Il 14 maggio scorso è stato arrestato per corruzione. Dieci giorni dopo, dai domiciliari, è finito in cella perché, come aveva scritto il gip di Caltanissetta, “si barricava in casa per quasi due ore, non aprendo ai poliziotti e distruggendo documenti e circa ventiquattro pen drive”. L’imprenditore Antonello Montante, ex numero uno di Confindustria Sicilia e considerato un paladino dell’antimafia, è decaduto ufficialmente da presidente della Camera di Commercio nissena quando, lo scorso 30 maggio, ci sono state le dimissioni di cinque consiglieri. L’ente, a quel punto, è stato commissariato dalla Regione e ora è nelle mani del magistrato Gioacchino Natoli.
Tuttavia, come ha ricostruito il quotidiano La Sicilia, Montante è rimasto a capo di Unioncamere Sicilia (quando si dava per scontato che fosse decaduto). La spiegazione risiede in una modifica dello statuto di Unioncamere, disposta lo scorso marzo degli organi regionali, grazie alla quale il presidente, pur perdendo la carica provinciale, può completare il mandato regionale.
Montante, abbondantemente scaduto il primo mandato, il 19 aprile 2016 vista l’indisponibilità degli altri presidenti, fu riconfermato fino al completamento del processo di fusione degli enti siciliani.
La Sicilia cita una nota del segretario generale di Unioncamere nazionale, Giuseppe Tripoli, agli associati siciliani. Oltre a una serie di rilievi (fra cui l’eleggibilità dei componenti degli organi per quattro mandati consecutivi, che “non è affatto in linea con gli indirizzi nazionali che fissano il limite a due mandati”), Tripoli entra di fatto nel merito della situazione di Montante affermando che “tutto il sistema nazionale è costruito intorno alla figura del presidente camerale e, a regime, anche i presidenti delle unioni regionali devono essere presidenti camerali“.
Il Fatto.it ha tentato di contattare l’ufficio stampa della Camera di Commercio. La risposta è stata: “Il personale che si occupa di comunicazione lavora sempre il lunedì, ma non oggi“.
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