Fioccano campagne e spot sulla sicurezza stradale rivolti a pedoni e ciclisti – utenti deboli, non inquinanti, non ingombranti della strada – come se fossero loro i primi responsabili del caos stradale e degli incidenti. Non importa se i dati dimostrano il contrario: secondo Safety in numbers, raddoppiando il numero di ciclisti si riduce del 34% il rischio di incidenti per km mentre se questi si dimezzano il rischio aumenta del 52%. Ma questo è il moralismo che piace alla polizia stradale, al ministero dei Trasporti, ai costruttori di strade e alle industrie automobilistiche perché non tocca il vero responsabile dell’incidentalità: il traffico delle auto.

A febbraio sette associazioni hanno diffidato il ministero dei Trasporti, il ministero dell’Interno, la Federazione ciclistica italiana e la Fondazione Aina perché si interrompa la trasmissione della campagna pubblicitaria “Sicuri in bicicletta. Nello spot si vedono “bravi” ciclisti – con caschi e tute apposite – e “cattivi” ciclisti come il ragazzino che va a scuola da solo, vestito in modo normale e senza casco. Oltre a far passare informazioni non veritiere (il casco per bambini e ragazzini viene presentato come obbligatorio, cosa che non è) questo spot non incentiva affatto la mobilità sostenibile in ambito urbano ed è in contrasto con lo spirito della nuova legge quadro sulla mobilità ciclistica.

Secondo varie ricerche, laddove il casco è stato reso obbligatorio o sono state fatte campagne di sicurezza incentrate sullo spaventare i potenziali utenti è calato l’uso della bici tra gli scolari, è aumentato il traffico di auto e di conseguenza è aumentata la pericolosità delle strade. I dati parlano chiaro: “l’80% degli incidenti ai ciclisti è causato da un’auto e il 70% di questi ha esiti che nessun casco avrebbe evitato”.

Un altro esempio: i vigili urbani di Faenza stanno tappezzando la città con 120 cartelli che “educano” ciclisti e pedoni. E così su ogni strada fioccano cartelli che ti ricordano (semmai te lo fossi dimenticato) che “non devi andare in bici sotto i portici”, “non devi camminare/correre/pedalare con gli auricolari“, “non devi portare in bici gli amici“, “non devi attraversare le strisce in sella”, “non devi andare sui sensi unici contromano“. Viene da pensare ad un ultimo cartello “Vai in auto che fai prima”.

Un’operazione di moralismo confusionario, che anche qui mischia infrazioni del codice della strada a semplici raccomandazioni non obbligatorie.

Siamo infatti proprio sicuri che è obbligatorio scendere sempre dalla bici sulle strisce? Secondo un parere del ministero dei Trasporti, “(in presenza di intersezione semaforizzata pedonale) o anche in assenza di semaforo, i ciclisti possono attraversare in sella alla bicicletta” sempre con la massima prudenza e solo se non si reca intralcio ai pedoni. Altro cartello poco chiaro è quello relativo ai pedoni sulle strisce con cuffia e auricolare. Non mi risulta che esista un divieto di camminare o correre con cuffie e auricolari.  Rispetto ai sensi unici, ricordiamo che il senso unico eccetto bici è una pratica molto diffusa in Europa e anche in vari comuni italiani.

Nel commentare l’iniziativa, i luoghi comuni si sprecano e tutto si riconduce alla “distrazione” di chi va a piedi o in bici. Non importa se sei stato falciato sulle strisce pedonali o steso da un Suv in retromarcia. In fondo è sempre colpa tua: se fossi stato più attento, se fossi stato più visibile, se fossi stato più protetto magari non saresti morto. Altro che città a misura di bambini, altro che comunità educante, altro che urbanistica che si fa educazione, la maggior parte delle città italiane sono mortiferi autodromi, i cortili scolastici sono ostaggio delle auto, i marciapiedi dissestati e invasi dalle auto in sosta, le rastrelliere mancanti o in numero insufficiente, le piste ciclabili che finiscono nel nulla.

Per questo Fiab Faenza chiede ciclabili collegate, tragitti casa-scuola sicuri, zone 30 in tutto il centro urbano, zone pedonali più estese. E oltre ai cartelli che educano le bici, cartelli che educano le auto: “Non parcheggiare sui marciapiedi/ciclabili”, “Non sostare col motore acceso”, “Se sorpassi una bici mantieni la distanza di almeno 1 metro e mezzo” e poi fittoni e fioriere a protezione dei marciapiedi davanti scuole e supermercati per impedire alle auto di parcheggiarci sopra. E perché no, cartelli che incentivano a spostarsi in bici.

Non fa mai male ricordare che – come riporta il rapporto della regione Emilia-Romagna– “muoversi in bicicletta o a piedi anziché utilizzare l’automobile, in Emilia-Romagna, ha evitato l’emissione di 319.600 tonnellate di Co2 all’anno e una riduzione stimata di mortalità del 12% (bicicletta) e del 9% (piedi), per un risparmio complessivo di 559 decessi annui”.

Anche per dire questo ci ritroveremo il 28 aprile tutti a Roma per la Bicifestazione!

Articolo Successivo

Telecamere nei macelli per legge: la proposta di Legambiente, CIWF Italia e Animal Law al Parlamento

next