendenti/strutturati Inps, quando in commissione dovranno valutare il grado d’invalidità di un cittadino, avranno un loro privato interesse economico che si scontrerà con il dovere professionale di agire secondo scienza e coscienza; i 900 medici che lavorano come esterni a partita Iva, che costituiscono la grande maggioranza di coloro che stanno nelle commissioni e sui quali il dirigente medico strutturato a fine anno deve esprimere un parere, sono consapevoli che le loro decisioni contribuiranno a determinare il premio economico del loro diretto superiore.

È palese che il cittadino sottoposto a visita potrà avere sempre il dubbio che la sua condizione non sia valutata oggettivamente con un conseguente forte calo di fiducia verso l’amministrazione pubblica. Inoltre, a fine anno, il medico dipendente Inps che si è comportato in scienza e coscienza potrebbe ricevere un riconoscimento economico decisamente inferiore a quello del collega che ha dato la precedenza al suo interesse privato; e in tal caso, secondo quanto affermato in trasmissione dall’avvocato milanese Nico Cerana, potrebbe ricorrere al Giudice del lavoro contro l’Inps, sostenendo la correttezza del proprio operato e l’illegittimità della determina e del Piano quali atti presupposti dell’ingiusta valutazione che ne ha ridotto il compenso.

È utile dare un’idea delle cifre: l’Inps nel 2016 ha distribuito come bonus nel raggiungimento degli obiettivi ai propri medici strutturati 20.139.098,74 euro pari a un importo medio pagato al singolo medico di 38.879,40 euro/anno. Praticamente un secondo stipendio. Nelle stesse commissioni d’invalidità siedono “i medici di categoria” che dovrebbero tutelare gli interessi dei cittadini: sono pagati 50 euro lordi a commissione (in genere dura 4-5 ore) pari a circa 10 euro lordi all’ora, se si sottrae la ritenuta d’acconto e il versamento per la cassa Enpam si arriva a circa 7 euro/ora.

L’avvocato Cerana ritiene che quanto disposto dall’Inps, che essendo riferito al triennio 2018-2020 risulterebbe già in vigore, potrebbe addirittura rappresentare un’istigazione verso i medici a commettere un illecito, inquadrabile nel reato di falso ideologico. Chi rischia di farne le spese sono le persone con invalidità, spesso già abbandonate a se stesse da un sistema sanitario nel quale crescono, di giorno in giorno, le liste di attesa e le spinte verso il privato, per chi può permetterselo.

Sono indignato come cittadino, come medico esterno che lavora all’Inps, come “terzo genitore” di un ragazzo disabile e non credo di essere l’unico ad avere questa reazione leggendo quelle righe. Il pensare che qualcuno possa solo ritenere di essere ricompensato da una struttura dello Stato se cancella dei diritti è indecente e inaccettabile: questa determina deve essere immediatamente ritirata sia nel caso stia già funzionando, sia nel caso sia ancora in attesa di diventare operativa.

 

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Gentile Direttore,

in risposta ad articoli apparsi su Il Fatto Quotidiano online, riguardo a presunte distorsioni presenti nel sistema di misurazione e valutazione della Performance dei medici dell’Istituto, si precisa quanto segue.

Un recente pronunciamento del Consiglio di Stato ha previsto la necessità di garantire l’autonomia dell’attività professionale. Tale autonomia ha indotto ad adottare verso i professionisti del Coordinamento medico legale dell’Istituto meccanismi di valutazione della performance analoghi a quelli già in uso per le altre strutture dell’INPS.
Per questo, il Piano della performance del 2018 ha previsto che la retribuzione accessoria dei medici dell’Istituto, da quest’anno, contenga anche, ma ovviamente non solo, una valutazione sul contributo alla riduzione del debito pubblico, come quello previsto per i dirigenti dell’istituto e i professionisti legali.
Nel caso dei medici, tra i molteplici indicatori che valutano la loro attività, gli indicatori economico-finanziari considerano nello specifico gli effetti finanziari collegati alle attività relative alle “Revoche Prestazioni invalidità civile”, “Visite mediche di controllo”, “Azioni Surrogatorie”. Si noti che tale indicatore incide per mediamente il 6,7% della sola retribuzione accessoria.

L’obiettivo di questi incentivi è duplice. Da un lato, si vuole spingere il personale medico a contribuire, grazie alle sue competenze, a meglio identificare quali sono gli utenti che è più probabile vedano un mutamento in positivo della loro condizione di salute. Nel caso dell’invalidità civile, per fare questo il medico legale può, ad esempio, prevedere una revisione più frequente dell’invalidità rispetto allo standard previsto dalla legge.
Inoltre questo indicatore vuole rappresentare una leva gestionale per migliorare l’efficienza delle attività di revisione delle prestazioni legate all’invalidità civile attraverso una migliore programmazione delle visite allo scopo di effettuarle prima della scadenza della prestazione ed evitare il pagamento di mensilità indebite.
E’ evidente, quindi, la stretta correlazione tra numero di visite ed effetto finanziario conseguente. Negli scorsi anni si è infatti notato come l’aumento del numero di revoche in una data regione sia spesso accompagnato ad una maggiore efficienza delle visite (più visite svolte in un dato giorno).

Importante precisare che la performance relativa alle revoche è valutata a livello regionale. Ciò significa che concorrono quindi al risultato tutti i medici della regione. Per questo riesce arduo immaginare che un singolo professionista possa incidere sul risultato finale della retribuzione attesa, vista tra l’altro la bassa incidenza dell’indicatore in questione sulla performance complessiva.

Non c’è pertanto “un privato interesse economico che si scontra con il dovere professionale di agire secondo scienza e coscienza”. C’è invece un incentivo collettivo a essere più efficienti e scrupolosi nei giudizi medici e, soprattutto, nelle valutazioni relative al possibile mutamento della malattia che potrebbero comportare un miglioramento più rapido rispetto ai tempi standard previsti per legge e, pertanto, potrebbe tradursi in un risparmio per l’INPS e quindi per la collettività. Troviamo, infine, fortemente lesiva della professionalità dei medici Inps l’insinuazione secondo cui reagirebbero a questi incentivi non rispettando il codice deontologico, che ha da sempre ispirato ogni giudizio medico legale dell’istituto. Di questo comportamento rispondono alla giustizia penale e civile e allo stesso Ordine dei Medici da cui non abbiamo mai avuto segnalazioni di comportamenti non corretti.

LA NOSTRA RISPOSTA
Ringraziamo l’ente per la precisazione che non smentisce nulla di quanto scritto.  La scelta di premiare i medici che tagliano le prestazioni è stata prontamente condannata dall’Ordine dei Medici e da diverse associazioni di invalidi che l’hanno bollata come “dirompente” e “inaccettabile”. Poco conta, allora, se al fondo ha ragioni economiche, organizzative o di altro genere, neppure che il quantum dell’incentivo promesso sarà modesto o come venga distribuito tra i medici: il punto è che il medico non può essere premiato per i “risparmi” che fa conseguire all’ente, meno che mai sulla pelle dei cittadini.
Articolo Precedente

Csm, Finocchiaro chiede di andare in pensione da magistrato. Bonafede non l’aveva voluta al ministero

next
Articolo Successivo

Marina d’Arechi, Italia Nostra: “Progetto stravolto. E società ha assunto figlia del dirigente che firmò la concessione”

next