David Cameron, il premier britannico, ha accettato subito: il Regno Unito pagherà ancora di più alla Francia per rafforzare barriere e controlli intorno al porto di Calais e all’imbocco dell’Eurotunnel, appena fuori la città, che impediscono ai migranti di saltare in un camion o su un treno, per passare illegalmente dall’altra parte della Manica. È uno dei risultati concreti ottenuti dal summit franco-britannico, che si è tenuto giovedì ad Amiens. Ma su un’altra questione, umanamente importante, quella dei minorenni che vagano da soli a Calais, mentre nel Regno Unito possono contare su un familiare, che stanno cercando invano di raggiungere, Cameron ha risposto picche, almeno per il momento: nessuna risposta alla richiesta esplicita di François Hollande di “accoglierli rapidamente”.

I profughi ammassati nella “giungla” di Calais, la più grande baraccopoli di migranti d’Europa, sarebbero tra i 4mila (i dati ufficiali) e i 7mila (secondo le Ong presenti sul posto). Solo 1500 sono ospitati in container, messi finalmente a disposizione dal novembre scorso. Proprio in questi giorni le forze dell’ordine francesi stanno smantellando la parte sud delle baracche (quella nord, invece, fatta ancora di ricoveri di fortuna, costruiti perlopiù con pali di legno e teli di plastica, resterà in piedi). Lo sgombero è iniziato lunedì, dopo svariate polemiche. E sta procedendo lentamente: giovedì sera era stato “ripulito” un solo ettaro sui 7,5 che conta la “giungla sud”. Giovedì un gruppo di iraniani ha ripetuto il gesto estremo, al quale avevano fatto ricorso già il giorno prima dei connazionali: cucirsi le labbra con ago e filo, per protestare, perché loro, come la maggior parte degli abitanti della giungla, rifiutano l’offerta delle autorità francesi di trasferirsi in uno dei centri di accoglienza disseminati nel Paese. Ma vogliono una cosa sola: cercare di emigrare in Inghilterra.

Uno dei problemi maggiori è rappresentato dai minorenni: secondo l’organizzazione France Terre d’asile sarebbero 326 a vivere ancora nella giungla, 57 dei quali con meno di 15 anni. Tutti terribilmente soli. Eppure ognuno ha un familiare che vive sul territorio britannico, con regolare permesso di soggiorno. E il Regno Unito, sulla base della sua stessa legislazione, che prevede il ricongiungimento familiare, dovrebbe accettarli. “Ma in realtà vengono fuori sempre dei problemi amministrativi – spiega Pierre Henry, direttore di France Terre d’asile -. Chiedono, ad esempio, un certificato di stato civile, impossibile da ottenere visti i paesi da cui provengono questi ragazzi”. Oggi ad Amiens François Hollande si è impuntato: “I migranti minorenni e isolati presenti a Calais – ha dichiarato alla fine dell’incontro con Cameron – devono raggiungere rapidamente il Regno Unito”. Ma il premier britannico non ha promesso nulla. Quello che ha concesso sono stati invece 22 milioni di euro, che Londra pagherà perché ci siano barriere più solide e invalicabili a Calais intorno al porto e all’imbocco dell’Eurotunnel. Ne aveva già sborsati 80 l’anno scorso. Una parte di questi fondi serve anche a pagare i trasferimenti dei profughi verso i centri di accoglienza (almeno, quelli che accettano) e il loro mantenimento, oltre ai rimpatri, se risultano necessari, nei Paesi d’origine.

Francia e Regno Unito firmarono gli accordi del Touquet nel 2003 che spostarono di fatto la frontiera (e i controlli annessi) dalla costa inglese a Calais. Ma i francesi sulla questione iniziano oggi a diventare dubbiosi e a spazientirsi. Giovedì, in un’intervista concessa al Financial Times, Emmanuel Macron, il ministro francese dell’Economia, ha detto che, se Londra procederà al Brexit, “allora i migranti non resteranno più a Calais”. Insomma, la frontiera ritornerà dall’altra parte della Manica. E i profughi si ammasseranno a Dover. Lo stesso Hollande ha ricordato giovedì, ancora sulla stessa linea, che, “se passa il Brexit, ci saranno delle conseguenze in materia di migrazioni”.

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