Nell’Europa sfigurata dal terrorismo e dalle stragi, dalla Brexit e dalla crisi finanziaria, dai lupi solitari e dagli psicopatici, mi assale in questo periodo estivo il desiderio di ritornare a Šutka. E’ la stessa sensazione che si ha quando, davanti ad un’anziana il cui volto scavato da rughe profonde nasconde una bellezza passata, si desidera scendere nella profondità dei suoi ricordi, dove si celano meraviglie ancora inesplorate. E Šutka è proprio questo: il cuore giovane di un’Europa dal volto vecchio dove, in questo periodo di vacanze, dovremmo trovare il tempo di trascorrere qualche giorno.

Šuto Orizari, conosciuta da tutti come Šutka, è una delle dieci municipalità che compongono la città di Skopje e rappresenta l’unica realtà istituzionale al mondo dove i rom, essendo in stragrande maggioranza, si autogovernano. E’ un quartiere nato nel 1963, dopo il terremoto che rase al suolo la capitale macedone. I rom che da secoli vivevano a Topana furono spostati tra le colline della periferia di Skopje e nel 1996 il governo macedone riconobbe la municipalità a maggioranza rom. Negli anni la città si è ampliata con l’arrivo di rom in fuga dalla Serbia e dal Kossovo ma anche da quelli sgomberati dalla ricca Europa. Ufficialmente gli abitanti sono 30.000 ma nel periodo estivo si raggiungono le 80.000 unità con il ritorno in vacanza delle famiglie emigrate negli altri Paesi dei Balcani e nell’Europa Occidentale. Quasi l’80% dei residenti sono rom a fronte dei restanti albanesi e macedoni. L’età media è tra le più basse dell’intera area balcanica.

A Šutka vive Amet, il mio carissimo amico rom. E’ un gigante di 40 anni dagli occhi dolci, ma soprattutto è di un realismo e di una lucidità impressionante. “Nei Balcani la Macedonia è lo Stato con il più alto tasso di disoccupazione e Šutka non è immune da questo flagello. Qui da noi le persone vivono in case dove hanno elettricità, acqua e fognature. Ma il problema più grande resta il basso livello di istruzione e l’elevata disoccupazione. Eppure la gente vuole lavorare e i giovani nutrono grandi sogni“. Quando si hanno i piedi in un posto dove non c’è lavoro il tuo sogno viaggia lontano; lo scopri quando nelle strade di Šutka incontri frotte di giovani che parlano e cantano in inglese e francese senza mai essere usciti dalla loro città.

Šutka è tagliata in due dalla più grande strada che attraversa la città e che ogni mattina si trasforma nel Gran Bazar, il più grande mercato all’aperto del Paese dove l’odore di spezie orientali si mescola allo sfrigolio dei ćevapčići. Molti rom sono impiegati nel mercato, ma il denaro a Šutka arriva dalle rimesse degli immigrati che in estate, stagione delle feste e dei matrimoni, tornano per riabbracciare i cari, portare regali, ristrutturare o ampliare le abitazioni. L’ultima volta che ero tornato a Šutka avevo avuto modo di visitare un centro sportivo, l’asilo nido e le due scuole elementari dove si insegna secondo le regole del bilinguismo anche se fuori dalle scuole, si parla il romanès. Prima di partire avevo visitato il cantiere di un moderna scuola secondaria che è stata inaugurata nel settembre 2015 e che sicuramente servirà a innalzare il livello di istruzione dei giovani.

Non ne è così sicuro Amet. “E’ un bene o un male la costruzione di questa scuola a Šutka? Prima, quando i bambini rom di qui finivano la scuola primaria erano obbligati a iscriversi in un’altra scuola presente in una cittadina vicina ed avevano modo di socializzare e di fare amicizia con albanesi e macedoni. Adesso invece restano a Šutka e questo mi fa nascere la domanda: Šutka è alla fine un solo grande ghetto? Forse anche questa scuola è stata costruita perché i nostri ragazzi restino chiusi qui fino a 16 anni? Che giudizio dare alla costruzione di una scuola che toglie ad un giovane le opportunità di crescere con chi è diverso da lui?”.

Mi ritornano in mente le parole che lui mi disse la prima volta che ci incontrammo davanti a un thè nel patio della sua casa: “Amico, Šutka è il migliore scenario che potrebbe prospettarsi per un rom. Ma potrebbe anche essere il peggiore”.

Forse ha ragione lui. In Europa è l’angoscia il sentimento prevalente e quando si è paralizzati dalla paura si reagisce imprigionando la speranza. Šutka è il cuore pulsante dell’Europa ma anche uno dei sui tanti ghetti, circondato da quelle mura invisibili che inesorabilmente il Vecchio Continente sta innalzando da est ad ovest, lungo le sue frontiere e al suo interno.

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