Jean-Claude Juncker tende la mano a Matteo Renzi. Il quale però, nel giorno in cui i 28 Paesi dell’Unione europea trovano l’accordo sul fondo da 3 miliardi destinato alla Turchia per regolare i flussi migratori provenienti dalla Siria, rilancia la richiesta che restino fuori dal deficit i costi per la crisi libica, cioè i soldi spesi per gestire l’emergenza migranti. “La Turchia ha circa 3 milioni di profughi ed è quindi chiaro che i 3 miliardi a favore della Turchia devono essere messi a disposizione – ha detto il presidente della Commissione Europea parlando alla plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo – tutti dobbiamo rispettare i nostri impegni. Anche il governo italiano, nel frattempo, s’è detto disponibile. È un fatto positivo che riconosco”. Intanto nel pomeriggio a Bruxelles gli ambasciatori degli Stati membri hanno firmato un’intesa sui 3 miliardi per Ankara: l’Italia incassa una riduzione del suo contributo da 281 a 224,9 milioni perché 1 miliardo sarà finanziato dal budget europeo e solo 2 saranno suddivisi tra i Ventotto secondo il loro reddito nazionale lordo. Tra gli altri, il contributo della Germania sarà di 427,5 milioni di euro (il maggiore), quello del Regno Unito di 327,6 milioni, quello della Francia di 309,2.

Roma però ne ha subito approfittato per chiedere che “la Commissione adotti un approccio coerente, senza tenere in conto l’ammontare totale dei costi sostenuti dall’Italia fin dall’inizio della crisi libica per il calcolo del deficit di uno Stato membro ai fini del patto di stabilità”. “L’Italia”, si legge nella dichiarazione per le minute del Coreper, il Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri, “accoglie con favore la dichiarazione della Commissione che riconosce che i contributi nazionali allo strumento per la Turchia non verranno presi in considerazione per il calcolo del deficit di uno Stato membro, ai fini del patto di stabilità e di crescita. Ciò è in linea con il fatto che la crisi dei rifugiati viene considerata ‘un evento inusuale fuori dal controllo degli Stati membri”. Pertanto, l’Italia si aspetta che i costi sostenuti fin dall’inizio della crisi libica non vengano presi in considerazione nel calcolo del disavanzo”.

Dietro le quinte le trattative continuano serrate per ottenere il via libera su una partita molto più ampia, quella per i 16 miliardi di deficit aggiuntivo previsti dalla legge di Stabilità italiana. L’ultima offerta di Bruxelles, scrive La Repubblica, prevede che nel 2016 Roma rinunci a una parte della flessibilità richiesta per poi beneficiare di un più cospicuo sconto nel 2017, anno fondamentale per il premier in vista delle politiche del 2018. Il ministro Pier Carlo Padoan durante un convegno a Roma con l’omologo britannico George Osborne è tornato a chiedere lumi a Bruxelles: “Ci auguriamo che la risposta (dell’Ue sulla flessibilità nel considerare i conti italiani ndr) sia sciolta presto, per evitare momenti di incertezza“, ha detto

. “Lo sforzo” sulle riforme portato avanti dall’Italia “ci dà diritto” alla flessibilità sui conti pubblici in Europa, ha ribadito ancora una volta il titolare del Mef.

Il richiamo alla Grecia: “Controlli i confini e rispetti gli obblighi” – La questione migranti resta al centro delle preoccupazioni di Bruxelles. “Sui profughi s’è detto tutto, ma molto resta ancora da fare: non abbiamo alcun motivo per cui essere orgogliosi. La crisi dei migranti s’è trasformata in una crisi di solidarietà all’interno dell’Europa” – ha ammesso Juncker esortando dall’Aula di Strasburgo tutti i Paesi a fare la propria parte – oggi ci vorrebbe un nuovo e forte impegno comune. Le accuse reciproche – aggiunge – non portano a nulla, esiste una responsabilità comune e tutti sono chiamati a rispettare le regole. Schengen si salva applicando Schengen, in tutte le sue regole”, ha sottolineato il presidente della Commissione. Che ha quindi dedicato un passaggio del proprio discorso alla situazione dei migranti nella Grecia alle prese con la crisi economica. “In Grecia abbiamo registrato lacune gravi sul controllo delle frontiere esterne a cui il governo greco deve porre rimedio. Nessuno – ha assicurato – ha la volontà di isolare il Paese, che è sottoposto a grande pressione, nessuno vuole stigmatizzare i greci che quotidianamente salvano vite in mare. Non ho mai pensato alla Grexit sui conti, figuriamoci una Grexit sui migranti. Quindi – spiega Juncker – nessun intento di isolare Atene ma la volontà di aiutare la Grecia a rispettare i propri obblighi. Per questo abbiamo deciso sforzi supplementari per la Grecia. Ma il loro effetto sarà limitato – conclude Juncker – se gli altri Paesi non faranno la loro parte. E’ responsabilità di tutti proteggere le frontiere esterne se si vuole evitare che tornino i controlli alle frontiere interne”.

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