E’ accaduto il 7 ottobre scorso a Taranto. Un uomo, Luigi Trovatello, si reca a casa della propria madre dove vivono i suoi figli, di 6 e di 14 anni, accoltella il figlio maggiore al collo eppoi afferra la più piccola e la scaraventa giù dal balcone del terzo piano. La bambina è in coma e lotta tra la vita e la morte. Tutto questo non è accaduto per caso, per raptus, per fatalità ma è accaduto perché qualcosa nel sistema di protezione dei minori non ha funzionato.

Luigi Trovatello era separato dalla moglie, era stato condannato per lesioni e maltrattamenti e, così hanno riferito articoli di cronaca, era decaduto dalla responsabilità genitoriale. Ha consumato una vendetta contro la ex moglie dopo una storia di maltrattamenti e violenze. L’uccisione o il ferimento dei figli come atto di ritorsione contro la ex moglie non è un evento eccezionale: lo scorso febbraio Luigi Capasso ha ucciso le figlie dopo aver ferito gravemente la moglie che si voleva separare per tutelarsi dalle sue violenze. Ho già ricordato in passato Federico Barakat e  i fratelli Andrea e Davide Iacovone che sono stati uccisi nonostante fosse evidente la violenza dei loro padri ai quali sono stati consegnati.

Lo scorso mese di settembre, Niccolò Patriarchi ha accoltellato il figlio di pochi mesi mentre era in braccio alla madre. Nel 2016 Luigi Alfarano ha ucciso la ex moglie ed ha sparato al figlio di quattro anni, il 21 maggio scorso Fausto Filippone dopo aver assassinato la moglie, ha gettato la figlia Ludovica, di 7 anni, da un viadotto. Punire una donna uccidendone i figli è la peggiore delle vendette e quando sono i padri biologici ad assassinare o a ferire i propri figli non dobbiamo pensare a raptus o follia come purtroppo continuiamo a leggere sulla cronaca ma ad un atto estremo commesso da chi percepisce quei figli come appendice della madre e non come figli propri.

Recentemente ho incontrato l’avvocata di un centro antiviolenza che mi ha raccontato di essere stata aggredita verbalmente da un uomo che maltrattava la moglie. Quando l’ha inviato a smettere di perseguitare la ex e ad occuparsi delle sue bambine ha risposto seccamente: “E che me ne faccio delle figlie senza la madre?”. Nel film L’affido – Una storia di violenza per la regia di Xavier Legrand, è magistralmente narrata la storia di un maltrattamento familiare dove l’interesse alla frequentazione del figlio da parte di un uomo violento è finalizzata solo al controllo dell’ex moglie per continuare a vessarla e ad intromettersi nella sua vita. Oggi conosciamo il fenomeno della violenza contro le donne, l’insistenza del fenomeno, i dati, le caratteristiche di cui fa parte anche l’uccisione dei figli come atto di ritorsione per la fine di una relazione.

Le domande che dobbiamo farci dopo la terribile vicenda di Taranto sono quelle che si è posta ieri la giornalista Luisa Betti su DonneXDiritti: “Perché quest’uomo, che aveva precedenti per maltrattamenti e quindi era, come si può dedurre facilmente, un offender, aveva la possibilità di frequentazione dei figli? E perché questi bambini erano collocati presso la nonna paterna dove l’uomo era tranquillamente a casa sua? E infine perché quest’uomo non aveva un provvedimento di allontanamento vista la sua pericolosità?”. Tutto questo avviene perché c’è una lacuna nel sistema di protezione e tutela di minori e donne vittime di violenza soprattutto quando si misconosce la violenza, non si hanno strumenti per misurare la pericolosità dei violenti e si confonde la violenza col conflitto.

Oggi, con le attuali leggi, possiamo parlare di una lacuna del sistema da colmare tutelando i bambini e le bambine ma se dovesse passare il disegno di legge a firma del senatore Simone Pillon gli autori di violenze (padri o madri che siano) avrebbero il diritto di frequentare i figli anche nel caso di perdita dell’affido per violenza. Il giudice civile, infatti, scrive Andrea Coffari presidente del Movimento per l’Infanzia, “non potrà valutare eventuali denunce, elementi obiettivi, dichiarazioni del minore, rinvii a giudizio, condanne ancora non definitive, comportamenti inadeguati, aggressivi, minacciosi del genitore violento o abusante finché questi, dopo lunghi anni di processi penali, non verrà definitivamente condannato”. Ma anche in caso di perdita dell’affido, genitori inadeguati o violenti potrebbero rivendicare il diritto di frequentare con i figli. Che ne sarebbe delle tutele a cui i bambini hanno diritto?

Non possiamo permettere che un disegno di legge che vìola la Convenzione di Istanbul e scavalca con spregiudicatezza il sistema di tutela di minori vittime di violenza anche di quella assistita, divenga legge. Due giorni fa, Luigi Trovatello ha potuto entrare in casa della madre, ferire il figlio e lanciare la sua bambina di sei anni dalla finestra perché qualcosa non ha funzionato nel sistema di tutela ma oggi possiamo pretendere dalle istituzioni che non si ripetano mai più casi come quello di Taranto e padri o madri violente siano messi nella condizione di non nuocere ai figli.

Se il ddl Pillon dovesse diventare legge, genitori che hanno commesso maltrattamenti e violenze potrebbero vantare il diritto di avvicinare e frequentare i loro figli. Nonostante tutto.

@nadiesdaa

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