Il governo risarcirà i tre figli di Marianna Manduca, la donna uccisa a coltellate nell’ottobre 2007 dal marito, Saverio Nolfo, che aveva denunciato 12 volte. Il viceministro dell’Economia Enrico Morando ha risposto all’interpellanza urgente della deputata Maria Edera Spadoni (M5s) e ha dichiarato che nonostante il ricorso, che rimane, contro la sentenza di giugno scorso che ha condannato i pm della procura di Caltagirone per inerzia, l’esecutivo ha avviato le pratiche per versare i 259.200 euro dovuti agli orfani.

La sentenza del tribunale di Messina ha stabilito che ci fu “dolo e colpa grave” dei pm che, dopo i primi segnali di violenza da parte del marito, “non trovarono il modo di fermarlo, nonostante le molteplici denunce della donna”. In quell’occasione la corte, sulla base della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, condannò il governo a risarcire i 3 figli. L’esecutivo rispose annunciando di voler ricorrere contro la sentenza e fece molto discutere la decisione della presidenza del consiglio dei ministri di non procedere con il risarcimento.

Oggi, l’annuncio ufficiale del dietrofront. “A prescindere da ogni valutazione giuridica, sono state avviate le procedure per l’esecuzione della sentenza di primo grado in ragione della drammatica situazione dei tre orfani”, ha spiegato Morando in risposta a Spadoni (M5s). Nonostante questo, l’esecutivo intende procedere con il ricorso: “È necessario che la sentenza di primo grado venga sottoposta a un ulteriore vaglio giurisdizionale, per verificare se la terribile morte della giovane Marianna Manduca e la situazione personale familiare dei minori sia conseguenza o meno della negligenza dei magistrati della procura della Repubblica di Caltagirone, oltre che, ovviamente, della violenza omicida dell’assassino”.

Era l’ottobre di dieci anni fa quando Marianna, trentenne, fu uccisa a coltellate a Palagonia (Ct) dove viveva con i bambini e il marito violento che aveva problemi di droga. Poco dopo il delitto, il marito, Saverio Nolfo, fu arrestato. Sta scontando in carcere 20 anni, pena inflitta in abbreviato. I tre bambini furono adottati da un cugino della vittima, Carmelo Calì, che viveva a Senigallia, nelle Marche, con la moglie e tre figli. L’uomo non aveva mai conosciuto i tre figli della cugina uccisa. E proprio Calì fece ricorso per avere il risarcimento.

L’intervento della presidenza del Consiglio si è reso necessario, come ricordato dallo stesso Morando, anche a fronte del fatto che non esiste ancora in Italia una legge per la tutela degli orfani di femminicidio. O meglio: esiste un ddl che, dopo essere stato approvato all’unanimità dalla Camera a marzo 2017, è ora bloccato al Senato. Tra le altre cose, la legge prevede l’accesso gratuito al patrocinio a spese dello Stato, il sequestro conservativo dei beni dell’indagato e l’assegnazione ai figli della vittima a titolo provvisionale una somma pari almeno al 50 per cento del presumibile danno. Altre misure guardano invece al futuro dei ragazzi rimasti senza madre (e senza padre): a loro sono garantiti diritto allo studio e all’avviamento del lavoro, assistenza medico psicologica gratuita e un fondo da 2 milioni di euro a loro destinato. In aggiunta, gli orfani avrebbero il diritto di modificare il proprio cognome, se coincidente con quello del genitore condannato definitivamente per l’omicidio. In proposito Morando ha dichiarato: “Sottolineo il cruciale rilievo e l’importanza che assumerebbe, anche rispetto a vicende analoghe, l’approvazione definitiva della legge già approvata dalla Camera, in favore degli orfani dei crimini domestici. Norma che mira a dare in termini generali – e a prescindere dall’esito delle inchieste giudiziarie – una risposta concreta ai bisogni dei figli delle vittime. La commissione Bilancio del Senato ha fornito proprio ieri il proprio parere e l’inter della legge potrà riprendere. Il governo si è impegnato quindi a garantirne l’immediata approvazione”.

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