In Venezuela si aggrava il conflitto istituzionale tra Nicolas Maduro e il Parlamento in mano all’opposizione con 99 seggi su 167. Il Presidente della Repubblica Bolivariana è intenzionato a chiudere l’Assemblea nazionale a 60 giorni dall’inizio del mandato dei deputati eletti lo scorso dicembre, dopo le politiche ritenute la “peggiore sconfitta del chavismo“. La decisione di sciogliere l’organismo unicamerale venezuelano avrebbe lo scopo di “bloccare la strada al golpismo e alla manipolazione dell’Assemblea Nazionale” e arriva a pochi giorni dalla legge sull’amnistia di prigionieri politici approvata con il voto dell’opposizione il 3 aprile scorso. L’erede di Hugo Chavez alla guida del Partito socialista unito del Venezuela ha già posto il veto sulla legge e ha annunciato che la invierà al Tribunale Supremo di Giustizia (Tsj) con l’intento di dichiararla incostituzionale, fiducioso nell’alta Corte, che ha bocciato tutte le leggi varate dopo la dura sconfitta del chavismo nelle elezioni dello scorso dicembre.

Il presidente, in merito alla chiusura del Parlamento, ha fatto riferimento a una proposta lanciata dal costituzionalista (anche lui chavista) Hermann Escarra, secondo il quale il capo dello stato può presentare un emendamento costituzionale in questo senso, che deve poi essere confermato via referendum. Il giudice ha precisato che questo emendamento “contiene un solo articolo ed è già stato preparato”. In quanto alla possibilità che il Parlamento tenti di convocare un referendum per porre fine al suo mandato, Maduro ha precisato che “se un giorno la borghesia corrotta arriverà al potere grazie alla sua guerra non convenzionale, il movimento rivoluzionario e il popolo intero scenderanno in piazza: sarà una insurrezione civico-militare e io sarà in prima fila per questa nuova rivoluzione”.

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