Il Salento si prepara alla grande accoglienza e la Prefettura di Lecce chiama a raccolta gli enti locali per “confezionare un piano di emergenza preventivo”. La preoccupazione di un cambio della rotta migratoria, al momento bloccata alle soglie della Macedonia, c’è, anche se gli arrivi, stando a fonti investigative, non saranno imminenti. Sarà la variabile delle frontiere a incanalare i flussi, che al momento rischiano di fare i conti con l’ennesima levata di scudi: anche l’Albania, infatti, si sta sigillando.

IL PREFETTO DI LECCE CONVOCA I COMUNI – Il prefetto di Lecce, Claudio Palomba, sceglie di agire per tempo: “Durante la prossima settimana – spiega – convocherò, almeno per questa prima fase, i Comuni più grandi e quelli prospicienti le zone costiere, oltre alle forze di polizia. Faremo una ricognizione delle strutture disponibili per un’eventuale emergenza, in modo da trovarci pronti se lo scenario dovesse cambiare. Poi, in quella sede, valuteremo come muoverci, perché abbiamo il periodo estivo alle porte e vogliamo che si incida il meno possibile sull’aspetto turistico. È un percorso da valutare in via prioritaria con gli enti locali e poi con tutto sistema pugliese”. Si punta a stilare un piano che ricalchi il modello di quelli di prevenzione propri della Protezione civile: “Innanzitutto – dice Palomba – stiamo avviando uno screening sui possibili arrivi, probabilmente tramite non grosse imbarcazioni, ma natanti di piccola taglia. Si tratta di attività di analisi e prevenzione. Poi, la primissima accoglienza comporterà l’attivazione di presidi sulle coste, già organizzati nelle zone portuali. Inoltre, martedì abbiamo firmato una convenzione con il Comune di Otranto per la ristrutturazione e l’ampliamento del centro di prima accoglienza don Tonino Bello e abbiamo chiesto al sindaco di accelerare al massimo le procedure”.

IN PUGLIA SI SERRANO I RANGHI – La guardia è alta, tanto da aver rafforzato i controlli nel Canale d’Otranto. Il reparto aeronavale della Guardia di Finanza di Bari ha scelto di dirottare sulla vigilanza costiera una parte delle risorse prima destinate alla tutela ambientale. Nelle ultime settimane, sono state aumentate di circa il 20 per cento le ore di pattugliamento, di notte e di giorno. Inoltre, c’è un maggiore coordinamento con l’agenzia Frontex, come confermato dal comandante del Roan di Bari Maurizio Muscarà: “Vengono inviati qui, per missioni a largo raggio, alcuni degli aerei che decollano dalle basi siciliane, forze complementari agli elicotteri e ai natanti delle Fiamme Gialle e della Guardia Costiera”. Sotto la lente c’è soprattutto il Capo di Leuca, lì dove è avvenuto l’ultimo tragico sbarco di somali, a gennaio, “anomalo”, secondo gli inquirenti. La rotta terrestre, più economica e sicura, ha prosciugato, infatti, quella marittima già dall’agosto scorso. Ciononostante, si scaldano i motori. Lo fa la Croce rossa italiana: “Non saremo presi in contropiede – dice la portavoce del comitato provinciale leccese, Mimma Antonaci – e in questi giorni stiamo formando quaranta volontari per aiutare i migranti a ristabilire i contatti con le famiglie o rintracciare persone scomparse”.

“L’ALBANIA NON SA COSA FARE” – E’ una calma apparente quella che c’è nel Salento, terra educata ad essere approdo, ma disabituata da anni ai grandi numeri, se si escludono i 768 siriani giunti a Gallipoli la notte di capodanno del 2014. Le notizie che rimbalzano dall’altra sponda sono controverse. Lo conferma a ilfattoquotidiano.it Darien Levani, vicedirettore di Albanianews, sito d’informazione in lingua italiana: “È una situazione a tratti schizofrenica quella che si sta vivendo in Albania. Proprio in queste ore, il primo ministro Edi Rama ha annunciato la chiusura delle frontiere e ha inviato 450 poliziotti al confine con la Grecia, per presidiare le cinque dogane. Nel frattempo, però, si stanno adattando vecchie strutture militari nella zona della prefettura di Korcia per poter accogliere fino a 10mila persone. Alcuni reporter locali hanno affermato, inoltre, di aver avvistato gruppi di migranti a piedi, qualche chilometro al di là del confine greco. È chiaro che, a questo punto, l’Albania non sa cosa fare: se fa entrare i profughi per far proseguire il loro viaggio via terra, non è detto che il Montenegro poi non li blocchi. A quel punto, lo sbocco sarebbe via mare, da Scutari o Valona. È vero che al momento non c’è un’offerta che possa rispondere alla domanda di traversate, ma potrebbe comunque crearsi”.

LA PROCURA: “NESSUN INDIZIO SUL CAMBIAMENTO DI ROTTA” – La Procura di Lecce tira il freno a mano ed esclude che possa esserci una Vlora bis, uno sbarco di massa. Al momento, non ci sono le condizioni. Lo rimarca il procuratore capo Cataldo Motta, colui che ha anche istituito il pool anti immigrazione interforze: “Non abbiamo ricevuto alcuna indicazione specifica dalle autorità albanesi o elleniche. Ad ogni modo, non credo possa giungere un numero massiccio di persone, perché non si ha disponibilità di imbarcazioni per attraversare il Canale d’Otranto. Anche per le piccole cifre, non è agevole. In Albania, proprio per spezzare i traffici, una legge ha impedito di detenere gommoni o scafi se non per fini professionali. Per le partenze dalla Grecia, invece, bisognerebbe, come fatto in passato, rubare velieri o natanti”.  La risposta potrebbe arrivare dalla mala pugliese, riattivando i Caronte lungo le rotte storiche del contrabbando di bionde e quelle mai arginate della marijuana, come ipotizzato anche dai Servizi? Risponde Motta: “Non c’è più la flottiglia dei 70 motoscafi veloci che trasportavano sigarette dal Montenegro e a Brindisi non esiste più la professione di scafista. La possibilità dei vecchi di riciclarsi è limitata. Certo, dovendo reclutare, nell’ambiente contrabbandiero c’è maggiore disponibilità, ma parliamo sempre di numeri ridotti”. Il passato recente dà qualche dritta: nell’ultimo anno e mezzo, cinque brindisini sono stati arrestati per aver traghettato fino al Salento gruppi di 15-30 migranti. E indagini sono in corso per capire se a raccordare il tutto ci sia una vera organizzazione criminale nel nord Brindisino.

L’ANALISI: “MANCANO LE PREMESSE PER SPOSTARE LE ROTTE” – L’analisi di Motta è condivisa da Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia presso l’Università di Milano Bicocca: “Non credo ci siano le premesse per far sfogare i flussi di migranti nella direzione adriatica. Stando alle mie fonti, non c’è interesse economico e non si è attrezzati per far partire le rotte verso l’Italia. L’Albania non è la Libia, dove ci sono gruppi collaudati di trafficanti. E poi, a far la differenza sono le circostanze: nessuno investe per metter su un’organizzazione che dura poco”. Il concetto è chiaro: finché resta la possibilità di risalire a piedi i Balcani, verrà privilegiata quella strada. “Se le frontiere resteranno chiuse – riflette Blangiardo – allora sì, nel lungo periodo potrebbe esserci un interesse ad aggirare l’ostacolo”.

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