Ho cercato di tenermi il più lontano possibile dal dibattito italiano sulle unioni civili, ma è un’impresa impossibile. Non passa giorno in cui il Senato non ci delizi, attraverso mezzi di informazione potentemente incollati al dibattito, con la migliore letteratura politica di sempre sull’omosessualità, dalle mirabolanti citazioni del Levitico di Scilipoti alle note storture sull’espressione stepchild adoption di vari senatori ormai disabituati persino all’uso del congiuntivo, figurati dell’inglese, fino all’ossessivo richiamo alla gestazione per altri (chiamata volgarmente, e intenzionalmente, “utero in affitto”) da parte di Adinolfi, Miriano & Co., il tutto con tanto di insulti, improperi, vaffasu e vaffagiù persino dall’interno della stessa maggioranza.

Se non fosse per l’oggetto del dibattito, cioè i diritti costituzionali delle persone omosessuali e delle famiglie omogenitoriali, che dalla legge dovrebbero ottenere non molto, ma giusto il minimo sindacale per sentirsi un po’ meno trascurati dall’ordinamento giuridico e un po’ meno discriminati dallo Stato, verrebbe quasi da ridere, e richiamare il celebre conte Raffaello (detto Lello) Mascetti, che al vigile intervenuto nella nota scena de Amici miei, dice:

“No, mi permetta. No, io… scusi, siamo in quattro.”

E infatti anche in Senato sono in quattro.

Primo: il Partito democratico. Diviso nella sua essenza di partito di pseudo-sinistra con forti componenti clerical-malpancisti che alla sola idea che due uomini o due donne possano crescere insieme un bambino, come già accade, è appena il caso di ricordarlo, danno di stomaco (da qui l’espressione, credo) in pochi secondi. Come se la gigantesca manifestazione del 23 gennaio al grido di #svegliatitalia non li avesse neppure minimamente sollecitati a domandarsi da dove venissero tutte quelle migliaia di famiglie intervenute in cento piazze di tutto il Paese, e che cosa chiedessero di preciso (uguaglianza dei diritti). Niente, a questi malpancisti di professione la società civile non li tange. Dunque non gli interessa.

Secondo: il Nuovo Centro Destra. Neppure Ncd sembra toccato dalla manifestazione del 23 gennaio, anzi la sua aderenza al cosiddetto Family Day (un grandissimo flop, numeri alla mano) del 30 gennaio successivo, che di familiare ha solo il nome, visto che se toglievi gli omofobi, i neofascisti e gli insulti riversati a valanga sulle persone omosessuali, rimanevano solo delle bandierine spoglie, ne mette in costante evidenza l’estrema contraddizione. Da un lato abbiamo infatti il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il quale grida alla necessità di un referendum abrogativo, sempre che la legge sulle unioni civili passi, convinto com’è nel suo bel mondo fatato che sia possibile per un ministro della Repubblica ignorare il principio di uguaglianza e fare dire alla Costituzione ciò che non dice, e cioè che il matrimonio gay e pure l’equiparazione delle coppie gay a quelle coniugate sarebbero incostituzionali, e dall’altro la sempre raggiante ministra della Salute Beatrice Lorenzin, che rilascia interviste pressoché quotidiane sulla gestazione per altri (aridaje, utero in affitto!) parlando di “superprostituzione”.

Mascetti sarebbe molto fiero di entrambi: esistono forse supercazzole più super di queste?

Terzo: il MoVimento 5 Stelle. Fanno bene a chiamarsi Movimento, perché come si muovono loro, davvero nessun altro. Prima dicono che voteranno compatti, poi che ci sarà libertà di coscienza (ecco, anche loro hanno i loro malpancisti) e poi che non voteranno il “canguro”, salvando così i 500 emendamenti presentati dalla Lega, tra cui quelli che inseriscono nel ddl Cirinnà “l’unione renziana. Ovviamente loro ora dicono che è solo colpa del Pd, ma restano le loro più che palesi contraddizioni. Ad esempio, come fa Roberta Lombardi ad affermare che occorre una riflessione nel Paese, visto che se siamo a questo punto è perché di riflessioni ce ne sono state sin troppe? Brutta bestia la letargia.

Quarto: il governo Renzi. Devo dire che ho apprezzato molto la presa di posizione di Matteo Renzi sull’esortazione del Cardinale Angelo Bagnasco sull’esigenza di voto segreto in Parlamento, perché credo sia la prima volta nella storia della Repubblica che la Chiesa venga rimessa al suo posto da un presidente del Consiglio. Ma nella vicenda del ddl Cirinnà il governo Renzi rappresenta una sorta di quarto incomodo, se non altro perché tra annunci sottovoce e interviste radio una cosa fondamentale pare sfuggire: una condanna pendente della Corte europea dei diritti umani nei confronti proprio del nostro Paese, che chiama in causa tutti gli organi costituzionali, e dunque non solo il Parlamento ma anche (e soprattutto, vista la perenne inerzia del primo) il governo. Nessuno lo usa, ma non sarebbe questo un argomento sufficiente per rendere più spedito, da parte di tutti, il dibattito parlamentare? In questo caso è proprio la democrazia a richiederlo, checché ne dicano quelli del M5S.

Al di là dei rimpalli e delle accuse reciproche, un fatto è innegabile: il bestiario cui abbiamo assistito in questi giorni, che costituisce uno dei momenti più bassi della storia dei dibattiti parlamentari, non ha fatto altro che ritardare una legge che è urgente e indispensabile. Come direbbe ancora Mascetti,

“senza contare che la supercazzola prematurata ha perso i contatti col tarapìa tapiòco.”

È proprio questo il punto: capirci qualcosa è difficile, se non impossibile. Ed è solo ed esclusivamente colpa loro, che hanno perso i contatti con la società civile e con la realtà.

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