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Fertility Day, quando il Ministero della Salute fa sentire sfigato chi non vuole o non può diventare genitore

L'approccio scelto da chi, con l'avallo e l'approvazione del ministro, ha ideato la campagna è praticamente il seguente: donne, sbrigatevi perché l'orologio biologico corre e bisogna donare qualche marmocchio alla Patria prima che sia troppo tardi. Chi ha scomodato nientemeno che Benito Mussolini e la sua battaglia per la crescita demografica durante il Fascismo, forse non ha sbagliato più di tanto

La polemica di Domenico Naso

Mettiamo subito una cosa in chiaro, per evitare stupide e pretestuose polemiche e soprattutto che, come spesso accade, si cominci a guardare il dito e non la luna: maternità e paternità sono esperienze intense e importanti e nessuno può permettersi di ridicolizzarle o peggio ancora disincentivarle. Detto ciò, è vero anche che nessuno può permettersi di far sentire sfigato chi non vuole o non può diventare genitore, chi compie una scelta ugualmente rispettabile, chi sa di non essere in grado di crescere un bambino o semplicemente ha altre priorità e ha deciso di investire la propria esistenza su altro. Se poi a far sentire sfigati quelli che non sono genitori è il ministero della Salute, c’è evidentemente qualcosa che non va e non si può tacere il dissenso, addirittura il disgusto, che provocano alcune iniziative di Beatrice Lorenzin.

La ministra alfaniana ha lanciato il Fertility Day per il 22 settembre prossimo. Ne ha facoltà, è incredibilmente ministro della Salute e se la maggioranza che appoggia il governo è d’accordo con lei, può istituire tutte le giornate che vuole. Anche perché la fertilità e la genitorialità responsabile, se affrontate con serietà e approccio scientifico, sono argomenti importantissimi su cui ci si sofferma troppo poco. Peccato, però, che la Lorenzin abbia deciso di trasformare una iniziativa ministeriale di un governo di centrosinistra in una roba che somiglia alle pagliacciate adinolfiane o di Militia Christi, a iniziative di parrocchia o di tristissimi gruppi di preghiera.

L’approccio scelto da chi, con l’avallo e l’approvazione del ministro, ha ideato la campagna è praticamente il seguente: donne, sbrigatevi perché l’orologio biologico corre e bisogna donare qualche marmocchio alla Patria prima che sia troppo tardi. Chi ha scomodato nientemeno che Benito Mussolini e la sua battaglia per la crescita demografica durante il Fascismo, forse non ha sbagliato più di tanto. Nessuno dà della fascista alla Lorenzin, beninteso, ma l’assunto alla base dell’iniziativa è uguale: “Il numero è potenza”, urlava il Duce.

Peggio ancora, poi, ci si concentra quasi esclusivamente sulle donne, invitandole a procreare come conigli, incuranti dei mille problemi e ostacoli che ci si presentano davanti quando si decide di diventare genitori. Gli uomini sono coinvolti solo in alcune delle orrende cartoline promozionali dell’evento, e quasi sempre in quelle che mettono in guardia da defaillance sessuali. La più ridicola mostra una buccia di banana (che allusione elegante, che originalità!) gettata su un marciapiede e la scritta “La fertilità maschile è molto più vulnerabile di quanto non sembri”. Capito, maschietti? La Lorenzin, o chi per lei, ha deciso di mischiare fertilità e impotenza per farvi paura. Come se infertilità voglia dire sempre e comunque incapacità di fare l’amore.

Un altro slogan che trasforma i creazionisti in illuminati scienziati, poi, recita quanto segue: “Datti una mossa! Non aspettare la cicogna”. E i cavoli? E le api e i fiori? Davvero ha senso rivolgersi ad adulti in questi termini sperando che leggendo queste idiozie si sentano invogliati a riprodursi come conigli?  Ricapitoliamo, dunque: il fertility day lorenziniano tratta le donne come strumenti di riproduzione, le invita a sbrigarsi, a fregarsene del resto e combattere la denatalità costi quel che costi. Perché la Patria viene prima della realizzazione personale, delle inclinazioni di ognuno di noi, della libera scelta! Siamo tornati indietro di quarant’anni, con questa incredibile trovata retrograda di un governo che dovrebbe essere di centrosinistra. Dove sono le donne di sinistra? Dove sono le signorine che più di quarant’anni fa sfilavano per le strade di tutta Italia con le ascelle pelose e urlando sacrosanti slogan per salvaguardare i propri diritti di donne?

Perché qui l’indignazione da social network non basta più, soprattutto se il partito quasi egemone della maggioranza di governo si chiama Partito Democratico e dovrebbe essere l’erede del Partito comunista italiano. Qualcuno fermi Beatrice Lorenzin, uno dei peggiori ministri della Salute mai visti, perché qui non si tratta di essere favorevoli o contrari a far nascere i bambini (chi potrebbe mai essere contrario?), ma di affrontare il tema in termini scientifici, laici e soprattutto rispettosi delle libertà di ogni singolo cittadino. Sui diritti delle donne e sulla “proprietà” del proprio corpo non si può e non si deve tornare indietro.

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