“L’Italia è sul punto di far insediare il governo più anticonvenzionale e inesperto alla guida di una democrazia occidentale europea sin dal Trattato fondatore dell’Ue di Roma del 1957“. Comincia così l’editoriale pubblicato dal Financial Times, che attacca il possibile nuovo esecutivo a guida Movimento 5 stelle e Lega. E paragona i due schieramenti ai Visigoti di Alarico che hanno compiuto il sacco di Roma nel 410, con la differenza che oggi “i barbari non si stanno ammassando alle porte di Roma. Sono già dentro la città”. Questo per colpa dei “partiti politici principali”, che devono solo “accusare se stessi” dopo vent’anni di “stagnazione economica e riforme sconsiderate“. Ma il quotidiano finanziario britannico non è l’unico a commentare le vicende politiche italiane.

“Roma nel 2018 non è Roma nel 410”, riconosce il Financial Times. “I due partiti godono di una indiscutibile legittimità democratica, avendo vinto le elezioni. È giusto che abbiano l’opportunità di governare l’Italia”. Escluderli dal potere “non sarebbe un passo degno per una democrazia matura”. Cioè non toglie che i contenuti del contratto “per il governo del cambiamento” in via di definizione in queste ore siano, secondo il quotidiano, preoccupanti. “I due partiti sono eccessivamente russofili“, si legge nell’editoriale, “dal momento che si oppongono alle sanzioni imposte dall’Ue a Mosca dopo l’annessione della Crimea“. La Lega, poi, “è a favore di deportazioni su larga scala di migranti illegali“.

Ma a impensierire il Financial Times sono anche – e soprattutto – le proposte economiche dell’esecutivo giallo-verde. Dal reddito di cittadinanza alla flat tax, fino alla modifica della legge Fornero sulle pensioni, “il costo di queste iniziative sarebbe di decine di miliardi di euro“. Una spesa che Di Maio e Salvini vorrebbero coprire con proposte “che colpiscono per quanto siano vecchie”, scrivono i giornalisti. “Come risultato, il governo M5s-Lega potrebbe ritrovarsi in conflitto con le ortodossie fiscali di altri governi Ue e della Commissione europea“. In chiusura, il Financial Times si augura che i problemi più grandi dell’Italia (“l’assenza di una crescita economica e le insufficienti riforme istituzionali”) siano affrontati in modo costruttivo dall’Unione europea con il futuro governo del Paese, “anche se questo significa assecondare la retorica iconoclasta dei 5 stelle e della Lega”.

Il quotidiano francese Liberation, invece, in un articolo dal titolo “Cinque Stelle-Lega, il contratto delle diffidenze“, evidenzia i contrasti “fra i populisti e l’estrema destra” sia per quanto riguarda i programmi, sia per le nomine del nuovo esecutivo. Un progetto che, se portato a termine, “intralcerebbe i progetti di riforma della zona euro di Emmanuel Macron“. A scriverlo è la testata economica Le echos, secondo cui il “dossier più scottante” è quello dei migranti. Ma a mettere una pietra tombale sull’esecutivo giallo-verde è il tedesco Die Welt, che scrive: “Dopo il fallimento della Costituzione Ue, la crisi dell’euro, il fallimento sulla crisi dei rifugiati, la Brexit e la ribellione dei Paesi del gruppo Visegrad, un governo populista in Italia sarebbe il sesto colpo alle fondamenta dell’Ue. Potrebbe essere mortale“. Fuori dal coro il britannico Telegraph: “Sentiremo molte cose su come i mercati stiano per punire l’Italia per la sua incoscienza e di come gli investitori lo eviteranno come la peste”. In realtà, sostiene il commentatore del quotidiano, “mentre alcune delle proposte della coalizione sono fuori di testa, altre sono invece piuttosto buone”. È il caso della flat tax al 15 per cento, giudicata “uno degli esperimenti più coraggiosi nella riforma del fisco che le principali economie abbiano mai messo in campo”: Al contrario, il reddito di cittadinanza proposto dai Cinque stelle è una “pessima idea“.

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