La Open Society, la ong fondata e finanziata dal miliardario statunitense di origini ungheresi, George Soros, ha presentato istanza davanti alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo e alla Corte Costituzionale dell’Ungheria per contestare le leggi del governo guidato da Viktor Orbán che introducono controlli più stringenti e provvedimenti più severi nei confronti delle organizzazioni non governative che assistono migranti e richiedenti asilo nel Paese.

La decisione dei vertici dell’organizzazione è legata soprattutto alla cosiddetta legge “Stop Soros” adottata dall’esecutivo di Budapest nel giugno scorso e che è già costata al governo un deferimento alla Corte di Giustizia europea da parte della Commissione Ue. In un comunicato, l’organizzazione spiega di aver agito per “difendere la democrazia ungherese” e chiede l’abrogazione della legge: “C’è solo una cosa che questa legge fermerà, è la democrazia”, ha affermato Patrick Gaspard, presidente della fondazione.

Tra i provvedimenti inseriti nella legge, c’è quello che prevede fino a un anno di carcere per chiunque sia ritenuto colpevole di favorire l’immigrazione irregolare in territorio ungherese. Un’accusa rivolta più volte alla Open Society colpevole, secondo Budapest, di aver offerto ai migranti appoggio logistico e informazioni sui percorsi più sicuri per attraversare il confine ungherese durante la grande ondata che ha coinvolto la rotta balcanica a partire dal 2015. La legge voluta dall’attuale esecutivo prevede anche una tassa del 25% sulle donazioni ricevute dalle organizzazioni che il governo ritiene favoriscano l’immigrazione illegale.

Secondo l’avvocato della fondazione, Daniela Ikawa, queste misure “infrangono le garanzie di libertà di espressione e associazione contenute nella Convenzione europea dei Diritti Umani e devono quindi essere abrogate”. Inoltre, espongono “una vasta gamma di attività legittime al rischio di azioni penali”. La fondazione, ad agosto, ha deciso di trasferire la propria sede regionale da Budapest a Berlino, citando le politiche “repressive” del governo nazionalista del premier Viktor Orban.

I provvedimenti previsti dalla cosiddetta “Stop Soros” sono stati giudicati gravi minacce allo Stato di diritto dalla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo, prima, e dalla stessa plenaria, dopo, nel voto del 12 settembre scorso. Tra i provvedimenti presi in esame dall’organo legislativo europeo, anche quello che espone a rischio di chiusura la Central European University fondata dallo stesso Soros.

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