Per l’incendio divampato nel primo pomeriggio del 25 luglio in un deposito di riciclaggio di rifiuti a Caivano, Napoli, non si esclude il dolo. Sul maxi-rogo della zona industriale di Pascarola che ha mandato in fumo un ingente quantitativo di carta e plastica da imballaggio e ha intossicato un operaio cingalese, per ora l’ipotesi è di incendio colposo. Troppo complicato definire in poco tempo se sia stato appiccato volontariamente e capire l’origine di un rogo così esteso, che potrebbe aver cancellato tracce di eventuali inneschi. Così gli inquirenti restano cauti sul fascicolo aperto dalla Procura di Napoli Nord. Ma sull’incendio che ha devastato a Caivano, in piena Terra dei Fuochi, è possibile possano pendere altri titoli di reato. Dal dolo al disastro ambientale, considerando anche la densa nube nera sprigionatasi dalla combustione ha interessato una decina di comuni tra il Napoletano e il Casertano.

Per avere la certezza e procedere per dolo, bisogna attendere. Gli inquirenti – il procuratore Francesco Greco e l’aggiunto Domenico Airoma con i sostituti Fabio Sozio e Patrizia Dongiacomo – aspettano gli esiti degli accertamenti dei vigili del fuoco di Napoli prima procedere oltre. Ma qualche piccolo indizio sul fatto che dietro il rogo di due giorni fa – che ha interessato l’azienda Di Gennaro spa – possa esserci la mano dell’uomo, già esiste. Ad esempio, particolare attenzione viene posta sull’origine delle fiamme sviluppatesi all’interno dell’azienda. Anche se resta difficile capire l’origine di un rogo così esteso, che potrebbe aver cancellato le tracce di eventuali inneschi. I carabinieri stanno acquisendo le immagini delle telecamere interne all’azienda che potrebbero aver ripreso immagini utili all’accertamento.

Sul territorio la popolazione è preoccupata. Ancora vivo è il ricordo del maxi rogo di rifiuti avvenuto nel luglio 2017 all’azienda Ilside di Bellona, nel Casertano, dove andarono a fuoco centinaia di tonnellate di immondizia, tra cui rifiuti, e materiale tossico. Anche in questo caso, il dolo non è mai stato escluso ma neanche riscontrato con elementi certi, nonostante l’Ilside fosse già stata colpita da un rogo simile nel 2012.

In molti puntano il dito anche sulla lentezza nel rimuovere i rifiuti, che hanno continuato a emettere fumarole poiché ricchi di materiale organico. A Caivano protestano gli attivisti di Stop Biocidio, che chiedono di aver chiarezza sui dati relativi al livello di inquinamento. “Vogliamo conoscere con certezza quali sono i rischi cui andiamo incontro – dice Enzo Tosti – stiamo continuando a respirare aria tossica e ci dicono che dobbiamo stare in casa e non usare i condizionatori. Come si fa, con il caldo che c’è? L’Arpac dia i dati reali, invece di fare comunicati che vorrebbero far stare tranquille le persone e invece ottengono l’effetto contrario”.

All’indomani dell’incendio l’Azienda regionale per la protezione ambientale della Campania, rendeva noto che “nell’area interessata dall’incendio” sviluppato presso la ditta di recupero rifiuti Di Gennaro Spa, “i dati elaborati non mostrano superamenti dei valori limite per le concentrazioni di inquinanti atmosferici”. Ad oggi, 27 luglio,  sui dati relativi a polveri sottili, biossido di azoto, CO e Benzene “i valori misurati rientrano nella norma e non si notano picchi significativi”, si legge sul sito Arpac. Continuano, inoltre, a Caivano Pascarola e a Marcianise presso il Centro Commerciale Campania, i campionamenti dell’aria per le misure delle diossine,  i risultati si avranno all’inizio della prossima settimana.

 

Articolo Precedente

Calenzano, niente carcere per il prete sorpreso in auto con bimba di 10 anni: il gip ha disposto i domiciliari

next
Articolo Successivo

Migranti, dal cibo scaduto al Cas senza fogne: l’odissea dei 31 richiedenti asilo sgomberati dai centri-vergogna di Fondi

next