I “violenti dirottatori” devono scendere “in manette“, se “aggressione c’è stata” devono “finire in galera“, e poi ancora la richiesta che “le indagini spieghino agli italiani cosa è accaduto”. È il glossario di Matteo Salvini sul caso della nave Diciotti, sbarcata giovedì sera a Trapani. “Basta interferenze“, risponde ora l’Associazione nazionale magistrati per bocca del presidente Francesco Minisci che definisce in contrasto con l’indipendenza della magistratura “ogni richiesta di adozione di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, da chiunque provenga”. Tanto che sulla vicenda deve intervenire anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: “I magistrati lavorano in piena indipendenza ed autonomia rispetto al potere politico: voglio rassicurare tutti”. Un monito al ministro dell’Interno arriva anche da Piercamillo Davigo, fresco di elezione al Csm, che intervistato dal Fatto Quotidiano dice: “La Costituzione della Repubblica riserva le decisioni sulla libertà personale all’Autorità giudiziaria, anche per la convalida degli arresti. Escludo che un ministro possa dare ordini alla magistratura“.

“Salvini ha espresso il suo parere, voleva dire che se qualcuno ha sbagliato deve pagare, ma i fatti parlano chiaro e lo stanno dimostrando proprio con il caso Diciotti”, ha spiegato il Guardasigilli. Diverse le parole di Minisci: “Seguiamo con grande attenzione i possibili risvolti giudiziari connessi alla vicenda della nave Diciotti e chiediamo che il lavoro dei magistrati della procura di Trapani venga lasciato proseguire senza interferenze”. Per questo motivo, spiega il presidente dell’Anm, “ogni richiesta di adozione di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, da chiunque provenga, risulta ingiustificata e non in linea con i principi di autonomia e indipendenza fissati dalla Costituzione, cui tutti devono attenersi”. Un fastidio per quella che viene ritenuta un’ingerenza del Viminale e di Salvini in prerogative che sono proprie della magistratura, portata avanti con parole che, secondo fonti parlamentari riportate dall’agenzia Ansa, poco hanno fatto piacere anche al Quirinale, poi intervenuto con l’autorizzazione di Sergio Mattarella allo sbarco.

“Ogni interferenza nelle valutazioni autonome che, nel rispetto delle garanzie poste della Costituzione e dalla legge, spettano all’autorità giudiziaria circa la sussistenza o meno dei reati e l’adozione di provvedimenti restrittivi segna un passo indietro nello stato di diritto democratico“, avverte anche Riccardo De Vito, presidente di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe. Anche se il primo a criticare il vicepremier leghista era stato già giovedì mattina il sindaco di Trapani, Giacomo Tranchida: “L’eventuale privazione della libertà personale la dispone la magistratura in caso di violazioni di leggi italiane e non certo Salvini con un tweet“.

Il binario parallelo tra le dichiarazioni di Salvini e l’attività della procura di Trapani comincia dopo il trasferimento dei 67 migranti salvati in mare dalla Vos Thalassa alla nave Diciotti della Guardia costiera italiana. Un trasbordo richiesto dal rimorchiatore italiano per una situazione di “grave pericolo” per l’equipaggio. E’ qui che il ministro dell’Interno parla di “violenti dirottatori che dovranno scendere dalla nave Diciotti in manette“. Cosa è successo esattamente sulla Vos Thalassa però non è chiaro. “La situazione è stata pesantemente ingigantita. Non ci sono state insurrezioni né pestaggi“, spiega il 13 luglio intervistato da La Verità Cristiano Vattuone, responsabile tecnico della Vroon Offshore service Srl, la società proprietaria del rimorchiatore. “Non c’è stato nessun ammutinamento“, chiarisce.

Intanto comincia il lavoro di Polizia e Sco: vengono ascoltati il comandante e l’equipaggio per stabilire l’entità delle minacce fatte da alcuni dei migranti dopo che si erano accorti che stavano per dirigersi verso la Libia. Vengono acquisite mail e testi di messaggi che si sono scambiati in quei frangenti la Vos Thalassa e la società che la gestisce e le successive informazioni fornite al comando generale della Capitaneria di porto italiana. Il procuratore capo Alfredo Morvillo prima di prendere provvedimenti aspetta di aver ricevuto l’informativa e anche l’attracco nel porto di Trapani della Diciotti: fino a quel momento infatti non ha competenza in base alla legge. Nel frattempo Salvini parla da Innsbruck: “Finché non c’è chiarezza su quanto accaduto io non autorizzo nessuno a scendere dalla Diciotti: se qualcuno lo fa al mio posto se ne assumerà la responsabilità“, minaccia. “O hanno mentito gli armatori – continua – denunciando aggressioni che non ci sono state e allora devono pagare o l’aggressione c’è stata e allora i responsabili devono andare in galera”.

Poi è il Colle a “sbloccare la situazione”, per usare le parole di Luigi Di Maio, a far scendere i 67 migranti. I primi a mettere piede sul molo del porto di Trapani, scortati da uomini della Digos, sono i due indagati in stato di libertà per violenza privata continuata ed aggravata in danno del comandante e dell’equipaggio del rimorchiatore. Sono il sudanese Ibrahim Bushara e il ghanese Hamid Ibrahim. Nel frattempo infatti la Procura di Trapani ha ricevuto l’informativa consegnata dallo Sco sui presunti scontri avvenuti a bordo della Vos Thalassa prima del trasferimento sulla Diciotti e ha deciso la non esecuzione di una misura cautelare. Dal Viminale arriva “rammarico” per la scelta della Procura sulla Diciotti.

“L’unica cosa che mi farebbe arrabbiare è che tutti gli sbarcati della Diciotti finissero a piede libero, qualcuno deve pagare, ci deve esser certezza della pena. Mi auguro la procura faccia in fretta, non può finire a tarallucci e vino“, dice nuovamente venerdì mattina Salvini. “Prima di piazzare in albergo a 35 euro al giorno personaggi che hanno aggredito marinai volevo che le indagini spiegassero agli italiani cosa è accaduto”. “Andrò fino in fondo fino a quando qualcuno non verrà assicurato alla giustizia“, aggiunge il vicepremier leghista. Parole che scatenano la reazione della Anm, mentre la squadra mobile della Questura, lo Sco della polizia di Roma e i militari del Nsi della guardia costiera sono già al lavoro con i primi interrogatori dei 67 migranti.

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