Con ostinazione, imperterriti, contro tutto e tutti continuano a sostenere una certa idea di giornalismo. Con le pezze al culo e senza soldi, si compie puntualmente il miracolo. E’ artigianato che puzza d’inchiostro. Notizie cercate, trovate e filigranate. E’ il rito della militanza del “mestieraccio”, che non si vende, non si offre, non si piega e non fa genuflessioni.

Sono un manipolo di vagabondi, disorganizzati e facinorosi. A capitanarli è Riccardo Orioles, giornalista di lungo corso, brontolone al punto giusto, sempre in bolletta, che insieme al reporter Giovanni Caruso (suo compare di sventura) incuranti del tempo che passa, continuano a essere “i carusi” della gloriosa rivista de I Siciliani fondata negli anni Ottanta dal direttorissimo Pippo Fava, ucciso dai killer della mafia il 5 gennaio del 1985.

Un giorno all’improvviso hanno avuto la pazza idea di riunire la famiglia e resuscitare l’idea de I Siciliani, questa volta “giovani”, sviluppando una rete di piccole realtà editoriali sparse per le strade del paese. Il Gapa, il centro d’iniziativa sociale, sorto a Catania attorno al giornale iCordai ne ospita la redazione. Questo giornale militante, senza padrini né padroni, anarchico e sganciato dalle logiche dei poteri continua a far paura. I Siciliani giovani, adesso come prima, semina terrore nei pensieri dei vecchi e nuovi ‘signorotti‘.

Non è casuale se in coincidenza con il 25esimo anniversario dalla strage di via D’Amelio presso la sede del giornale, sotto la porta del Gapa, è stata rinvenuta una busta contenente l’ultima copia de I Siciliani giovani e una lettera di minacce di morte rivolta a Giovanni Caruso. Nella lettera, il fotoreporter che lavorava con Pippo Fava è ritratto in una foto di una recente manifestazione antimafia, senza la testa.

Qualcuno comincia a storcere la bocca, a non tollerare più questa anomalia editoriale. I Siciliani adesso giovani, dopo oltre 30 anni continuano a fare danni e a rompere la minchia.

Conservano la carica rivoluzionaria delle idee, delle intuizioni, dello svelare verità nascoste con l’effetto e l’aspirazione di incendiare le coscienze. Insomma, in un paese perennemente addormentato, ipnotizzato dall’uso dei talismani digitali, a suo agio e presente nella realtà virtuale e affetto dal morbo della smemoratezza e della distrazione facile, quel gruppo di pirati che naviga su di un battello di carta scasciato continua a inchiodare ciò che si muove dietro le notizie.

Sono fissati, ossessionati: combattere e contrastare le mafie nelle loro multiforme e camaleontiche declinazioni. I Siciliani giovani, sono un avamposto. Non sfugge un particolare curioso qualche giorno prima delle minacce. A metà luglio nel presentare il nuovo numero del giornale a piazza Federico II a Catania, tra l’altro distribuito in tutta Italia su Tir confiscati alla mafia, Giovanni Caruso aveva annunciato la prossima apertura al pubblico di un bene confiscato e assegnato ai I Siciliani, che prenderà il nome de Il Giardino di Scidà.


Un messaggio chiaro di esistenza in vita” di una storia in discontinuità che molti speravano vedere seppellita. Invece, così non è e non può essere. E all’intimidazione hanno risposto le tante realtà editoriali presenti nelle città italiane e che costituiscono la colonna portante del giornale fondato da Pippo Fava.

Un tam tam di iniziative a sostegno che equivale a un vero e proprio serrare le fila. E Giovanni Caruso in un messaggio ha scritto: “Cari compagne e compagni vi ringraziamo per la vicinanza e la solidarietà. Noi siamo forti e uniti, e ciò che è accaduto, ci rende ancora sicuri che il percorso che stiamo facendo contro le mafie, non solo è giusto, ma necessario. Abbiamo toccato il punto debole dei clan catanesi, le loro proprietà, acquisite con la violenza e l’illegalità. E ciò per loro è intollerabile al punto che mostrano la vigliaccheria più vigliacca. Grazie ancora e qui, come da voi, si resiste!”

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