La piazza romena? Aveva ragione ad infiammarsi. La crisi di governo a Bucarest, con i socialdemocratici che tolgono l’appoggio al primo ministro Sorin Grindeanu in carica da soli sei mesi, è anche figlia delle oceaniche manifestazioni contro la corruzione nel paese. Lo scorso febbraio centinaia di migliaia di cittadini erano scesi in piazza, per settimane, contro il progetto di amnistia del governo, ovvero un decreto, poi ritirato, che depenalizzava l’abuso di ufficio e altri reati di corruzione, di cui avrebbe potuto beneficiare anche il leader del Psd Liviu Dragnea. Oggi il pulsante della crisi politica è stato azionato proprio dal potente Dragnea, con tutti i ministri dimissionari.

Il premier non vuole farsi da parte, a meno che il presidente Klaus Iohannis non nomini uno nuovo primo ministro. Grindeanu aveva tentato (su stimolo proprio di Dragnea) di far passare un decreto che depenalizzava alcuni casi di corruzione il cosiddetto decreto salva-corrotti, ma poi l’esecutivo era stato costretto a fare marcia indietro per le forti proteste di piazza di cittadini e associazioni. Dragnea è stato già sottoposto in passato a un processo per frode elettorale e uno per corruzione. Si tratta di un personaggio molto chiacchierato nel Paese: è stato, anche se per soli 12 giorni, ministro degli interni del governo Boc I nel 2009, quello stesso esecutivo che oggi è finito nel mirino dei magistrati. Lo stesso Emil Boc, sindaco della città romena di Cluj Napoca, si è presentato oggi davanti alla commissione parlamentare speciale che indaga su quelle elezioni.

Tra l’altro nel 2015 Dragnea fu costretto alle dimissioni proprio a causa di un altro inciampo giudiziario: una condanna penale per frode elettorale risalente al referendum presidenziale romeno del 2012. Ma la sua battaglia con la giustizia non finisce lì: nell’aprile del 2016 nonostante l’Alta corte di cassazione e giustizia avesse confermato la condanna per frode elettorale anche in appello, con richieste di dimissioni giunte dal presidente della repubblica Iohannis e l‘impossibilità a candidarsi alle elezioni parlamentari del dicembre 2016, Dragnea presentò ugualmente la propria candidatura alla camera e venne addirittura eletto nuovo presidente con 216 voti a favore (e 101 contrari). Poi propose come premier Grindeanu a cui oggi ha tolto l’appoggio. Dragnea può contare su solide amicizie fuori dai confini nazionali: oltre a essere cittadino onorario della Contea di Leon (Florida) dal 2001, ha ricevuto il Compasso di Gerusalemme nel gennaio 2016, ovvero il più alto riconoscimento conferito dal Congresso ebraico europeo per l’amicizia con lo stato di Israele.

Le proteste del febbraio scorso furono le più grandi nella storia romena dalla caduta del comunismo, con l’immediata conseguenze del passo indietro del ministro per gli Affari e il Commercio, Florine Jianu, per “motivi etici e disaccordi con il governo”. Ma oggi la slavina si abbatte su un intero sistema di potere che sta continuando a gestire svariati milioni di euro di fondi europei e di nuovi business. Un altro premier, il social democratico Victor Ponta, fu costretto alle dimissioni dalla piazza nel novembre 2015: migliaia di persone si riversarono nelle strade dopo l’incendio in un locale di Bucarest che aveva provocato 64 morti. E Ponta era già sotto processo per un episodio di corruzione.

La Romania oltre ad essere un interessante partner italiano per volume di affari, mostra oggi uno dei più alti tassi di crescita economica in Ue. La produzione industriale infatti è aumentata nei primi quattro mesi del 2017, rispetto al medesimo periodo del 2016, del 5,4%, anche il fatturato del commercio all’ingrosso e al dettaglio è aumentato (9,5% nei primi quattro mesi del 2017). E pochi giorni fa il gruppo Prysmiam, leader nel settore dei cavi ottici per lo sviluppo delle nuove reti di telecomunicazioni ad alta velocità, ha inaugurato in Romania il più grande impianto europeo, con un investimento triennale da 250 milioni.

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