Una donna nel commando di morte che preparò la strage di Capaci. L’ultima verità sull’Attentatuni che uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta, arriva a venticinque anni dal 23 maggio 1992. Su alcuni reperti recuperati dalla polizia scientifica nei pressi del luogo dove avvenne la strage sono state trovate tracce genetiche riconducibili a una persona di sesso femminile. L’indiscrezione circolava da tempo tra gli uffici inquirenti e già nei mesi scorsi Il Fatto Quotidiano aveva ricostruito l’ipotetica presenza di una donna sullo sfondo delle stragi del ’92 e del ’93. L’edizione odienra di Repubblica racconta che tracce genetiche femminili sono state trovate nei reperti “4A” e “4B”:  si tratta due guanti in lattice che vennero trovati a 63 metri dal cratere provocato dall’esplosione assieme a una torcia e a un tubetto di mastice. All’epoca della strage era impossibile rilevare le impronte digitali dai guanti di lattice: oggi, però – come raccontava ilfattoquotidiano.it già nel 2013 –  la tecnologia permette di ricostruirle anche da una particella di impronta papillare.

I magistrati della procura di Caltanissetta, che conducono le indagini sulla strage, li hanno affidati a uno dei maggiori esperti del settore, il professor Nicola Resta, docente di genetica medica dell’università di Bari, che è giunto a queste conclusioni. Dai guanti in lattice il perito ha estrapolato i codici genetici “di almeno altri tre individui dove però la componente femminile attribuibile a un o più soggetti di sesso femminile risulta essere maggiormente rappresentata”. La consulenza è adesso agli atti del processo bis per la strage di Capaci, quello nato dalla dichiarazioni di Gaspare Spatuzza. Il procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone, che conduce le indagini con gli aggiunti Lia Sava, Gabriele Paci e con il pm Stefano Luciani, ha disposto ulteriori accertamenti. “Abbiamo in programma un fitto calendario di cose da fare”, ha dichiarato al quotidiano.

Gli accertamenti scientifici hanno già escluso che quei due profili genetici appartengano a Giovanni Aiello, cioè Faccia da mostro, l’ ex poliziotto sospettato di essere un killer al servizio di Cosa nostra, morto ad agosto. Escluso che le tracce di dna appartengano anche a una sua amica, tale Virginia: entrambi sono stati indagati nei mesi scorsi dalla procura di Catania per alcuni omicidi, ma il fascicolo è stato archiviato. Il collaboratore di giustizia calabrese,  Nino Lo Giudice, per la verità aveva fatto cenno a una donna che “agiva sempre” con Aiello. “Una tale Antonella – ha detto il pentito – tutti e due facevano parte a servizi deviati dello Stato e la donna era stata ad Alghero in una base militare dove la fecero addestrare per commettere attentati e omicidi”.

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