Il potere del garante Beppe Grillo di escludere dalla candidatura “soggetti che siano ritenuti non in grado di rappresentare i valori” del Movimento 5 Stelle è previsto solo dal form di accettazione da parte del candidato. Ma “non compare nelle regole statutarie del raggruppamento politico, perché le funzioni affidate al Garante dal Codice Etico sono limitate ad interventi preventivo/sospensivi quando i portavoce o gli eletti incorrano in vicende giudiziarie“. E’ questo il cuore del ragionamento in base al quale il giudice Roberto Braccialini della prima sezione del Tribunale civile di Genova, ha accolto l’istanza di sospensiva di Marika Cassimatis contro la decisione del comico genovese di annullare la sua vittoria alle comunarie e di candidare alle prossime elezioni amministrative del capoluogo ligure la lista di Luca Pirondini, sconfitto al ballottaggio.

E’ vero, si legge nell’ordinanza, che “per impulso del capo politico del Movimento, con apprezzamento discrezionale che sfugge al sindacato giudiziario“, l’M5S può decidere di “non candidare una determinata lista anche quando essa abbia avuto la maggioranza delle adesioni nell’ambito locale e perfino nella consultazione plenaria in rete”. Ma “la rivisitazione dei deliberati di primo e secondo livello è possibile sempre e solo attraverso gli organismi assembleari competenti e le procedure, che si sono già messe in luce, di cui agli artt. 2 e 3 del Regolamento” dell’M5S. Di conseguenza “ricorrono i presupposti per potersi disporre la sospensione degli indicati atti associativi”, cioè l’annullamento della votazione del 14 marzo tra gli iscritti locali e la successiva votazione del 17 (aperta a tutti gli iscritti nazionali) che ha incoronato Pirondini.

Braccialini annota che “la cifra democratica del Movimento 5 Stelle è costituita dal fatto che le sue regole statutarie si preoccupano di raggiungere un punto di equilibrio tra il momento assemblear/movimentista (incarnato dal secondo comma dell’art. 4 del Non Statuto e realizzato con originali forme telematiche) e l’istanza dirigista che viene riconosciuta ed associata a figura di particolare carisma e peso politico per il Movimento, come Beppe Grillo, il quale in seno a tale organizzazione politica cumula in modo non seriamente contestabile la qualità di “capo politico”, come da Regolamento; e di “Garante del Movimento”, come da Codice Etico”.

Al Grillo “capo politico” è riconosciuto, prosegue il ragionamento, “un ruolo di indirizzo e impulso particolarmente penetrante che però, proprio nella specifica materia della selezione delle candidature, non si identifica nel “diritto di ultima parola”. Infatti il ruolo decisionale finale è rivestito dalle deliberazioni/votazioni assunte dalle assemblee telematiche che il capo politico può convocare a sua discrezione nel rispetto delle forme e dei tempi statutari, le quali alla fine producono deliberazioni “vincolanti per il capo politico del Movimento 5 Stelle e gli eletti” sullo specifico oggetto delle candidature da sottoporre all’elettorato”. Di conseguenza, “una volta imbastito il percorso selettivo delle candidature e richieste (…) le necessarie decisioni delle assemblee competenti per le diverse tipologie di competizioni elettorali, le deliberazioni degli organi assembleari così intervenute non possono più essere messe nel nulla da un provvedimento del capo politico, e tanto meno del Garante, ma ogni determinazione di annullamento, autoannullamento, esclusione di una lista già vincitrice della competizione locale può essere assunta solo nella competente sede assembleare”.

Scendendo nello specifico del caso genovese, “la decisione assunta dal capo politico di M5S presta il fianco a fondati dubbi di legittimità statutaria perché si risolve nell’annullamento della consultazione locale genovese che aveva riconosciuto il primato (con un leggero vantaggio) alla lista Cassimatis, di contro all’obbligo del capo politico di conformarsi ai deliberati degli organismi assembleari”

Peraltro “la comunicazione di indizione dell’assemblea plenaria di secondo livello che chiedeva a tutti gli iscritti certificati di esprimersi immediatamente in rete, nella stessa giornata del 17 marzo, sull’alternativa tra presentare la lista Pirondini o non presentare alcuna lista” ha “eluso il termine minimo statutario di 24 ore dell’art. 3 co. 3, che è previsto per consentire agli iscritti di prendere contezza della necessità di esprimersi sull’argomento in decisione e anche per partecipare al forum di dibattito”. E la necessità di questo adempimento formale “è stata confermata indirettamente dalla recente decisione del Grillo di annullare la deliberazione locale del 14 marzo”.

Il giudice conclude auspicando “che le apprezzabili regole statutarie più volte richiamate, sottolineate ed apprezzate (gli artt. 2 e 3 del Regolamento) vengano assunte a stella polare dagli organi associativi del Movimento 5 Stelle, quale riferimento obbligato ed accorto per la soluzione del nodo decisionale e politico posto dal deliberato genovese”.

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