C’è un quadrante del globo che sta assumendo un’importanza tanto strategica quanto indifferente al governo italiano: il Mediterraneo orientale, dove si sta giocando una partita delicatissima che, tra idrocarburi, geopolitica e nuovi confini di business, ridisegnerà la mappa del potere nel mare nostrum. Una gara che la Turchia sta giocando senza regole, un po’come quei pirati saraceni che secoli fa facevano razzie in tutto il Mediterraneo.

Ankara sta diventando una potenza regionale nel silenzio colposo e incosciente del vecchio continente, lady Pesc in primis. Le minacce di speronamento alla nave dell’Eni sono solo la punta dell’iceberg a dimostrazione di come Roma, stando a quanto scritto persino dalla stampa cipriota, sia vista come un’entità astratta, lontana e che sceglie la fuga piuttosto che il confronto.

Non solo la nave Saipem 12000 ha dovuto cambiare i suoi piani, ma di fatto con quella ritirata si è celebrata ufficialmente la morte di leggi e trattati internazionali che in quel fazzoletto di acque semplicmeente non valgono per tutti. Il silenzio della Nato è un altro aspetto su cui riflettere: la posizione ibrida di Erdogan, con un piede nell’alleanza atlantica e con l’altro in direzione opposta, non facilita la scomposizione del puzzle creatosi a largo di Cipro. E proprio Cipro, con la parte nord ancora occupata da 50mila militari turchi dal 1974, è il classico esempio di dossier su cui l’Ue ha voltato la testa dall’altro lato: e oggi giungono i frutti avvelenati di quella politica sbagliata.

Erdogan sta giocando, dicevamo, senza regole. Lo dimostrano i notevoli passi in avanti che sta facendo da quando l’Italia ha interrotto i suoi rapporti con Il Cairo per il caso Regeni. Quella tragedia ha aperto un’autostrada ad Ankara che si è infilata in quel pertugio e da quel momento ha iniziato a macinare chilometri e accordi. L’ultimo in ordine di tempo verte un nuovo polo petrolchimico che realizzerà nell’Egeo orientale, mentre in Italia si discute ancora su Tap sì e Tap no.

Ieri l’utimo atto: una nave esploratrice di Exxon Mobil in rotta verso il Blocco 10 della Zee di Cipro è stata avvistata da Ankara che ne ha inviato una propria. Ma a differenza della Saipem, quella della Exxon è scortata da una flotta d’assalto anfibio Usa con 2500 Marines e tre fregate. Nel mezzo le minacce di attacco alla Grecia con un consigliere di Erdogan che ha dichiarato di “voler spezzare braccia e gambe ai militari greci che dovessero avvicinarsi all’atollo di Imia”, conteso da anni su cui vige il totale disprezzo che Erdogan ha per i trattati, come quello di Losanna che nel 1923 definì i confini dell’Egeo.

Attendere ancora e non occuparsi del dossier turco, equivarrebbe a innescare il detonatore di un ordigno di proporzioni macroscopiche che esploderebbe, non senza conseguenze, a poche miglia nautiche da casa nostra.

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