di Federico Iarlori

Nell’istante in cui mi accingo a scrivere questo post, sulla mia scrivania, proprio accanto al pc, c’è un pacchetto di Gauloises rosse, acquistato a Berlino. Il pacchetto, come ovvio, è rosso e sotto il nome della marca campeggia il mitico slogan “Liberté toujours”, libertà sempre. Se lo avessi comprato qui a Parigi, sarebbe stata tutta un’altra storia. Da più di un anno, infatti, i pacchetti di sigarette in Francia sono delle orribili scatolette nere, tutte uguali, con la marca costretta in uno spazio ristrettissimo, nessun simbolo e solo le orrende immagini di corpi devastati e mutilati che noi fumatori conosciamo fin troppo bene a decorare il pacchetto fronte-retro. Liberté adieu.

È novembre, mese della lotta contro il fumo, e in Parlamento si discute sulle prossime mosse da attuare in tal senso. C’è un nuovo ministro, anzi, una nuova “ministra” – Agnès Buzyn ha preso il posto di Marisol Touraine (quella dei pacchetti neri) -, ma la determinazione è la stessa: per lottare contro questa piaga della società e i suoi quasi 80mila morti all’anno (in Francia), anche i senatori hanno adottato il suo disegno di legge, che porterà il prezzo delle sigarette a 10 euro da oggi al 2020, con buona pace dei poveracci, che non potranno più permettersi neanche di farsi una paglia alla fine del turno di lavoro.

Ma non finisce qui. Durante la seduta, una senatrice del Partito socialista ha sollevato un altro problema: quello culturale. Secondo lei, infatti, colpire il portafoglio non sarebbe sufficiente. Bisognerebbe agire anche sulle “incitazioni culturali a fumare”. Per esempio? Il cinema. La senatrice ha argomentato sostenendo che, secondo “Lega contro il cancro”, in più del 70% dei nuovi film francesi c’è almeno una volta una persona che fuma. Il ministro ha dichiarato di essere d’accordo con la senatrice e ha annunciato che saranno prese delle misure in tal senso. È ora di finirla, insomma. Nel frattempo, però, i nostri figli continueranno a respirare le polveri sottili in giro per le strade di Parigi (proprio ieri c’è stato un nuovo picco di inquinamento) e ad avere la tosse 10 mesi all’anno. Chissà, magari è colpa dei fumatori.

Ma la Francia non è nuova a casi in cui delle proposte ridicole come quella della senatrice vengono prese sul serio. Era già capitato con il manifesto del biopic su Coco Chanel, rifiutato dalla RATP (la società di trasporti urbani di Parigi, ndr) a causa della sigaretta tra le dita dell’attrice protagonista Audrey Tautou, oppure nel caso del manifesto di una retrospettiva cinematografica su Jacques Tati, che la Cinématèque fu obbligata a censurare, inserendo una girandola al posto della celebre pipa del regista e attore. Insomma, fatevene una ragione: d’ora in poi, Alain Delon fumerà un bastoncino di liquirizia a bordo piscina nel film di Deray, Jean-Paul Belmondo suonerà il flauto in À bout de souffle, l’ispettore Maigret lo vedremo inquadrato solo di spalle e delle conferenze di Jean-Paul Sartre ci lasceranno ascoltare solo l’audio. Quanto ai film del futuro, semplice: una sana e salutare censura preventiva. Non vi sembra già di respirare meglio?

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