Cultura

Prima della Scala, con la Buy e senza la Marini: ecco la normalizzazione del foyer. E la politica? Fugge da dietro

L'inaugurazione della stagione del Piermarini decreta la fine della grandeur renziana, con il passaggio da un posto segreto della sottosegretaria Boschi, ma vive anche pochi sussulti, dove il salone principale del teatro diventa territorio soprattutto dei banchieri

di Diego Pretini

“Vai, vai, vai, vai!” urla il poliziotto in borghese all’autista del Suv che ha appena terminato l’operazione di scarico del Confa. Ma calmati, gli dice un collega ricordandogli che non è un posteggio di Pozzuoli. Il parcheggiatore della Digos è l’unico eccitato: alla Prima della Scala – apriti cielo – si parla più dei personaggi sul palco che non alle figurine che si dimenano nel foyer. Sembra esaurita la maionese montata con ministri all’Agricoltura, architetti melomani, direttori generali e ragazze cin-cin con una spruzzata di finanzieri a piacere. La Prima ha la faccia di Franco Bassanini che entra come se ancora avesse negli occhi la coperta lasciata sul divano di casa mentre la moglie vicepresidente del Senato lo anticipa di due metri e procede a passo di carica, con orecchini-totem e autostima a palla. “Oh, c’è anche la Gregoraci” spera uno al centro del foyer. Macché, è Lavinia Biagiotti, la figlia di Laura, e dice cose molto belle e non dice sfondoni.

E’ la normalizzazione della Prima. Gira gira gira con la sua solita sciarpona bianca Michele Vietti, ex tante cose, perfino vicepresidente del Csm: quando chiedono l’ennesima intervista a Enzo Miccio non si trattiene più e scongiura la moglie: “Scusa, ma questo chi è?”. Non ci sono più nemmeno i direttori del Sole24Ore di una volta: Guido Gentili quasi non si vede, Roberto Napoletano quando entrava a teatro sembrava che aspettasse di essere accompagnato di una fila di trombettieri di Carlo Magno.

Su, su, ricominciamo a ballare la gavotta, dice sul palco la contessa dell’Andrea Chénier dopo che i giacobini sono stati lì lì per portarle via la casa, il cascinale, la mucca, il violino, la scatola di cachi, la radio a transistor e i dischi di Little Tony. A spalancare la porta del villone è stato il servo che fino a poco prima le spicciava casa e invece ora gliene aveva dette di ogni, l’ingrato. Eppure la contessa niente, si raccomanda: su, su, ricominciamo a ballare ‘sta gavotta ché ce l’hanno interrotta. La politica potrebbe specchiarsi ma non lo fa. Avevano spalancato anche la porta di Palazzo Chigi, esattamente un anno fa, dopo il referendum. La grandeur renziana di qualche anno fa proprio alla Prima della Scala è ridotta al passaggio da un ingresso laterale della sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, anche se Ghizzoni stasera non c’è. E’ la Prima di un tempo sospeso, in attesa, senza punti di riferimento. Nel frattempo: su, su, ricominciamo a ballare. Il salone principale del teatro non resta comunque mai vuoto. C’è chi alza la voce e si sganascia. Basta scorgerli dietro la colonna: sono i banchieri, i finanzieri, i manager. Patuelli, John Elkann, Messiah di Ubi, De Puyfontaine di Vivendi (ma niente risse con Confalonieri), Vegas, il capo della Consob che dovrebbe controllare molti di loro.

Per il secondo anno Valeria Marini rinuncia alla sfida e cede elegantemente la scena all’albero di Natale suo rivale, non presentandosi nemmeno. La presenza – insistente come i call-center – di Sabina Negri, ex di Roberto Calderoli, accompagnata da Francesco Alberoni, è neutralizzata dalla grazia di Margherita Buy, che è agitata lo è sempre, figurarsi tra Renato Balestra e la chirurga estetica Dvora Ancona. Matilde Gioli risponde grazie ai fotografi che le chiedono una posa e prima di salire sul tappeto rosso dà la precedenza a una telefonata con qualcuno: “Dove sei che non ti vedo?”. Carlo Cracco ha capito da varie serate di Sant’Ambrogio che il suddetto tappeto è una rottura di coglioni e, derapando di lato, pilota la moglie Rosa verso un ingresso secondario. Così il picco della sregolatezza, capirai, restano due: il soprano Silvia Colombini che proclama “Rinasci dalla dignità” dipingendosi lo slogan dal seno fino a metà braccio; e un’altra spettatrice che ha scelto proprio questa sera per coprirsi con un tabarro su cui è stampigliata una locandina della Tosca di Puccini, saltando a pié pari il fatto che in scena non c’è né la Tosca né un’opera di Puccini. Il premio Cosacentra di quest’anno, infine, va a Sergey Bubka, peraltro tra i più richiesti per gli autoscatti, che succede a Efe Bal e l’ex Re di Spagna Juan Carlos.

Molte donne in rosso, sottolinea chi se ne intende: dalla moglie del soprintendente Pereira a Natasha Stefanenko, dalla Biagiotti alla moglie di Passera. Inutile far partire un’inchiesta, però. C’è un motivo?, chiedono alla Buy: “No, mi sembrava carino” risponde lei. C’è rosso qui, c’è Bella ciao che risuona in piazza alla contro-Prima dei centri sociali, ma le uniche rivoluzioni in giro restano sul palco – tra un limone e l’altro tra Chénier e Maddalena – e su un palchetto dal quale si sente tirare un “Pirla!” a un inquilino sottostante: mistero sul destinatario e sul movente.

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